Volevo fare un dotto post sulla festa di Halloween, come era e com’è diventata, e perchè non dovrebbe essere quello spauracchio che qualcuno pensa . . . ma non ho fatto in tempo, però girando e seguendo tracce, fra i blog amici, ho trovato questo post già bello pronto, di una giovane studentessa di Medioevo (che è un periodo che piace anche a me) un periodo in cui molte delle cose che facciamo adesso hanno avuto inizio . . . ve lo lascio qui, così, se volete lo leggete, se vi piace come scrive, andate a trovarla :
“Se un morto entra nel mondo dei vivi, se ne accorgono tutti. Gli zombie non fanno mai un bell’effetto: sono bruttini, verdognoli, putrefatti, e puzzano pure. Se i vivi non sono proprio degli idioti, se ne accorgono benissimo, se in mezzo a loro c’è un cadavere stantio.
Ma se viceversa un vivo entra nel mondo dei morti, anche i defunti se ne accorgono. Del resto son morti, non cretini: un vivo è caldo, suda, non ha odori, è colorito… Se i morti non sono proprio degli idioti, se ne accorgono benissimo, se in mezzo a loro c’è un essere vivente.
Ora: non è che sia proprio necessaria la figura istituzionale di un addetto alle public relations, per mediare l’incontro fra i vivi e i morti. Insomma, non è che capiti tutti i giorni, di trovarsi davanti a uno zombie o a un cadavere parlante. Anzi, incontrare un morto è una cosa molto rara.
E’ una cosa molto rara, che capita-e-non-capita, e, quando capita, capita in quelle ore che sono-e-non-sono: capita, insomma, nella notte dell’ultimo dell’anno. Che, a ben vedere, è-e-non-è. O, quantomeno, è in un periodo di passaggio: né carne né pesce, né caldo né freddo – è semplicemente una notte magica, in cui l’anno vecchio non è ancora finito e l’anno nuovo deve ancora cominciare.
E visto che, per i Celti, Capodanno cadeva nella festa di Samhain, era proprio in quella notte che i morti tornavano fra i vivi.
Casualmente, Samhain è questa notte.
I morti tornavano fra i vivi, ma erano i vivi a permetterglielo. E i vivi non erano certo dei masochisti: non desideravano ritrovarsi il villaggio pieno di zombie distruttori, ma volevano solo… riabbracciare i loro cari. Anche a me piacerebbe reincontrare mia nonna, o salutare la mia zia che se n’è andata giusto un anno fa: a chi, non piacerebbe? Piaceva anche ai Celti, naturalmente, e quindi agivano di conseguenza: spegnevano tutti i fuochi, spalancavano i cancelli, abbassavano i talismani che avrebbero dovuto proteggere il villaggio dalle forze infere, e aspettavano i loro cari. Gioiosamente, e con nostalgia affettuosa.
Naturalmente, se io sono qui che aspetto che venga a farmi visita il fantasma di mia nonna, mi preparo ad accoglierla nel migliore dei modi – ad esempio, le preparo dei dolcetti in modo che possa mangiare e riposarsi. E, soprattutto, cerco di farla a sentire a suo agio, e di non rimarcare il trascurabile dettaglio che io sono qui a godermi la vita mentre lei è sotto a tre metri di terra.
Insomma… posso imbiancarmi la faccia con un po’ di farina, per non urtare mia nonna con la mia rosea carnagione, o posso addirittura travestirmi da morto, in modo che lei non si senta esclusa. E poi passeremo assieme tutta la notte, e all’alba io reciterò qualche preghiera affinché mia nonna ritrovi rapidamente il cammino per l’Aldilà, e non si perda per strada. La accompagnerò fino al limitare del villaggio, e poi tornerò a casa nel buio del primo mattino, facendomi luce con una candela. Se piove o tira vento, proteggerò la fiamma mettendola dentro a una rudimentale lanterna: una rapa intagliata. Certo, una zucca sarebbe meglio, ma non è mica colpa mia se sono una donna celta del I secolo d.C. e le zucche stanno ancora in Messico.
