Archivi categoria: ricordi

Qualche notizia di oggi e due chiacchiere su una pendola

Al controllo definitivo all’Allergologia della Città Gemella nella regione “forte e gentile”, la mia schiena appariva senza segni di reazione . . . per cui la diagnosi è stata: “allergia alla polvere” . . . tre mesi di cura anche per questo e poi, di nuovo una batteria di controlli.
Il viaggio è stato diverso da quello di ieri, tanto sole c’era ieri, tanta pioggia c’era oggi . . . si lo so che era previsto, ma io (in certi casi) spero sempre che quelli del meteo non ci prendano!
Oggi PiccoloLord è tornato da scuola e sbirciando nei suoi quaderni, ho scoperto che ieri hanno studiato le frazioni . . . il NonnoPapà non può ancora riprendersi da questa notizia.
Nel pomeriggio abbiamo avutola visita della Nuora e del PiccoloPrincipe, che comincia a farsi sentire, usando dei suoni decisi se vuole che qualcuno lo osservi. Ha anche un grande interesse per i nostri 3 pelosi e loro per lui (aspetto con ansia di vederlo “trottolare” in giro con i cani che gli fanno da scorta! Lo so perché facevano lo stesso col PiccoloLord)

Tra un viaggio e l’altro all’Ospedale, tra una spesa e l’altra, un nipote e l’altro, sono passata da un anziano artigiano, per ritirare un pendola, ricordo di famiglia. . . . . .

Quando due anni fa siamo stati nella città delle Orobie, lo ZioPadrino ha insistito perché mio padre prendesse la pendola del nonno V (in pratica, il mio bis nonno).
Con l’aiuto della “cuginetta”E l’abbiamo imballata bene bene e le abbiamo fatto fare un ennesimo lungo viaggio . . . fino alle colline che sovrastano la Città sulla Costa.

Questa pendola ha una lunga storia. Faceva bella mostra di sé nella casa del mio avo.
Quando lui e la moglie sono invecchiati e sono andati a vivere con i miei nonni (mio nonno era il suo figlio minore), come capita si son portati dietro quasi tutto quello che potevano: una serie di pentole di rame, quel che restava del corredo della bisnonna, un quadretto da mettere in capo al letto e il lettone, coi suoi materassi, di crine e di lana. Qualche rara fotografia, scattata dal fotografo nelle occasioni speciali. E la pendola.
Poche cose, che resteranno in casa per anni, all’epoca non c’era bisogno di fare “space clearing”, di spazio ce n’era poco, ma di roba ancora meno. Quello che c’era in casa era costato sacrifici, veniva usato con attenzione e tenuto con cura.
Ho ancora, del corredo della mia di nonna, un paio di asciugamani di tela operata, con lunghe frange, tassativamente bianchi.

La pendola, dicevamo, che segnava il passare del tempo con i suoi rintocchi.
La pendola funzionava, bene. Ma dopo un po’ di anni, morta la Nonna e anche il NonnoV, si fermò pure la pendola.
Mio Nonno, la fece aggiustare, da un orologiaio “piccoletto e della BassaItalia con un buffo accento”, questo è il ricordo di mio padre.
Se lo ricorda bene, il negozietto, l’artigiano che veniva da lontano e la pendola che nel giro di pochi giorni ritornò a casa funzionante e fui riportata dall’orologiaio per un nuovo assestamento. L’orologiaio l’aveva aggiustata così bene che scandiva le ore con un forte rintocco: “don don don . . . “, tanti rintocchi quante erano le ore. Il rintocco poteva essere ripetuto, tirando una cordicella . . . visto che i due figli si divertivano a tirare questa cordicella per sentire più e più volte i rintocchi, mio nonno ritornò dall’orologiaio con la pendola e gli fece togliere la cordicella.

