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Torta verde della nonna-bis di Acqui

Ci sono dei momenti in cui vorresti tornare bambina, ritrovare tutte quelle persone che non ci sono più. Tutti quelli che hanno lasciato un ricordo nella tua vita, in testa le nonne o, nel mio caso, le bisnonne!

Non ricordo più se l’ho mai detto, ma io ho avuto la sfortuna di avere una nonna sola (quella materna) essendo la mamma di mio padre morta durante la guerra (la II Guerra Mondiale, per capirci), però ho avuto la fortuna di avere due bisnonne (sempre dal lato materno): una bergamasca e una piemontese . . . che io, fin da bambina, essendo la prima bis nipote, chiamavo “nonnabis”

 

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Ortica (se ne usano solo i ciuffetti) . . . raccoglietela con i guanti è meglio!

Ci sono dei momenti in cui vorresti gustare ancora certi sapori e certe cucine quasi dimenticate . . . per fortuna in casa mia le ricette di cucina son state tramandate. 

Ieri c’è stato una congiunzione di questi due “momenti” e così, mi sono preparata quella che, in famiglia, è chiamata “la torta verde della nonna bis di Acqui” . . . a memoria.
Solo stamattina mi sono informata, dalla cugina di mia madre che è l’ultima depositaria dei segreti di cucina della parte piemontese della famiglia

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Tarassaco, dente di leone, soffioni

Ora, se cercate una ricetta di “torta verde piemontese”, trovate un sacco di ricette doc. 
Quella che mangiavo io a casa della famiglia d’origine di mio nonno è diversa da quelle che ho visto sul web . . . ma a me, è quella che piace! È quella che cucino!

Dopo aver parlato con la cugina piemontese ho scoperto che ho aggiunto cose che non ci andavano e non ci ho messo cose che ci andavano . . . mi sa che presto la rifaccio per ritrovare un po’ dì infanzia nel piatto o tra le dita . . . avete presente il finger food, non è un’invenzione moderna, mi hanno detto che io mangiavo così già da piccolina (anche se io non ricordo, ma mi fido dei miei “vecchi”), anche gli spaghetti . . . nei vari soggiorni presso la casa dei parenti di mia madre.

Allora, mi segno qua le poche indicazioni che mi ha dato mia cugina (anche se è cugina di mia mamma è più vicina a me come età, la ricordo in ogni mio soggiorno piemontese come la compagna di giochi o di passeggiate! 

Ingredienti

Spinaci, biete, erbe di campo (informatevi da qualche parente su quelle mangerecce che crescono dalle vostre parti), lessi, strizzati e rosolati per asciugarli al massimo (quanto ne volete o ne avete) Consiglio di cucina “furba”: volendo potete usare spinaci surgelati!
Prosciutto cotto tritato grossolanamente (quanto ne avete)
Prezzemolo e cipolla tritati qb
Grana/Parmigiano grattati qb
Uova, dipende da quante verdure e da quanto prosciutto
Pan grattato qb
Burro qb
sale, pepe, noce moscata qb
Rosmarino a rametti, meglio i ciuffetti qb

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Quel che n’è rimasto, stamattina!

Per le dosi, mia cugina dice che devo regolarmi “a occhio”. . . né troppo molle, né troppo dura

Si puliscono bene le verdure (ed eventuali erbe spontanee), si lessano si strizzano, si tritano grossolanamente e si fanno rosolare in padella con burro, prezzemolo e cipolla (oppure le cuocete direttamente in padella, mentre le rosolate, con poca acqua e poi le tritate)
In una ciotola abbastanza grande, si mischiano le verdure con il prosciutto cotto, il grana/parmigiano, le uova, sale, pepe e noce moscata. Si aggiunge una manciata di pane grattato. Ricordate, deve venire un composto né troppo molle, né troppo “tosto”

Si prende una teglia, si imburra bene e si spolvera di pan grattato
Si versa il composto e lo si stende (di solito poco più di due dita) in modo omogeneo e spianandolo bene (specialmente sui bordi) 
Si spolvera la superficie di pangrattato e grana/parmigiano grattato, si distribuiscono dei pezzetti di burro qua è là. poi si prendono i rametti (ciuffetti) di rosmarino e si infilano nel composto, non deve restarne troppo fuori per non farlo bruciare altrimenti diventa amaro! 
Si mette la teglia in forno a 180° per un’oretta . . . controllate ogni tanto che non si stia seccando troppo. Se invece, dopo l’ora di cottura lo trovate un po’ “budinoso”, lasciatelo in forno per un altro po’ di tempo, magari a forno spento (ricordate che i consigli di mia cugina presuppongono che ci si deve regolare “a occhio”)

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Erba “crespigna”

È buona sia appena tolta dal forno (soffiate che scotta) sia tiepida, ma anche fredda il giorno dopo . . . Mi diceva mia cugina che si gustava sia come piatto per i pasti principali, sia come colazione o merenda (fredda, tagliata a quadrotti). Ricordo mia madre che la preparava per i pic nic estivi . . . si può usare come secondo, come piatto unico, come antipasto . . . vedete voi!
Io, ieri sera, non ho messo il pan grattato però ci ho aggiunto la ricotta e una sfoglia di pasta brisée (più che altro perché siamo in fase: svuotiamo il frigor di tutto quello che è in scadenza lo ricordavo che la pasta brisée o la sfoglia non ci andava . . .  ma questa, come diceva Kipling, è un’altra storia)

Se volete provare altre ricette tipiche della cucina piemontese vi posso indirizzare al blog della mia amica Norma, esperta di cucina e di tradizioni piemontesi . . . qua il suo indirizzo web
https://merendasinoira.wordpress.com/

 

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Finalmente Maggio . . . I carciofi

Finalmente, nella nostra carciofaia (una ventina di piante) sono arrivati i carciofi

Lo so che a maggio, ormai, nei negozi si trovano pochi carciofi . . . più che altro i piccoletti, quelli da mettere sott’olio. Ma per motivi di micro clima, di esposizione, di tipo di carciofo o di pigrizia colpevole, i carciofi , qui da noi nella carciofaia lungo il torrente, “arrivano” solo a maggio . . . ma sono buoni.  Sono quasi tutti del tipo cosiddetto “Romanesco”, comunemente conosciuto come “Mammola”

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I primi, quelli centrali, sono grossi come un bel pompelmo e svettano su un gambo lungo. Poi ci sono i due laterali, grandi come un arancia e dal gambo che cresce per sbieco (come la lancia e il bastone della spugna intrisa di acqua e aceto che a volte sono ai lati del crocefisso in certi quadri o in certi angoli delle strade, ricordi di tempi andati) e infine, altri 4, piccoli che nascono nelle ascelle delle foglie, con un gambo corto corto . . .

Sappiamo tutti che i carciofi in sé non sono verdura, ma boccioli. Boccioli di una pianta che è imparentata col cardo selvatico. Che se poi li lasciate lì (come faccio io di solito con i più piccini fra gli ultimi nati) sulla pianta e li lasciate crescere vi allieteranno con una fioritura blu/violetta che ogni anno mi affascina. Da piccoli boccioli, parlo di carciofini con i “cuori” non più grandi dell’imboccatura di una bottiglia di plastica di una qualsiasi bibita, nascerà un fiore grande quanto il palmo della mano, pieno di fili colorati . . . davvero “le meraviglie della natura”!

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Come consumare i carciofi? A parte crudi in pinzimonio (o crudi al naturale, come faccio io che ne sono ghiotta). 
Be’, in casa mia nel modo più semplice .  . . aglio prezzemolo e olio, i carciofi puliti e mondati, tutto in pentola (a pressione) con un po’ d’aqua per non fare che bruci il tutto . . . poco il tempo di cottura, perché colti e puliti sono teneri . . . 
Se avanzassero (se) metteteli in una padellina o in una teglietta col loro “brodo” e un filo d’olio, con sopra prosciutto cotto e formaggio filante (io trovo che la mozzarella o la scamorza siano i più indicati, ma se lo volete più “light” potete spolverare solo con grana o altri formaggi semiduri a secondo del vostro gusto) . . . qualche momento sul gas col coperchio o nel forno senza coperchio e, in pochi minuti, un gustoso secondo da mangiare “puciando” con una fetta di pane il fondo di cottura.
Se il nostro ortolano ha lavorato bene, potrebbe capitare che siano pronte le prime zucchine (le prime 2 o 3 per pianta vanno tolte quando sono grandi come un dito medio, la pianta produrrà altre zucchine, altrimenti pensa di aver fatto la sua parte e, dopo queste prime zucchine non ne farà altre, parola della Suocera) nel frattempo che sono arrivati i carciofi . . . prendete le zucchine, pulitele bene e graffiate un po’ la buccia, tagliatele a fettine sottili per la lunghezza. Fate lo stesso con i carciofi, usando solo il cuore e le foglie più interne.  Aggiungete scaglie di parmigiano, qualche fettina di cipolla o cetriolo o sedano o funghi o tutto questo insieme . . . secondo i sapori che vi piacciono di più. Olio, sale e una spruzzata di pepe a vostro gusto. Uno stuzzichevole aperitivo, antipasto o insalatina da unire a un formaggio saporito.