Tornando a casa, dopo aver salutato mia nonna, troverò per strada un certo movimento. Del resto, è stato tanto bello incontrare i nostri cari estinti, ma adesso il villaggio deve risolvere un problema pratico – i nostri morti hanno paura del fuoco e quindi abbiamo spento i nostri camini, ma non possiamo nemmeno finire ibernati per far contenti i fantasmi.
Insomma, serve della nuova legna, e serve in fretta. E, se i grandi sono impegnati con i loro parenti fantasma, i piccini non hanno niente da fare: potranno ben rendersi utili! E potranno, insomma, bussare di casa in casa per chiedere in regalo un pezzo di legna – senza dolcetti o scherzetti o altre idiozie del genere, per piacere: ché qui siamo Celti del Tardoantico, la farina la teniamo da parte per il lungo inverno, e abbiamo troppo freddo per metterci a scherzare.
A noi basta un legno. Un misero pezzo di legno.
Tutto il resto, è Storia.
Di lì a qualche secolo, prenderà il potere un tale di nome Carlo Magno, molto attento alla necessità di stabilire sul calendario liturgico una data per la commemorazione dei propri defunti. Non sapendo dove collocare questa festa, si consiglierà con uno dei suoi fidati: Alcuino di York, un monaco. York è in Inghilterra, per l’appunto, e in Inghilterra esistevano feste secolari che ricordavano i propri defunti: chissà perché, ma Alcuino farà due più due e darà il proprio personale suggerimento a re Carlo.
Passerà ancora qualche anno, e Papa Gregorio IV, alla metà del IX secolo, istituzionalizzerà la festa di Ognissanti e la fisserà in perfetta corrispondenza con l’antica Samhain, il 1° Novembre.
Del resto, che c’è di strano? Se i Cristiani credono che Dio abbia sconfitto la morte, e che le anime dei defunti sopravvivano dopo il trapasso, in fin dei conti è dolce e condivisibile, la tenerissima cerimonia celtica pre-cristiana.
Ma la Storia va avanti, e prosegue fino all’Età Vittoriana: all’epoca, diventerà di moda, soprattutto in America, organizzare feste a scopo benefico, nella notte del 31 Ottobre.
Certo che, a forza di parlare di defunti, di preghiere, e di resurrezione dei morti nel tempo che verrà, queste feste sono un po’ un mortorio. Chi è che va a un party per raccontare agli amici i dettagli della lunga agonia del suo parente appena scomparso?
E allora, via – eliminiamo tutti i riferimenti ai morti. E alla morte. E anche alla religione, suvvia, ché è sempre meglio non rischiare.
Tolto tutto questo, però, della antica festa di All Hallows, di Ogni Santi, resterà ben poco. Resterà una parte ludica, scherzosa, vagamente legata all’Oltretomba e al mistero: ficcarci dentro qualche strega, un vampiro, e magari un paio di licantropi, sarà cosa facile.
E poi arriveranno i dolcetti, e le maschere dei bambini, e i trick or treat?, e i cartoni animati…
E, a un certo punto, arriverà in Italia un grosso pacco proveniente dal New England.
Ma quando stasera tornerete a casa dopo una festa a tema, e vi toglierete il cappello da strega, e i denti da vampiro, e darete i dolcetti ai bambini travestiti da robot e principesse che verranno a bussare alla vostra porta… beh, quando farete tutto ciò, sappiate che quello non è Halloween.
O, quantomeno, non è l’Halloween di cui io sono innamorata.
L’Halloween che piace a me è questo qua, questo qua che faceva emozionare il monaco Alcuino, e per il quale Gregorio IV sorrideva. E’ l’Halloween del Medio Evo, l’Halloween in cui ritorna mia nonna: l’Halloween, senza dubbio, che genererà l’Halloween del Duemila…
Ma, a volerla vedere dal punto di vista storico, questo è Halloween.”
Lucyette