20180213_114459.jpg
Sotto la lente d’ingrandimento, la fotografia di Frau Marta Linz . . . . .  nella didascalia quasi le stesse parole che ho trovato su Wikipedia

Doveva essere il lontano 1934 o, al massimo, il 1935. I ricordi sulle date sono contrastanti e poi vi spiego il perché, mio padre (ed è l’unico rimasto a poter dire qualcosa di quell’epoca) è convinto che fosse il 1935, in base a dei calcoli e ragionamenti su nascite e  fatti accaduti in famiglia. Ma sul retro della pendola c’erano due fogli di giornale, scostando delicatamente le pieghe abbiamo scoperto che appartengono alla “Tribuna Illustrata” del 17 febbraio del XII Anno dell’era fascista  (che, grazie a Google, abbiamo scoperto “andare” dal 29 ottobre 1933 al 28 ottobre 1934), Due pagine che ci raccontano un po’ di storia, ma anche tanta pubblicità . . . l’articolo più interessante riguarda una donna, una musicista, la signora Marta Linz la cui storia sono andata subito a cercare. Ho trovato notizie, ma solo in tedesco . . . Comunque, un paragrafo, corrisponde esattamente all’articolo del giornale: “(…) Nel 1934 e nel 1935, Linz diresse la Berliner Philharmoniker, annunciata come la “prima donna” sul podio dell’orchestra, il che non era vero; c’erano almeno sei donne che avevano diretto l’ensemble prima di lei (…)”
Si parla anche dei programmi di una “Radio Rurale” e anche di questa abbiamo subito cercato e trovato notizie

Abbiamo potuto leggere questi “reperti” perché, purtroppo, la pendola, malgrado la sua storia quasi leggendaria in famiglia, non funziona più (da anni). L’abbiamo portata da più di un orologiaio, ognuno di loro si è defilato, indicandoci un anziano signore. L’unico, sono tutti concordi, che ha l’esperienza e gli attrezzi adatti a un meccanismo così antico.
Ci siamo andati e lui, dopo averla studiata per qualche giorno, ha sentenziato che, oltre agli ingranaggi della pendola (che lui potrebbe aggiustare con una spesa di circa 250€), bisognerebbe far aggiustare anche la “cassa” di legno da un restauratore . . . la pendola è tornata a casa e, visto che fa freddo e si prevede neve, resta qua ancora per qualche settimana, forse prima o poi la faccio vedere a un restauratore per un preventivo . . . Perché mi piacerebbe sentire quei rintocchi . . . anche solo di giorno!

Mongo – Venerdì del libro 6

Il libro di cui parlo oggi è un libro che ho letto tempo fa, l’avevo regalato a mio fratello (che è uno di quelli che da un pezzo di fil di ferro, crea altro), ma lui non l’ha apprezzato fino in fondo. 🙂

L’ho letto io e mi sono divertita, ma ho anche pensato che non si riflette mai abbastanza quando si definisce “immondizia” lo scarto di quello che non serve più. 

mongoPer la “trama” clicca sulla copertina

Un libro che è stato scritto ben prima che cominciasse a girare l’idea del riutilizzo “selvaggio” o della “decrescita felice”. 

Un’aneddoto: proprio nei giorni in cui leggevo questo libro, è tornato a casa dalla Germania dove era a fare un anno di Università, uno degli amici del Figlio, parlando raccontava che stava in una casa ammobiliata, molto spartana, ma che aveva trovato (vicino alla pattumiera) una vecchia poltrona antica, l’aveva messa un paio di giorni sul terrazzo, e poi, pulita con i prodotti adeguati, l’aveva portati in casa . . . comodissima! Ricordo che disse: “Quando devo lasciare casa, la rimetto vicino ai bidoni, se serve a qualcuno la può riprendere!” 

Bisogna che lo richieda a mio fratello, un libro da rileggere.