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Ma qual’è la storia dei carciofi in cucina??? Io ho sempre pensato che, nell’antichità qualcuno (in montagna) avesse scelto qualche cardo più grosso e avesse iniziato a coltivarli . . . in un estate in colonia, ragazzi e ragazze più grandi ci avevano insegnato a mangiare (crudo) il cuore dei cardi . . . poi, una rapida ricerca con Google mi ha istruita (“Nessuna giornata in cui si è imparato qualcosa è andata persa.” David Edding)

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Cardo mariano in fiore

Originario del Medioriente, il carciofo selvatico ha costituito fin dall’antichità un prodotto importante per gli Egizi e i Greci, ma pare che altrettanto antico sia il suo impiego nella cucina.
Già nel IV sec. a.C. era coltivato dagli Arabi che lo chiamavano “karshuf” (o kharshaf), da cui l’attuale termine. 
L’uso di una qualche varietà di carciofo selvatico nella cucina romana è ricordata da Columella, che chiamandolo col nome latino di Cynara, conferma come a quel tempo si usasse consumare quella pianta sia a scopo medicinale che alimentare.

Nel “De re coquinaria” di Apicio, si parla anche di cuori di cynara che, a quanto pare, i Romani apprezzavano lessati in acqua o vino.

La coltivazione del carciofo da noi conosciuto venne introdotta in Europa dagli Arabi sin dal ‘300 poi, nel ‘400, dopo vari innesti, dalle zone di Napoli si diffuse prima in Toscana, e successivamente in molte altre regioni.
Nella pittura rinascimentale italiana, il carciofo è rappresentato in diversi quadri:  di  “L’ortolana” di Vincenzo Campi, L’estate” e “Vertumnus” di Arcimboldo.

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La bellezza della neve (ghiacciata) sotto il sole . . .

E, malgrado il sole brilli nel turchino del cielo, macchie di neve ghiacciata resistono e sberluccicano! Ed è sempre un piacere vederla.

Ho controllato i danni . . .
la neve e il gelo notturno hanno spaccato parte del cemento del terrazzo sopra la casa (ricordarsi di chiamare il muratore)
Il gelo ha fatto fuori (praticamente “lesse”) due belle ed esuberanti (oltre 1 metro di lunghezza i rami più lunghi) piante fiorite di nasturzi!
Le succulente sono state messe (quasi tutte) al riparo, così come gli agrumi in vaso . . . il bilancio si farà nelle prossime settimane!
Nell’orto il gran freddo ha risparmiato i carciofi, sono ancora lì, belli arzilli, i finocchi, invece ne hanno risentito: di buono da mangiare resta solo il “cuore”, le “foglie” esterne sono molli.

Oggi, scuole chiuse per ordine del Sindaco. Piccololord si da alla pazza gioia. Dolce far niente! 

 

Qualche notizia di oggi e due chiacchiere su una pendola

Al controllo definitivo all’Allergologia della Città Gemella nella regione “forte e gentile”, la mia schiena appariva senza segni di reazione . . . per cui la diagnosi è stata: “allergia alla polvere” . . . tre mesi di cura anche per questo e poi, di nuovo una batteria di controlli.
Il viaggio è stato diverso da quello di ieri, tanto sole c’era ieri, tanta pioggia c’era oggi . . . si lo so che era previsto, ma io (in certi casi) spero sempre che quelli del meteo non ci prendano!
Oggi PiccoloLord è tornato da scuola e sbirciando nei suoi quaderni, ho scoperto che ieri hanno studiato le frazioni . . . il NonnoPapà non può ancora riprendersi da questa notizia.
Nel pomeriggio abbiamo avutola visita della Nuora e del PiccoloPrincipe, che comincia a farsi sentire, usando dei suoni decisi se vuole che qualcuno lo osservi. Ha anche un grande interesse per i nostri 3 pelosi e loro per lui (aspetto con ansia di vederlo “trottolare” in giro con i cani che gli fanno da scorta! Lo so perché facevano lo stesso col PiccoloLord)

Tra un viaggio e l’altro all’Ospedale, tra una spesa e l’altra, un nipote e l’altro, sono passata da un anziano artigiano, per ritirare un pendola, ricordo di famiglia. . . . . .

Quando due anni fa siamo stati nella città delle Orobie, lo ZioPadrino ha insistito perché mio padre prendesse la pendola del nonno V (in pratica, il mio bis nonno).
Con l’aiuto della “cuginetta”E l’abbiamo imballata bene bene e le abbiamo fatto fare un ennesimo lungo viaggio . . . fino alle colline che sovrastano la Città sulla Costa.

Questa pendola ha una lunga storia. Faceva bella mostra di sé nella casa del mio avo.
Quando lui e la moglie sono invecchiati e sono andati a vivere con i miei nonni (mio nonno era il suo figlio minore), come capita si son portati dietro quasi tutto quello che potevano: una serie di pentole di rame, quel che restava del corredo della bisnonna, un quadretto da mettere in capo al letto e il lettone, coi suoi materassi, di crine e di lana. Qualche rara fotografia, scattata dal fotografo nelle occasioni speciali. E la pendola.
Poche cose, che resteranno in casa per anni, all’epoca non c’era bisogno di fare “space clearing”, di spazio ce n’era poco, ma di roba ancora meno. Quello che c’era in casa era costato sacrifici, veniva usato con attenzione e tenuto con cura.
Ho ancora, del corredo della mia di nonna, un paio di asciugamani di tela operata, con lunghe frange, tassativamente bianchi.

La pendola, dicevamo, che segnava il passare del tempo con i suoi rintocchi.
La pendola funzionava, bene. Ma dopo un po’ di anni, morta la Nonna e anche il NonnoV, si fermò pure la pendola.
Mio Nonno, la fece aggiustare, da un orologiaio “piccoletto e della BassaItalia con un buffo accento”, questo è il ricordo di mio padre.
Se lo ricorda bene, il negozietto, l’artigiano che veniva da lontano e la pendola che nel giro di pochi giorni ritornò a casa funzionante e fui riportata dall’orologiaio per un nuovo assestamento. L’orologiaio l’aveva aggiustata così bene che scandiva le ore con un forte rintocco: “don don don . . . “, tanti rintocchi quante erano le ore. Il rintocco poteva essere ripetuto, tirando una cordicella . . . visto che i due figli si divertivano a tirare questa cordicella per sentire più e più volte i rintocchi, mio nonno ritornò dall’orologiaio con la pendola e gli fece togliere la cordicella.

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Sotto la lente d’ingrandimento, la fotografia di Frau Marta Linz . . . . .  nella didascalia quasi le stesse parole che ho trovato su Wikipedia

Doveva essere il lontano 1934 o, al massimo, il 1935. I ricordi sulle date sono contrastanti e poi vi spiego il perché, mio padre (ed è l’unico rimasto a poter dire qualcosa di quell’epoca) è convinto che fosse il 1935, in base a dei calcoli e ragionamenti su nascite e  fatti accaduti in famiglia. Ma sul retro della pendola c’erano due fogli di giornale, scostando delicatamente le pieghe abbiamo scoperto che appartengono alla “Tribuna Illustrata” del 17 febbraio del XII Anno dell’era fascista  (che, grazie a Google, abbiamo scoperto “andare” dal 29 ottobre 1933 al 28 ottobre 1934), Due pagine che ci raccontano un po’ di storia, ma anche tanta pubblicità . . . l’articolo più interessante riguarda una donna, una musicista, la signora Marta Linz la cui storia sono andata subito a cercare. Ho trovato notizie, ma solo in tedesco . . . Comunque, un paragrafo, corrisponde esattamente all’articolo del giornale: “(…) Nel 1934 e nel 1935, Linz diresse la Berliner Philharmoniker, annunciata come la “prima donna” sul podio dell’orchestra, il che non era vero; c’erano almeno sei donne che avevano diretto l’ensemble prima di lei (…)”
Si parla anche dei programmi di una “Radio Rurale” e anche di questa abbiamo subito cercato e trovato notizie

Abbiamo potuto leggere questi “reperti” perché, purtroppo, la pendola, malgrado la sua storia quasi leggendaria in famiglia, non funziona più (da anni). L’abbiamo portata da più di un orologiaio, ognuno di loro si è defilato, indicandoci un anziano signore. L’unico, sono tutti concordi, che ha l’esperienza e gli attrezzi adatti a un meccanismo così antico.
Ci siamo andati e lui, dopo averla studiata per qualche giorno, ha sentenziato che, oltre agli ingranaggi della pendola (che lui potrebbe aggiustare con una spesa di circa 250€), bisognerebbe far aggiustare anche la “cassa” di legno da un restauratore . . . la pendola è tornata a casa e, visto che fa freddo e si prevede neve, resta qua ancora per qualche settimana, forse prima o poi la faccio vedere a un restauratore per un preventivo . . . Perché mi piacerebbe sentire quei rintocchi . . . anche solo di giorno!

Fuori rete . . . per un po’!

Prendo spunto da un ritaglio di giornale che avevo messo da parte qualche tempo fa, il giornalista:  BeppeSevergnini (BSev per gli amici) nel 2012, è stato una settimana senza connettersi alla rete: “no Tw, no blog, no mail, no web”  . . .

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Ho deciso di emularlo . . . o quasi! 🙂

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Da qui a Pasqua, no mail, no messaggi col telefonino, no WhatsApp, no commenti e no visite ai gruppi su Facebook, no al giro dei blog amici per leggere e commentare, no giri oziosi sul web (magari alla ricerca delle ricette tradizionali dell’isola di Pasqua).

 

Incontrare gente o una bella telefonata col telefono di casa!

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Ma qua, sul blog, sì . . . un diario vecchio stile! Tutti i giorni!

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Diario! Pensieri! Parole! Filosofie! Varie & Eventuali!

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E poi all’improvviso . . .

E poi, all’improvviso ti trovi nello studio di un’allergologo
Che, contrariamente a quello che ti ha detto il MedicodiBase (MdB), ti toglie tutte le illusioni di avere avuto un forte attacco allergico . . . “Lei ha preso un qualche virus, intestinale, polmonare o che so io e solo successivamente, avendo le difese basse, le è arrivata l’allergia. I sintomi che lei mi racconta NON sono da allergia! Le ghiandole sotto le ascelle e sotto la mascella non si gonfiano per l’allergia!”  (il discorso l’ho riportato come l’ho capito!)

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Così cosa fai??? Vai a prendere la sostituta della sostituta del MdB e gli chiedi dove ha preso la laurea? Una Dottoressa che è più giovane della FigliaPiccola? 
Vai di corsa negli uffici della Usl e cambi MedicodiBase? Ma chi si sceglie? Dove ti informi? Senti i parenti che, poco o tanto, si lamentano di qualche pecca di ognuno dei loro MdB . . .
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Ci pensi . . . aspetti . . . ti prepari ad andare a parlare con la dottoressa giovane e disponibile per vedere se, dopo quasi 20 giorni dal primo “star male” riesce a ricavare qualcosa dagli indizi di cui ho tenuto un diario. 

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Per altro, in questi 20 giorni sono stata in studio almeno 5 volte, tra i miei fastidi e le ricette per le medicine del NonnoPapà, abbiamo parlato ampiamente di me e dei disturbi che mi affliggevano in quei giorni (e che ora, pare si siano quietati), sempre imputati a una generica “allergia” . . . 

AAA Dott House cercasi . . . un medico che davvero si concentri sul paziente e non solo sulle ricette, prescrizioni, impegnative e non pensi: “alle 10.30 chiudo lo studio!” 

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Intanto, ho l’ordine di non prendere altre medicine, sopportare dolori e fastidi, fino a nuovo ordine. Sto in attesa di una data, quella in cui il luminare delle allergie mi farà dei test per stabilire (non una volta per tutte, perché, mi dicono , le allergie sono “ballerine”) a cosa sono allergica in questo periodo, onde evitare certi “incontri” e vivere felice! 

Pare che “vivere con le allergie” non sia facile, ma possibile sì! 

 

 

Che palle!

Che palle!
No, non parlerò dell’imprecazione che, a volte, capita di dire in momenti in cui la pazienza se n’è scappata o l’esasperazione ci soffoca . . .
Che palle!
Un’esclamazione di meraviglia che mi viene alle labbra dopo aver visto come tre sole palline da tennis: gialle, spompate e vecchie sanno fare per i mie panni, dalla lavatrice all’asciugatrice . . .

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Tre palle, regalatemi da un vicino tennista per “far correre i cani”, visto che i cani corrono anche da soli, erano state messe da qualche parte nel Caos Primigenio che si ostinano a chiamare Garage e Cantina . . . ma le ho trovate subito e usate!

La “colpa” è della FigliaGrande, è lei che, dopo avermi sentito borbottare contro il distino cinico e baro che mi aveva fatto togliere dalla lavatrice, per l’ennesima volta, lenzuola e tovaglie tutte stropicciate, mi ha detto “Tre palle! Devi trovare tre palle da tennis da mettere in lavatrice e nell’asciugatrice!”
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Dove l’abbia letto, chi gliel’abbia detto, non lo so, ma so che tutta quella roba che dovevo poi tirare e allisciare, ha cominciato a uscire dal ciclo lavaggio, asciugatura (a volte totale a volte parziale) bella liscia, senza pieghe orrende che necessitavano di un minimo di cura del ferro da stiro. E per me, che da anni ho abbracciato la filosofia del “no stiro”, se non in caso di camicie eleganti, è un un bel traguardo!

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Adesso, che mi sono documentata, mi sorge il dubbio sul fatto che le palline da tennis non siano proprio “naturali” e neutre come piacerebbe a me! Devo studiarci su! Sacrificare un paio di gomitoli di lana 100% vergine o fare palline con la carta stagnola che si usa in cucina . . . voi che ne pensate???

Comunque, se le condizioni meteo me lo consentono, cerco di far fare un programma leggero/corto, in modo che posso stendere al sole i panni e la biancheria, sfruttando questa energia gratuita e che, quando li raccolgo, racchiudano in sé un po’ di aria invernale, frizzante e il profumo del sole! pannistesi04

Un compleanno . . . ben riuscito

Capita una volta sola all’anno e in casa è sempre una grande festa! 
Lui è davvero una persona speciale, malgrado a volte mi faccia innervosire, lo meritava! 
Loro li vediamo abbastanza spesso, ma sempre in momenti “di corsa”: c’è da portare o da prendere qualcosa, c’è da dare o ricevere una mano, ci sono cinque minuti e passiamo sotto casa, andiamo a trovarli . . . sono anni che non riusciamo a stare (come prima, quando era viva la Suocera e ci voleva in casa sua alla Domenica) tutti insieme attorno ad un tavolo e parlare con calma tutti quanti insieme. 

Così, durante le feste di Natale la FigliaGrande ne ha parlato con i fratelli e poi mi ha comunicato che per il compleanno del padre avremmo invitato gli zii (i suo fratelli e i relativi consorti) e cucinato un pranzo “a richiesta” . . . del festeggiato.

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Contattati gli zii, visto che la festa cadeva di domenica, confermata la festa.

Richiesta al padre sulle sue preferenze culinari . . .la cosa principale che l’Uomodellamiavita voleva assaggiare erano “i Maccheroncini di Campofilone, col sugo come li faceva la nonna” . . . semplice da dire ma non da fare (anche secondo la zia/sorella), pare che la carne non sia più quella di una volta e, l’osso di manzo con midollo e nervetti acclusi non è più consigliato per i nostri stomaci del 21° secolo.

Abbiamo risolto il secondo pensando a qualcosa che non fosse da cuocere “al volo” e, ricordando che agli zii piaceva molto mangiare qualcosa della cucina lombarda, abbiamo optato per una piccola porzione di polenta che accompagnasse ossibuchi con funghi e/o con piselli.

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Un antipasto tradizionale e semplice: lonza, olive ripiene e fritte all’ascolana, cremini fritti, pecorino e una fettina di bruschetta semplice, per accompagnare, ma non appesantire. 

FigliaGrande, la chéf di casa, si è messa a spignattare dalla mattina del sabato,  le bottiglie di pomodori dell’estate, carne trita e carne a pezzi per il sugo; ossibuchi, piselli, funghi, pentole e pentoloni . . .

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Alla domenica il pentolone della nonna (la mamma dell’Udmv), che da anni, confidenzialmente, viene chiamato “la pentola delle streghe” è stato riempito di acqua e messo sul fuoco appena tornati da Messa alle 11.00 (si sa, tanta acqua ha bisogno di tempo per scaldarsi). Mentre l’acqua nella “polentina” è stata messa più tardi. L’aggeggio ha fatto il suo lavoro con precisione, anche se abbandonata a se stessa per quasi un’ora.

E poi, alla fine, sono arrivati tutti e quattro gli ospiti: baci e abbracci, “dove appoggio la giacca e la borsa?”, “ecco, questo è il regalo per te!”, “Oh! Ecco il piccolino! Quanto è cresciuto!” (i due nipoti più grandi, PiccoloLord e PiccolaLady, erano a casa dei rispettivi padri)
Ci hanno sistemati, noi “vecchi”, sul tavolo più lontano dalla cucina, i miei giovani (più il PiccoloPrincipe sul seggiolone) dall’altra parte perché avrebbero pensato loro al servizio . . . come regalo per la festa del capofamiglia.