Con questo post, Fiordicactus partecipa al “Venerdì del libro” di Homemademamma

Cosa c’è in frigor??? Verza ripiena

Una mattina di qualche giorno fa, mi frulla nella testa la domanda che assilla (a volte) la mente di ogni mamma italiana: “Che cucino oggi?”.
Butto uno sguardo interessato al contenuto del frigor . . . e trovo: una confezione di pasta brisée, un bel pezzo di p. cotto, una confezione di ricotta, un pacchetto di carne macinata, una ciotola piena di pasta madre che è stata rinfrescata il giorno prima senza sapere di preciso cosa farne, mezza verza che invecchia da due giorni chiusa nella sua pellicola trasparente, la voglia di non sprecare . . .
Per il prosciutto e ricotta, aggiungendo un caprino, e usando la pasta brisée, ho in mente una torta salata di antica memoria (un piatto che in casa, va sempre).
Con la carne macinata, invece delle polpette, aiutandomi con la pasta madre,  ci farò un pasticcio di carne in crosta . . . di solito viene bene e piace.
Poi, improvviso, un ricordo lontano di una ricetta sentita, più che vista, in Tv . . . e anche la verza trova il suo posto nel menù “di recupero” della giornata.

Ho preso la mezza verza, che era già pulita, visto che l’altra metà era stata usata per altre ricette . . .  sbollentata e messa su un piatto, aperta come una rosa spampanata . . . intanto ho preparato la farcia,  con un po’ di  salsiccia sbriciolata, il pane (quello fatto da me settimana scorsa era ancora bello) tagliato e bagnato nel latte, poi strizzato. Sale pepe, uovo, grana grattato (tutti gli ingredienti “a occhio”, in base a quello che c’era in frigor e alla grandezza della verza.

DSCN4726

Ho poi mischiato bene tutti gli ingredienti con le mani e poi (visto che era solo mezza verza), ho iniziato dalle foglie grosse che stavano appoggiate al piatto, ci ho messo parte della farcia, ho sistemato sopra a questa un po’ di altre foglie e ancora della farcia, foglie e farcia a strati fino a che non è rimasto più niente da impilare . . .La ricetta originale, ricordo, richiede che venga stufata in pentola con condimenti e sapori, io l’ho appoggiata sulla carta da forno, unta con poco olio, chiusa e richiusa con la carta d’alluminio, messa in un vecchio stampo da budino di alluminio e infilata nel forno per mezz’ora. Tolta dal suo “cartoccio”, messa sul piatto e lasciata nel forno fino all’ora di pranzo a fuoco spento. Alla fine abbiamo gustato un buon piatto compreso di verdura, gusto e allegria.

DSCN4729

Settembre 2013

Settembre, nuovo anno “effettivo”, come ho letto da qualche parte.
O come dice il cantante:
“Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull’età,
dopo l’estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità…
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità,
come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità… ” (Guccini, Canzone Dei Dodici Mesi) 
Il compleanno (il vero Capod’Anno) e le giornate che si accorciano . . . si comincia a pensare, introspezione . . .  cambiamenti . . . bilanci . . . 

È sempre stato così. Prima, quando ero bambina o ragazza, era la fine della spensieratezza dell’estate, dovevo vedere a che punto ero con i compiti delle vacanze. Durante la prima settimana, si raccoglievano i “ricordi” delle vacanze, quelli che si sarebbero portati a scuola per far vedere ai compagni e poi, il sabato si lasciava la casa della “villeggiatura” e si tornava in città. Anche lì, riti del passaggio delle stagioni: c’erano i vestiti autunnali da provare (anche se le temperature erano ancora alte) in vista dei nuovi acquisti per la stagione fredda. C’erano da ordinare i libri per la scuola, da scegliere le copertine dei quaderni, l’astuccio, il diario (anche se allora non c’era la scelta di adesso) per il nuovo anno scolastico . . . ritrovare gli amici che erano rimasti in città o, al massimo, avevano fatto le 3 settimane di “un turno” di colonia marina. Ogni giorno c’era la gioia di ritrovare qualche amica/o che tornava dalla montagna, dopo i mesi estivi passati a casa di parenti o amici. E poi, col 1° Ottobre, la scuola e la tranquilla monotonia di tutti i giorni. 