Abbiamo cercato di preparare la tavola un po’ diversa dal solito, semplice, ma nel miglior modo possibile. E per questa volta è stato molto semplice . . . La tavola, anzi le tavole, sono state coperte da due tovaglie gemelle e abbellite con una striscia colorata. Calcolando che poi, la mole delle pentole da appoggiare era ingombrante, non si è voluto creare disagi ai commensali . . . 

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Abbiamo messo in tavola le pentole (e non travasato il cibo su vassoi di portata) per permettere a ognuno di servirsi con libertà, come meglio credeva. E per non far raffreddare del cibo che, caldo rilascia aromi e gusti squisiti.

È stato tutto gradito, qualche bis, qualche brindisi, tanti racconti e ricordi dell’infanzia e filastrocche del tempo che fu, quelle che la zia (la sorella dell’Udmv) custode delle tradizioni di famiglia usava per intrattenere i bambini nelle sere invernali vicino al fuoco a casa della nonna. Gliele hanno richieste e filmate, per non perdere le memorie e poterci giocare con i piccoli di casa . . . ai miei figli piace la cultura vintage! 

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Arrivato il tempo della torta (una grande e bella, oltre che buona, Saint Honoré) e del caffè, sono arrivati anche i consuoceri per festeggiare con noi.
Siamo andati avanti in chiacchiere per un bel po’, poi il NonnoPapà se n’è andato a fare un pisolino, ma il pomeriggio è continuato con due gruppi e due conversazioni distinte, uomini e donne, con i figli e la nuora che ascoltavano e ridacchiavano commentando tra loro. 

Poi, è stato come un turbinio di vento . . . Sono arrivate le tre nipoti grandi (figlie dei miei fratelli). Per un attimo c’è stata un po’ di caos. Tutti che chiacchieravano con tutti.

C’è stato un tempo, anni fa, in cui era più semplice incontrarsi tutti insieme, la mia famiglia di origine e quella di mio marito, figli e nipoti erano ragazzi o bambini e giocavano tutti assieme. Per cui i miei nipoti chiamano “zii” gli zii dei miei figli e i miei cognati considerano quasi dei nipoti i miei . . .

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I cognati e i consuoceri se ne sono andati e i giovani si sono messi a giocare con un gioco da tavolo: Monopoly “Trono di Spade”. . . poi sono arrivati CognataGiovane con mio FratelloGiovane . . . è tornato a casa PiccoloLord, che viste tutte le cugine grandi e gli zii si è emozionato e non sapeva da chi cominciare a salutare . . . FigliaPiccola con le due cugine più grandi sono uscite insieme, la nipote n° 3 che deve prepararsi ad un esame, giudiziosamente, è rimasta con noi . . . e abbiamo riapparecchiato la tavola! E non è rimasto che una ciotola di funghi col sugo . . . giusto per condire la pasta il lunedì.
Gli impegni del lunedì mattina hanno consigliato il coprifuoco verso le 23.00 e quando è tornata anche la FigliaPiccola abbiamo chiuso tutto e persino i cani si sono messi buoni e tranquilli . . . 

Stanchi, ma felici, l’Udmv ed io ce ne siamo andati a letto . . . 

 

 

Tra Natale e Capodanno . . . pensieri sparsi

Tra Natale e Capodanno la vita dovrebbe scorrere tranquilla, normale . . . sempre che “normale” sia uno standard fissato da qualche parte, perché, secondo me, di normale i miei giorni hanno solo il nome e la loro sequenza sempre uguale nei secoli dei secoli amen.

Ecco, già la questione dei nomi dei giorni durante queste feste diventa un caos: se la domenica è la Vigilia, il lunedì è Natale e il martedì è Santo Stefano . . . poi arriva un “lunedì” che in effetti è il mercoldì, ma siccome ci sono ancora provviste e avanzi nel forno, non siamo uscite a comprare nemmeno il pane (e così, per me era ancora “domenica”) . . . oggi, che è venerdì, ma è quasi una festa, dopo domani si finisce l’anno . . .  così, siamo ripartiti con i menù, le liste, le spese! 🙂

Quei tre giorni di festa sono stati davvero sotto l’influsso dello “Spirito del Natale” . . .

La Messa del Natale con la “corale” che ci ha aiutato a intonare i soliti canti, ma con un modo molto più “elegante”! E le Omelie, sia quella della Vigilia che quella di Natale, molto belle, di quelle che non annoiano ma, anzi, arrivano in fondo al cuore e ti smuovono qualcosa . . .

I pranzi e le cene dei giorni festivi, sono stati partecipati e graditi. Abbiamo riscoperto la bellezza dell’apparecchiare la tavola con tutto il garbo possibile. Del cucinare qualcosa di nuovo e qualcosa della tradizione.

Già si partiva dalla colazione, con una tovaglietta mooolto natalizia. E la solita colazione, ma arricchita dalla presenza del panettone . . .

A pranzo, in quei tre giorni non si è mangiato “abbondante”, ma molto vario e molto curato . . . ricette nuove, ricette della tradizione famigliare, tanti dolci 

Tutte le sere, in attesa della 12° notte, si è fatto tardi. Si è giocato a tombola, a carte, ai giochi da tavolo dei bambini che entusiasmano oltremodo anche i grandi! 

E così siamo arrivati a Capodanno . . . 

 

 

 

 

Prepariamoci al Natale (tra sacro e profano) – 1 Cucina e dintorni

Per l’Immacolata sarà già tutto pronto per fare l’albero, controllare le lucine, addobbi, ghirlande, sfere colorate e luccicanti . . .
Lo “spirito” del Natale lo chiamano e pare che quest’anno, a casa di Fiordicactus ne sia arrivato a vagonate!
Ci sono scatoloni pieni di roba, un tavolo intero di scatoloni con scritte che specificano il contenuto, spesso bugiarde . . . in cui la FigliaGrande si tuffa tutta felice. Ha convinto suo padre ad aiutarla per addobbare certi punti difficili da raggiungere, per gli impianti (volanti) elettrici e per tutte le altre mille emergenze che dovessero saltare fuori all’ultimo minuto . . .  Io lascio fare, poi vedo quello che secondo me manca e me lo andrò a cercare!


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Per ora mi concentro in quello che, assieme alla messa e al festeggiamento di una nascita che cambiò il mondo e la vita di molti, è una parte importante (anche se un po’ “profana”) del Natale: la condivisione della gioia, lo stare insieme, l’accoglienza . . . in poche parole, quello che da che mondo è mondo è la preoccupazione principale di ogni mamma . . . cosa metto in tavola???

Perché se un pranzo della festa è da pensare e organizzare almeno dal giovedì, il Pranzo di Natale è una cosa di cui, qua da noi, si comincia a pensare e a parlarne almeno il mese prima . . .

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Certo, lo so che non viviamo per mangiare, ma mangiamo per vivere, però è anche vero che c’è soddisfazione nel vedere la gente che mangia con gusto e vorrebbe il bis.

Per non arrivare stressata, mi affido alle liste . . . che poi modifico strada facendo.
Per non sbagliare, cerco di non dimenticarmi delle cose principali. Ma spesso, affidarsi alla tradizione mi aiuta a non diventare matta.

FigliaGrande odia le liste. Proprio perché non sono definitive, vengono scritte e riscritte. Invece a me piacciono, sono come il canovaccio su cui basare questa “commedia dell’arte” che è un pranzo in famiglia . . . liste, scalette, elenchi da spuntare.  Già mettere nero su bianco le cose che ho in testa, mi fa sentire più sicura, mi sembra il primo passo per fare tutto bene, in tempo.

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Uso un sacco di fogli grandi, gli A4 sono perfetti, si possono piegare o riempire di righe che dividono le colonne . . . Uso pennarelli, molti e colorati (ogni colore dovrebbe servire a individuare l’ambito di ogni parola scritta) . . . se non uso subito i pennarelli e scrivo monocromatico, eccoli pronti per cerchiare con lo stesso colore quello che mi interessa mi salti all’occhio!

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Ho scritto i menù, anche quest’anno si sta a casa nostra, per cui i menù sono 6, dal pranzo della Vigilia alla cena del 26.
Di ogni portata, nella colonna dopo, ho scritto i vari ingredienti. Ho cerchiato le cose da comprare (un colore diverso a secondo del negozio, perché sono fissata, in certi negozi la qualità, in altri il prezzo. Il pesce, al porto)
Con la FigliaGrande abbiamo già individuato qualcosa da poter preparare prima (la chiamano “cucina furba”) senza stravolgere sapori e qualità

Siamo già state alla pescheria giù al porto . . . e abbiamo ficcato tutto nel Freezer (non mangeremo niente crudo, ma se sta in freezer non si rovina niente).

Abbiamo già parlato col macellaio, siamo d’accordo che anticiperemo gli acquisti, anche la carne è migliore se sta un po’ al fresco.

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Certe cose saranno comprate gli ultimi giorni, ma tutto quello che si può comprare prima è già stato individuato, in dispensa abbiamo scorte di quei prodotti “jolly”, tipo: sale, zucchero, scatolame, pasta, panna, latte a lunga conservazione . . . giusto per non ammattirci da qui a Natale (anche per via delle previsioni meteo) cercando di non dover fare la spesa la Vigilia . . . ci sarebbero cose più importanti da fare, quel giorno!

Come ogni anno cucineremo noi, anche quando avremo ospiti. Se questi vorranno portare qualcosa ne sarò contenta. Ma tengo sempre pronto e sottomano qualche piatto che può andar bene come alternativa . . . ho avuto anche di queste esperienze e mi tengo pronta.
C’è da ricordarsi delle varie allergie, delle “simpatie” verso i vari ingredienti, delle intolleranze e dei bambini (magari mangiano per mesi qualcosa, ma se è festa, hai la tavola piena di ospiti e hai cucinato solo quello, sicuro sicuro che il bambino pianterà una grana a non finire perché vuole qualcosa d’altro che implica tempo e cottura di qualcosa di imprevisto)

E poi, bisognerebbe pensare ai dolci e ai vini.
Ma questo, è un argomento di cui parlerò un altro giorno . . .

La signora Cristina, un’amica in visita . . .

L’altro giorno è venuta a trovarci un’amica del NonnoPapà: La signora Cristina.

Sapevamo che sarebbe arrivata alle ore xxx col treno, per cui mi sono preparata in tempo e sono arrivata in stazione, parcheggiato l’auto e pagato il ticket del parcheggio. Svelta sono andata alla ricerca del tabellone degli arrivi e ho scoperto (con grande sorpresa) che il treno che aspettavo non aveva ritardo . . . mi sono lanciata (più col pensiero che con le gambe . . . e qui vorrei che qualcuno delle Ferrovie Statali Italiane leggesse l’appello di dotare anche la stazione della Città sulla Costa di un ascensore per chi, come o peggio di me, ha difficoltà a fare le scale) giù dalle scale e mi sono bloccata!
Lungo la galleria che permette di attraversare i binari e arrivare alle varie pensiline c’erano alcuni uomini e una donna (in divisa, credo da GdF) più un cane di quelli che mi fanno sempre pensare a CappuccettoRosso sono addestrati per trovare la droga e roba simile. Stavano controllando la borsa di una signora che più o meno aveva la mia età . . . io so di non avere questo tipo di sostanze nello zaino, ma è stato il cane, in quanto cane a spaventarmi (sì, ho in casa tre bestie, ma sono le mie e le conosco bene. Invece, un cane lupo, anni fa, mi ha morso la mamo che avevo alzato a riparare il viso). Così, ferma lì finché uno di questi militari mi guarda, chiedo se il cane è ben tenuto dal guinzaglio, spiegando che io ho paura, mi rassicurano, passo . . . il tipo che tiene il cane molla il guinzaglio e il cane mi arriva vicinissimo, mi blocco, ma il cane torna subito ad interessarsi della borsa dell’altra signora . . . e io proseguo veloce! .

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Dopo poche pagine di lettura, qualche treno di passaggio e un sacco di messaggi pre-registrati su come noi “viaggiatori” dobbiamo comportarci in stazione e sui treni, ecco arriva il treno e io e la Cristina ci abbracciamo. l’ho vista solo poche volte, durante gli ultimi 10 anni, ma è una signora simpatica, con un sorriso sincero e contagioso  . . . direi “solare” se non fosse che da un po’ in casa questo aggettivo è stato messo al bando.

Vista la splendida giornata, ne ho approfittato per farle fare un giro su una parte del  lungomare della Città sulla Costa, passando davanti ai pezzi di lungomare rinnovati e a quelli in lavorazione. Intravedendo il mare tra la palme e gli “chalet” (come vengono chiamati gli stabilim

 

enti balneari) chiusi. Arriviamo a casa, su in collina: saluti, baci e abbracci . . . è sempre bello ritrovare un’amica!

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Pranzo, come da sua richiesta, “semplice e normale” . . . ma la FigliaGrande ha una sua idea di “semplice e normale” . . . Pasta pasticciata, con pancetta, funghi e mozzarella, al forno. Siccome è uno dei piatti preferiti da quando l’ha imparato a scuola, qualche anno fa, l’ha preparato in quattro e quattr’otto prima di andare a lavorare. 

Ha portato anche due bei libri, in regalo per il NonnoPapà (qualche giorno fa è stato il suo compleanno) e anche per me! Dirle “grazie” è ancora poco. 

Si parla delle sue e nostre passioni, si parla di figli, grandi e piccoli, si parla del futuro e anche del passato! E presto arriva il momento di salutarsi. E si risale in auto, si ritrova la stazione del treno e di nuovo baci e abbracci . . . ma questa volta, con un po’ di malinconia. Son solo due le visite che ci ha fatto, ma mi pare una zia che conosco da tempo! 

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Speriamo di poterle far visita noi, uno di questi mesi! 

Pasqua, tra spiritualità e tutto il resto!

Mai come nelle festività vivo la vita come vorrei . . . come mi piacerebbe che fosse tutti i giorni.
L’allegra confusione delle visite, quella leggera ansia nel preparare cibo e accoglienza al meglio, le chiacchiere in libertà e i ricordi, i momenti seri e quelli allegri, conoscere realtà diverse e uguali (in fondo) alla nostra. La condivisione di pensieri, parole e vita.

Come sempre capita in certi periodi dell’anno c’è stata la parte spirituale. E sentire il sacerdote (nell’Omelia di Pasqua) ripetere, con altre parole, i concetti sentiti da un’amico (molto laico) la sera prima circa il saper guardare avanti, non aver paura del futuro, rinnovarsi e lasciare il passato indietro senza rimpianti è stato sconcertante!

Sono stati 3 giorni che hanno visto l’arrivo di Emily accompagnata da ReMida, le piacevoli conversazione sugli argomenti che ci accomunano: Outlander, figli, famiglia, la vita vissuta con entusiasmo, il lavoro fuori casa (anche se io, per quello, ormai ho tirato i remi in barca) , il piacere di viaggiare . . .
Tre giorni in cui era presente anche la FigliaPiccola, arrivata da Roma, che si fermerà (mirabile dictu) ancora qualche giorno.
Tre giorni che hanno visto la casa invasa da uova di pasqua, coloratissime! Regalate, comprate, da scambiare al PiccoloLord, alla PiccolaLady e alle piccole Masha e Lele. Ma ne è arrivato uno anche per me! Una bellissima sorpresa, un braccialettino col suo ciondolo!

Non vi sto a fare l’elenco di tutto quello che abbiamo preparato in cucina, di quello (molto di più) che abbiamo poi mangiato, vi dirò solo che per qualche giorno non avrò bisogno di fare la spesa.

Non so quale maligno pensiero mi ha portato a comprare 4 pagnotte di pane da 1/2  Kilo, che sono lì che occhieggiano e che la FigliaPiccola ha proposto di far diventare: Gnocchi di pane, torta di pane, panzanella e via riciclando! In questi giorni tutto si è mangiato, tranne che il pane (o almeno, poco poco), c’erano le “ciambelle strozzose” che di “strozzoso” non avevano molto, ma che si combinavano bene col pecorino abruzzese, col salame coi lardelli e col ciauscolo (marchigiano) e persino con la insalata “Olivier” (quella che in Italia è chiamata “insalata russa”) che ci ha portato l’amica Irina, ucraina Doc, preparata con la ricetta di sua madre.
E i dolci? Tra quelli confezionati, tipici di queste feste, le magnifiche paste portate dagli ospiti, quelli preparati dalla FigliaGrande per il suo PicNic con le famiglie della classe del PiccoloLord e quelli portati dall’amica A. Una felicità per gli occhi e le papille gustative (ho sentito chiaramente, in testa, l’invito: “pancia mia fatti capanna)!

Il tempo ci ha fatto preoccupare, ma alla fine si è risolto a darci un cielo “ttrecchi” come dice la Bice Piacentini (poetessa in vernacolo sambenedettese) nella poesia dedicata alla Città sulla Costa, che in questo vecchio post, potete trovare sia in vernacolo che tradotta.

Il sabato sera con Emily e Re Mida. In piacevole conversazione siamo arrivati alle 2 di notte senza nemmeno accorgercene.
Pasqua in gioiosa compagnia, con una parte consistente della famiglia, il NipoteF, momentaneamente “orfano” di mamma e sorella, proprio il giorno di Pasqua, Irina e le sue figlie . . . davvero una bel momento conviviale.
E “ultimo, ma non ultimo”, il pranzo della Pasquetta, sempre con Emily e il suo simpatico Re Mida, a chiudere le grandi “mangiate” delle feste . . . la sera, cena con una minestra con brodo vegetale e passato . . .