Da grande, la stessa cosa, ma vista da chi deve organizzare tutto il “rientro” si dovevano controllare i famigerati “compiti delle vacanze”, si doveva rincorrere bambini che non ne volevano sapere di provare pantaloni lunghi o maglioni, si cercava di andare nei negozi in orari di poca frequenza, magari con un figlio alla volta, si andava all’ingrosso a comprare pacchi di quadernoni . . . e si cercava di controllare il “contenuto” di decine di diari per non trovarsi con sorprese durante l’anno . . . e finalmente, dopo la metà di settembre, tutti a scuola e la mamma, per qualche giorno, in relax.

E quest’anno? 
Be’! I vestiti “invernali” per il PiccoloLord sono di competenza della mamma e sono già sistemati nei cassetti. I compiti delle vacanze non sono ancora un problema . . . E lo zainetto, come ho detto, è già stato “testato” e approvato dal PiccoloLord.

A me resta solo di pensare al mio futuro,  un po’ di sana introspezione su quello che voglio cambiare in me. Quelle abitudini e quegli atteggiamenti che devono essere corretti prima di diventare abitudini di una vecchia noiosa e antipatica . . . 

Così, Quest’anno col primo lunedì di Settembre incomincio (di nuovo) la dieta dimagrante e una camminata giornaliera. E mi faccio un piano per il controllo dei piccoli/grandi acciacchi. Per sentirmi di nuovo “pimpante” e sentirmi viva e non vivacchiante . . . mi preparo un “piano settimanale” e uno mensile. E mi impegno a ricominciare a usare, almeno al 50%, quel “sano egoismo” che mi salverà dal mugugno continuo. Non voglio diventare come tanti adulti non ancora vecchi fuori, ma già morti dentro . . . 

“La tragedia della vecchiaia consiste non nel fatto di essere vecchi, ma nel fatto di sentirsi ancora giovani.”  (Oscar Wilde)

Quant’é bella giovinezza / che si fugge tuttavia! / Chi vuol esser lieto, sia: / del doman non c’è certezza. (Lorenzo de’ Medici, detto “Il Magnifico”)

Pensieri Profani in un giorno di festa

Oggi è la festa del Corpus Domini, vado in Chiesa e mi appresto a seguire la Messa.

cd_04

Ma presto, mi distraggo, già quando inizio ad ascoltare la 1° Lettura (Gen 14,18-20) : In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem … “ la pronuncia di “Melchisedek” mi disturba (l’hanno pronunciata in un modo diverso da quello a cui sono abituata da anni)  . . . ma ancora più prepotente si affaccia il ricordo di tanti anni fa, un bambino che ho conosciuto allora, a cui avevano affibbiato questo nome: Melchisedek, così importante e strano e che tutti avevano prontamente abbreviato in Melchi . . . mentre suo cugino era stato battezzato: Nabucodonosor. Chissà a chi era venuta l’idea di chiamare questi due bambini con dei nomi biblici?

Prophet Melchisedek

Alla lettura della “Sequenza” pronuncio le frasi riportate sul foglietto:
“(…) Ecco il pane degli angeli, 
pane dei pellegrini, 
vero pane dei figli: 
non dev’essere gettato. (…)”
E mentre continuo a leggere e a recitare, prima mi passa per la mente l’immagine del lievito per le torte e poi ricordo come una volta ci insegnavano che non dovevamo far cadere il pane, ti sgridavano. C’era persino una leggenda che ci raccontavano a proposito di Gesù Bambino che scese dall’asinello, dove stava in braccio alla Madonna, per recuperare del pane gettato . . . altri tempi. . .

cap10

Poi arriva il Vangelo (Lc 9,11-17) e mentre sento raccontare della divisione (e conseguente moltiplicazione) di quei cinque pani e due pesci, ecco che mi ricordo di quella volta che stavamo cercando di stilare la lista di canti per la Messa del Matrimonio di mio fratello, all’offertorio mi sarebbe piaciuto metterci quella ispirata da questo brano (qui il testo) . . . mia madre, non volle per paura che qualcuno fra gli ospiti potesse pensare che era uno sforzo per noi “sfamarli” . . .