E ora? Ora si torna nei ranghi, in attesa di un’altra occasione per sentire le pentole che fan fracasso, per stare insieme a gente simpatica, senza troppi convenevoli, con delle belle chiacchierate, parlando di personaggi immaginari (libri, serie TV, film) o di blogger che si conoscono bene, senza nemmeno averle mai viste, pensando che ci si potrebbe rincontrare e quando.
Vivendo la vita di tutti i giorni come fosse una festa . . . malgrado i problemi che si possono incontrare.

(Ps. più tardi metto qualche foto! Ora, vado a far qualcosa! L’Udmv ha ricominciato a lavorare e ha i suoi orari! La cosa peggiore dei giorni feriali . . . gli orari!)

 

 

La Madre dello Sposo . . . alle prese col dress code

Nota Bene, ricordarsi di leggere con un sorriso come con un sorriso è stato scritto! 

2 mesi e 22 giorni

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ovvero: 82 giorni
ovvero: 11 settimane e 5 giorni

Non è il conto alla rovescia per l’impatto di un asteroide o il conto cervellotico di quanto manca alla fine del mondo in base a calendari svaniti nei secoli . . . è il tempo che scorrerà mentre io scelgo un vestito adeguato al mio ruolo di madre dello sposo e quando finalmente lo sfoggerò i due piccioncini convoleranno a giuste nozze.

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Di questo matrimonio si parla da qualche mese, siamo persino stati al ristorante dove si festeggerà il lieto evento. Abbiamo assaggiato primi e secondi con i consuoceri e la FigliaGrande (come esperta) per dare poi un parere sulla composizione del menù!
Di questo matrimonio ho sempre cercato di far capire che i veri protagonisti sono gli sposi, ma pare che anche la madre dello sposo abbia il suo cameo da recitare (spero non si pretenda da me un’interpretazione da Oscar) e perciò deve essere adeguatamente abbigliata.
Di questo matrimonio mi piacciono molte delle cose che sento raccontare, qualche scelta mi lascia perplessa (probabilmente è colpa dell’età). Ma la cosa che più mi mette in crisi è il dannatissimo benedetto vestito che dovrei portare quel giorno.

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So che ci sono molti film dove si parla del nervosismo di cui da segni il Padre della Sposa (so di “padri della sposa” a cui venivano propinati calmanti nelle ultime settimane prima del fatidico giorno).
Nessuno ha mai preso in considerazione la marea di pensieri che affollano le notti della Madre dello Sposo . . . il vestito, le scarpe, la borsa e (eventualmente) cappello o acconciatura. Questi pensieri non fanno parte degli elenchi dei fattori scatenanti lo stress per una dimenticanza dei relatori.

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Perché non analizzare lo stress da matrimonio di un/a figlio/a. Ai genitori vengono poste le domande più assurde:
“devo invitare anche lo zio Casimiro, quello che si vede solo ai funerali e non ricorda mai di chi sono figlio???” (logicamente no).
“Vuoi che inviti anche la tua compagna delle elementari, quella di cui parli sempre . . .” (se mi avessi ascoltato davvero, avresti capito che ne parlo solo per raccontarvi episodi simpatici della mia infanzia, ora siamo troppo distanti).
“Tu come ti vesti??? (nooooooooooo . . . non me lo chiedere, non lo so! )

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Ho letto blog e siti di “wedding planner”, ho visto foto su foto e mi sono chiesta se questi stilisti si rendono conto che la Madre dello Sposo ha, come minimo, 18/20  anni più di lui e non sempre (per colpa dei peccati di gola e di una passione per i piatti ben conditi o di qualche gravidanza e trascurtezza post parto o di quella fame nervosa che serve a placare ansie e a tenere la bocca piena onde evitare di dire male parole) ha misure da Miss Mondo . . . e non mi venite a dire che, da gennaio a dicembre, potevo dimagrire di almeno 15 Kg, più facile a dirsi che a farsi.

Insomma, qualche chilo l’ho perso per strada, ma non sufficienti per entrare in una 44 . . . sto ancora sulle taglie dispari, diciamo che sono una “curvy” abbondante. È un bel problema, spero di risolverlo in tempo per quel dì, mica posso andare in chiesa in jeans, giubbotto e scarpe da ginnastica! Anche se mi piacerebbe . . . in fondo, tanti anni fa, la mia canzone preferita era “come un ragazzo”!

Decluttering selvaggio . . . lo space clearn “ha da veni'”!

Ho scoperto il servizio di ritiro dei “materiali ingombranti”.
Gratuito!
Su appuntamento!
Utilissimo per me che ho un intero piano di casa pieno di cose accumulate in parte da più di 10 anni e in massima parte negli ultimi 3 anni (son certa di questo, perché tre anni fa il Figlio preso da raptus, svuotò quasi tutto).  Non avete idea di quanta “mercanzia” si ammucchi in tre anni, ho persino il sospetto che qualcuno venga di notte (e di nascosto) a lasciarci le sue cianfrusaglie.

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Tre anni fa, mentre era in ferie, il Figlio creò una montagna di roba nel cortile davanti casa e, solo dopo, chiamò la ditta incaricata del ritiro, col risultato che per qualche settimana sembrava che casa nostra fosse una succursale della discarica comunale.
Questa volta l’organizzazione dipende da me! Ho scoperto che niente è cambiato in tre anni, cioè, se tu chiami (perché una domenica di sole ti è venuta la voglia di fare spazio e buttare parte di quelle cose che: “metti lì non si sa mai” e che, ormai, sono lì talmente piene di polvere da non riuscire nemmeno a riconoscerle senza un master in archeologia industriale), quelli del ritiro di materiali ingombranti NON vengono il giorno dopo a ritirare quel mucchio di roba ormai senza né arte né parte, ma dopo almeno 3 settimane . . . obbligandoti a tenere gli occhi aperti su due personaggi alquanto pericolosi:
a) sul PiccoloLord, che non sia mai, decida di darsi alla scalata di suddetto mucchio instabile.
b) sull’Uomodellamiavita, che, non sia mai, decida di imboscare qualcosa che fa parte della suddetta “roba senza né arte né parte”.
per non contare dei cani che si aggirano curiosi . . .

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Dopo che ho chiuso il cancello dietro al primo carico, dove era presente un po’ di tutto . . . giusto il risultato di una domenica di “raptus” liberatorio . . .  ho telefonato per un nuovo appuntamento e ho segnato col pennarello rosso sul calendario il giorno indicatomi: più o meno un mese dopo.

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Nel frattempo, in quel mese, giravo tra il piano sopra e il garage/cantina (dove prima ci ballava un’auto e tre bici, o un’auto e tre motocicli, per capirci), guardandomi intorno e prendendo nota mentalmente di quello che era destinato al “sacrificio” sull’altare dei nuovi “Dei”: Spazio e Ordine . . . prendevo quello che era più leggero e lo sistemavo nella parte di cortile dove (secondo l’autista del camion) era più comodo raccoglierlo col “ragno”, aspettavo il fine settimana quando la FigliaGrande e l’Udmv (qualche volta persino il Figlio) riuscivano ad ammucchiare le cose più grosse e pesanti.
Insomma. in un mesetto, senza grandi sforzi, abbiamo sistemato (quasi) ordinatamente un bel po’ di quelle cose che in tanti anni non erano mai servite e che, dopo discussioni infinite attenta riflessione, sono state considerate inutili e obsolete.

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Nel frattempo, tengo d’occhio, giorno giorno, gli scaffali della “lavanderia”, dove sono stipati i risultati di raccolte a punti di marche famose di pasta, merendine e latte . . . il risultato di “traslochi interni”, dovuti a riordini veloci, tinteggiatura di muri, spostamento di mobili (tenendo presente che in questi lunghi anni ci sono stati impegni di lavoro e di accudimento della Suocera con l’Alzehimer). Quest’anno, mi ha preso così, voglio liberarmi da quelle cose che, se pur nuove, nessuno vuole usare e hanno preso un aspetto di vecchio . . . È “catartico”!
Mi resta solo di trovare una collocazione a cose che persino la Caritas mi ha detto: “le tenga lì, magari ci manda le foto, se ci servono le facciamo sapere”

Adesso non mi resta che  svuotare quelle 4 o 5 scatole dove all’esterno c’è scritto “Cose mamma – non toccare”, in pratica la “ripulitura” annuale dei cassettini “rebelot” (che con la nuova cucina non ho più), e dei dintorni della scrivania dove si ammucchiano carte e cose senza altra destinazione.

Il Figlio e la FigliaPiccola saranno invitati a partecipare al gioco “scegli cosa tenere” una caccia al tesoro, nascosto negli scatoloni che hanno lasciato qua a casa da quando se ne sono andati, chi per studiare/lavorare, chi per formare una nuova famiglia.
La FigliaGrande sta già facendo “decluttering” per conto suo e spesso arriva con un sacco di cose sue e del PiccoloLord da destinare al sacco nero o a quelli per il riciclaggio della carta e della plastica. Altre volte, prende quelle borse capienti e robuste del supermercato e porta giochi che non si usano più alla ludoteca  . . .

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Lo zoccolo duro è l’Uomodellamiavita . . . lui è un irriducibile del “potrebbe servire” o del “mò vediamo!”.

Comunque, per ottobre abbiamo un nuovo appuntamento con gli uomini del trasporto materiali ingombranti, questa volta sarà dura, sono quasi tutte cose di ferro. Ci toccherà convincere l’Udmv dell’inutilità di vecchie reti da letto, di vecchi ferri arruginiti, di pezzi e pezzetti di materiale ferroso che non servono nemmeno a sostenere un ramo di pervinca!

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Senza parlare del progetto della FigliaGrande . . . ve ne parlerò quando l’avremo portato a termine . . . vuole rimettere ordine tra le palline di Natale, i fili luccicanti dell’albero di Natale, le luci intermittenti e persino fra i personaggi del Presepe (ormai tra arrivi, partenze, regali e altro che non so, abbiamo 3 capanne, una persino vuota).

La pazzia da Buon Samaritano

Pazzie da Buon Samaritano!
Cose che capitano a casa di Fiordicactus, in una tranquilla mattina d’estate.

Le ferie appena appena cominciate, tutti in pieno relax . . . Fiordicactus si dedica (con calma) a qualche incombenza “straordinaria”. All’aperto, sulla ghiaia del cortile, è impegnata nella pedicure del NonnoPapà. Il pranzo, la casa, il resto delle faccende possono aspettare, c’è tempo!
All’improvviso, i cani che abbaiano da un po’ e un rumore di auto col motore al minimo di sottofondo le fanno chiedere alla FigliaGrande (che sta beatamente tenendo d’occhio il PiccoloLord sull’altalena) di andare a vedere cosa sta succedendo sulla strada.
Arriva la notizia che due auto, piene zeppe di roba e di bambini, sono ferme sotto il sole e gli adulti sono in cerca di una casa per le vacanze, un appartamento per 10 persone per il quale hanno mandato già tutti i soldi (e che dovrebbe trovarsi nella nostra zona) . . . Truffati e a 600 e rotti kilometri da casa.
Arrivano direttamente dal Nord, dopo un viaggio lungo e faticoso. Adulti, ragazzi e bambini . . . Dico alla FigliaGrande che li inviti a entrare, se hanno bisogno di rinfrescarsi, di qualcosa di fresco da bere, di uno spazio dove i bambini possano sgranchirsi le gambe mentre gli adulti cercano di risolvere la situazione . . .
Quando ci raccontano il loro viaggio, lungo e faticoso, di notte, con una giornata di lavoro sulle spalle. Quando ci raccontano del loro sogno di una vacanza dopo anni di estati in città, con i sacrifici per raccogliere i soldi risparmiati per un’anno. Quando ci parlano di come è andata la faccenda della truffa . . . mi piange il cuore e mi sento di aiutarli.
Oltre ad aver messo sul tavolo bevande e bicchieri (non vogliono molto di più, giusto qualche fetta di pane ai più piccoli), prendo a telefonare a tutti quelli che mi immagino possano aiutarmi, ma è difficile, in pieno agosto, trovare posto a un gruppo così numeroso e quando si trova qualcosa è troppo caro per il loro gruzzolo. Bisogna ricordare che hanno perso sia l’appartamento (inesistente) che i soldi per l’affitto (inviati con bonifico in largo anticipo rispetto alla partenza “Sa, signora, ho altre persone che sono interessate, se mi manda tutto, ferma la casa ed è pià sicura!” così era stato detto, lo sapremo dopo dalla signora stessa).
Da un paio di “esperti” del settore turismo scopro che questo tipo di truffa, nella zona, va avanti da un paio d’anni, miete vittime di tutta Italia. Loro scoprono, tramite Internet, che lo stesso nome e gli stessi dati bancari compaiono su un articolo di giornale che parla di una truffa simile, in quel di Jesi . . . e uno di quei casi in cui non vale il detto: “Mal comune, mezzo gaudio”
Alla fine, malgrado li avessimo invitati a dividere con noi un piatto di pastasciutta, se ne vanno per passare del tempo al mare, fare pranzo e, fiduciosi,  provare a telefonare a degli amici loro, che stanno in vacanza tra Marche e Abruzzo, per vedere se riescono a trovare un alloggio. E poi, devono anche  andare dai Carabinieri per la denuncia di rito.
Li salutiamo, convinti di non vederli più, anche noi speranzosi che possano trovare casa e proseguire la loro meritata vacanza.

Ritornano nel primo pomeriggio, 3 adulti, una delle signore è rimasta al mare con i bambini. Sconfortati e sfiduciati.
Dai Carabinieri, niente di fatto, tornare domattina . . . le telefonate fatte da loro hanno sortito lo stesso risultato delle mie: niente da fare, i posti non si trovano, se c’è qualcosa è fuori dal loro budget.
Il pomeriggio scorre e lo sconforto cresce . . . anche volendo ritornare a casa, una notte di sonno ci vuole! Almeno i bambini possono riposare in auto, ma i grandi??? Si prospetta l’idea di sedersi su un marciapiede per vegliare le auto, parcheggiate, con i figli dentro.

Voi che avreste fatto???

Io ho messo a disposizione un mezzo appartamento (grezzo e con finestre di fortuna), un bagno ai minimi termini, una doccia improvvisata all’aperto (ma con acqua calda e fredda) e tutti i letti che sono riuscita a recuperare, più due brandine da campeggio, il frigor che sta in garage, fornello da campeggio e tutto il nostro affetto. Mi sono sentita di aiutarli, perché non volevo che perdessero la fiducia nella gente.

Anche se era una sistemazione mooolto provvisoria, giusto in attesa di vedere come andava a finire e lo sapevamo sia noi che loro.

Il giorno dopo, denuncia ai Carabinieri. Ragazzi e adulti in spiaggia. Adulti alla ricerca di relax e della casa che quelli dell’Associazione Turismo hanno cercato di trovare in tutto il giorno, senza risultati soddisfacenti per i nostri ospiti. Sono riusciti persino a concedersi una serata in centro, al porto e all’Ufficio del Turismo.

Il terzo giorno, pioggia, nuvole e vento e il giorno dopo, dicono al meteo, si prevede ancora tempo incerto . . . la sera, dopo una giornata passata a telefonare senza risultato, decidono di rientrare a casa loro.
Rifanno le valige, ricaricano tutto in macchina, baci e abbracci (e scambio di numeri telefonici), promessa di ritornare (e far controllare da noi, prima, l’esistenza di eventuali case trovate in Internet) l’estate prossima.

 

 

 

Non Abbandonarti . . . e non che non m’abbandono!

Non abbandonarti, tienti stretto, e vincerai. Vedo che la notte se ne va: coraggio, non aver paura. Guarda, sul fronte dell’oriente di tra l’intrico della foresta si è levata la stella del mattino. Coraggio, non aver paura.

Son figli della notte, che del buio battono le strade la disperazione, la pigrizia, il dubbio: sono fuori d’ogni certezza, non son figli dell’aurora. Corri, vieni fuori; guarda, leva lo sguardo in alto, il cielo s’è fatto chiaro. Coraggio, non aver  più paura.

(Rabindranath Tagore)

Alba-Otranto

Mai come in questo periodo ho trovato conforto in una poesia . . . davvero caduta “a fagiolo”, come si dice. Anch’io in certi momenti mi vorrei “abbandonare” . . . abbandonare la lotta, abbandonare allo sconforto, abbandonare ai ricordi e dimenticare gli impegni di ogni giorno e quelli a venire. Abbandonare i sogni che devono (spesso) essere rimandati per vari motivi. Ho trovato, in mezzo a vecchi foglio, queste parole fotocopiate da un libro scolastico (con tutte le spiegazioni delle parole difficili, come: “aurora” = il momento che precede l’alba) e con questa poesia ho inaugurato un quadernone a righe di terza elementare (secondo me le “righe” più belle). Vi sembra strano che una signora “agée” come me si metta a ricopiare poesie in “bella scrittura” come un’amanuense del medioevo? Ultimamente mi sono accorta che la mia firma era diventata simile a uno scarabocchio, tutte quelle lettere, alte, slanciate, con occhielli sotto . . . peggio che stenografata! Così, mi sono decisa e ho preso (con me stessa, una “padrona” piuttosto elastica) l’impegno di una poesia al giorno. Su righe di 3° elementare, per avere ben preciso lo “spazio” di ogni lettera.

Purtroppo, mi sono accorta che, ben prima della fine della pagina ho ripreso la scrittura “adulta” e, appena girata la pagina, le ultime righe sono meno curate . . . farò meglio la prossima poesia. Adesso vi lascio e vado a scrivere, la poesia di oggi si intitola: “L’uomo che spera” e non so nemmeno di chi è . . . ritaglio i giornali e lascio lì le cose . . . devo cominciare a buttare, fare pulizia tra il vecchiume accumulato.

Inizio d’anno

Non so se a scuola si scrive ancora, in cima al foglio, il nome della città/paese/paesello seguito dalla data Non so se ci sono altri che come me, almeno per tutto il mese di gennaio si imbrogliavano con l’anno e scrivevano il numero di quello finito Pensavo stamattina che se avessi scritto una data avrei dovuto stare attenta a non  sbagliare l’anno. Ma poi, subito dopo, ho pensato che ormai è raro che scrivo una data. Quello che scrivo, ultimamente, lo data il Pc . . . 

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L’anno nuovo è anche il momento di fare bilanci e proclamare buoni propositi. Ricordo che li feci, fine anno del 2008 . . . li potrei riproporre pari pari, ma quest’anno almeno la metà li voglio mantenere.

Mi sono accorta che questo blog è in discesa, in forte discesa (se non fosse che ogni giorno vi sono almeno 30 visite e almeno una persona viene a leggere una delle pagine che riguardano la canzone Romaria), non ho più spam, vorrà dire che WordPress lavora bene e li blocca a monte o che, essendo il blog quasi in coma, agli spammatori seriali non interessa più?

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Avevo detto che mi sarei impegnata a postare con una certa regolarità, ma si sa, Fior di Cactus propone e Dio dispone  . . . non ho più l’entusiasmo di un tempo, il tempo di raccogliere le idee e gli amici che mi supportavano anni fa, quando ho iniziato . . . dovrò darmi da fare, come consigliano gli esperti, per crearmi una nuova cerchia di lettori/amici?

Social media buttons

Ogni tanto mi capita di cliccare l’indirizzo di un blog amico e lo trovo chiuso, con tanto di “ultimo post” di spiegazioni. Solo un paio, dopo lunghi mesi di silenzio, hanno ricominciato a scrivere . . . la situazione è deprimente. Sarà colpa dei “social”? Sarà colpa dei tanti problemi che abbiamo nella (così detta) vita reale? Sarà stanchezza, pigrizia, mancanza di tempo (o tutte e tre le cose insieme)?

Mi do una smossa e recupero il tempo perso . . . questo post era una bozza, iniziata il 4 gennaio, l’ho finita con un po’ di ritardo, ma la posto con la sua data di nascita

Si cucina per vivere o si vive per cucinare???

Il dubbio amletico del titolo non aleggia tutti i giorni in casa di Fiordicactus, ma durante le feste (a volte prima a volte dopo essersi seduti a tavola) ci si infervora sull’argomento e qui di seguito, vi scrivo alcuni pareri.

10888661_10205604691626845_7538978648653482984_nInsalata russa (nascosta dalle uova sode)  . . .  tradizione del NonnoPapà

Secondo il NonnoPapà, si mangia per campare, per cui si dovrebbe spendere poco tempo per cucinare, piatti semplici e, possibilmente, facili da masticare. La tavola ordinata, ma essenziale. 🙂

Secondo il Nonno, si mangia per lavorare, per cui, per il primo, pastasciutta col sugo rosso e, per il secondo, scegliamo fra una decina di preparazioni a rotazione per i giorni feriali. La domenica tagliatelle col sugo. E alle “feste”, le solite 4 preparazioni che faceva sua mamma. La tavola ordinata, ma essenziale. 🙂

10633625_10205604714827425_6654673823202365439_oPreparazione . . .  Cuoca all’opera! 

Secondo la Nonna, si mangia con tutti i 5 sensi e il suo motto è “meglio poco, ma buono”, ama i piatti tradizionali, qualche “novità”, in dosi minime, viene accettata, ma durante l’anno. La tavola le piace curata e, nelle “feste”, un po’ di più. 🙂
Secondo lo ZioFiglio, si mangia per gustare e per mantenersi in salute, il suo motto è: “Vario! Buono! Abbondante”. La tavola . . . È proprio obbligatorio apparecchiare la tavola per mangiare??? 😉

10887430_10205604694506917_1282308284686709310_oAntipasto tradizionalissimo . . . per accontentare il Nonno

Il peggio che può capitare in una casa (e in questi giorni in questa casa) è una FigliaGrande (cuoca e gourmand, a cui piace sperimentare piatti nuovi come ne sente parlare, a cui è stato insegnato che la “mise en place” è altrettanto importante che il cibo che si porta a tavola) in piena tempesta creativa da “feste” natalizie e di fine anno . . .  

10896448_10205604725547693_2332394465144384273_oCannelloni ripieni di ricotta e spinaci . . . da leccarsi i baffi! 

unita a una FigliaPiccola che  (in questo periodo, fa l’operatrice video in alcune trasmissioni Tv di cucina, pasticceria et similia) ha portato a casa delle ricette (dolci e salate) da provare,

10906218_10205604723107632_7353709388117313223_nPolenta, zampone e lenticchie

sono una catastrofe alimentare . . . un delirio di piatti e piattini, bicchieri e bicchierini, ciotole, ciotoline e ammenicoli vari, in cucina e in tavola.

1399081_10205604703507142_9085081470719407638_oCottege Pie – Adelaide Michelini

E mi è capitato di sentire conversazioni ai limiti dell’assurdo, tipo questa:
FigliaPiccola: “Ho queste ricette, che hanno fatto i cuochi del programma dove lavoro in questo periodo!”
FigliaGrande: “Ma tu, queste ricette le hai viste fare?”
FigliaPiccola: “Certo!”
FigliaGrande: “Ah, bene . . . che “gancio” ha usato?”
FigliaPiccola: ” . . . Boh! Io sono lì a lavorare, non ho fatto caso . . . ”
Ognuno il suo mestiere . . . ecco che questo proverbio trova spiegazione pratica, ognuno, nel suo mestiere SA
 quali sono i particolari di cui tener conto!

10885594_10205604712187359_2200635192672830389_nTorrone Cremoso – Ricetta dello chef Maurizio Santin

In questi giorni, cioè dalla vigilia di Natale a oggi (e, è facile prevederlo, si andrà avanti fino all’Epifania), la loro alleanza ha prodotto “piatti”, che hanno soddisfatto in pieno il Figlio. Che hanno reso perplesso il NonnoPapà. Che hanno fatto scuotere la testa al Nonno . . . e che hanno fatto pensare alla Nonna che ha perso completamente il controllo della SUA cucina (e questo fatto la fa sentire più vecchia che non l’aumentare delle candeline sulla sua torta di compleanno).


1889032_10205604692826875_5856346443421175180_oOlive ripiene e fritte, all’ascolana – dalla Morosa del Figlio

Ma come si sa, l’Epifania tutte le feste si porta via! Speriamo che per quella data siano finiti anche tutti i dolci natalizi.
Torneremo al solito tram tram culinario . . . cercando di smaltire quei kiletti in più dovuti alla cucina delle feste. 


10869639_10205604726707722_6193545985545678_oCin Cin al nuovo anno

 da voi, si mangia per vivere o si vive per mangiare??? 

Le didascalie sottolineate, l’avrete capito, nascondono un link

Com’è andato il blog nel 2014 ???

2014Il 2014 ci sta lasciando . . .  mancano poche ore 

Chiudo quest’anno vecchio con le belle notizie di WordPress  . . . ringrazio i followers, ringrazio chi mi segue fin dal primo post, ringrazio gli ultimi arrivati, ringrazio chi commenta, ringrazio chi passa, legge e non commenta, ringrazio chi capita qua per sbaglio e magari ci ritorna . . .

Quest’anno non ho condiviso molto con questo “diario che risponde”, ma ne ho sentito spesso la mancanza . . . il mio angolo, neanche troppo segreto, dove cercare la gioia anche in quello che non sempre è allegro. 

I folletti delle statistiche di WordPress.com hanno preparato un rapporto annuale 2014 per questo blog.

Mi dicono che questo blog è stato visitato circa 16.000 volte in 2014. Se fosse un concerto al teatro dell’opera di Sydney, servirebbero circa 6 spettacoli con tutto esaurito per permettere a così tante persone di vederlo.

Ho caricato 101 immagini, quasi 2 immagini alla settimana, malgrado io abbia scritto poco .

Sul “podio” dei post più letti abbiamo: 

  1. Cuffia rasta/scaldacollo 
  2. E’ il suo Battesimo  
  3. Ancora Romaria . . . nuove notizie e nuova traduzione  

I lettori, ma non tutti commentano, sono arrivati principalmente dall’Italia (ma va’), USA e Germania oltre altri 63 paesi (un giorno vi stupirò con l’elenco dei paesi . . . mi sono stupita anch’io quando ho letto le statistiche) 

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Vi invito a fare un brindisi con me, vecchi e nuovi “amici”, sperando che il nuovo anno ci porti un po’ di serenità. 

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Ci si legge . . . ai prossimi post . . . al prossimo anno

2015