_pani e pesci
C’erano dei Battesimi, tutte bimbe, una è stata battezzata “Gioia”, una piccola africana (o una piccola nuova italiana?), con tutta la sua famiglia, tutti abbigliati con abiti colorati. E la bambina che piangeva, frastornata forse da quella confusione, la mamma che non sapeva più come calmarla, le signore nei banchi che sorridevano e ricordavano . . . lo so che ricordavano, perché durante il Battesimo vedevi tante teste avvicinarsi, anch’io ho ricordato il Battesimo della FigliaGrande, che ha pianto per quasi tutta la cerimonia e non si calmava e io avrei voluto sprofondare . . .

Insomma, tanti Pensieri Profani, ma così belli che, sono sicura, lassù qualcuno mi perdonerà, l’Omelia l’ho ascoltata senza lasciarmi distrarre, nemmeno da quella bambina che ha parlato per tutta la Messa, malgrado la sua mamma le facesse le facce brutte!

Mi sa che dovrò fare come S. Francesco Borgia che prima di entrare in chiesa per la Messa chiedeva allo Spirito Santo di scacciare le distrazioni . . . 

Diario di guerra

Diario di guerra . . . no, non la mia, io non sono in guerra con nessuno!

Diario di guerra . . . di una guerra che è passata da 70 anni, ma di cui si parla ancora. Quella guerra le cui sorti per anni e anni hanno governato le sorti del mondo, con l’influenza dei sui vincitori.

Durante la II Guerra Mondiale, che di questa stiamo parlando, gli italiani o meglio chi governava allora, furono presi dalla voglia di seguire l’alleato tedesco nell’avventura di conquistare la Russia . . . come già secoli prima aveva sognato di fare Napoleone. In tutti e due i casi gli eserciti furono sconfitti dai soldati russi e dal Generale Inverno.

E anche nel 1943, così come nel 1812, molti non tornarono . . . molte famiglie, tra cui la mia, piansero i loro morti, i loro dispersi.
Tra i dispersi c’erano anche il mio nonno paterno e uno zio di mia madre. Il nonno morì nel giro di un paio di mesi (e lo venimmo a sapere molti anni dopo), invece lo zio di mia mamma, dopo un’azione eroica fu fatto prigioniero e riuscì a scamparla, tornò anni dopo (ma questa, è un’altra storia che magari vi racconto più in là). Questo per spiegare la mia “passione” per la storia di quel periodo . . . Infatti, negli anni, mi sono letta d’un fiato ogni libro sull’argomento che m’è capitato sottomano, da Il cavallo rosso  e I più non ritornano”  di Eugenio Corti, passando per “Il sergente nella neve” di Rigoni Stern fino al famoso racconto di Bedeschi: “100.000 gavette di ghiaccio

Uno tra quelle “100.000 gavette di ghiaccio” che riuscirono a tornare si riportò a casa, tra le varie cose conservate dal suo zaino, un quadernetto . . . non un diario vero e proprio, ma piuttosto poche  frasi, essenziali per aiutare la memoria a ricordare (o a non dimenticare) quei giorni di guerra.
Martino, questo è il nome dell’alpino che è tornato ” a baita”,  dopo qualche mese dal suo ritorno dalla Russia,  incappa in quel periodo disastroso che segue all’armistizio dell’8 settembre 1943 e viene internato in campo di concentramento come è successo a molti (tra i 600.000 e i 650.000) militari italiani (tra cui anche Rigoni Stern e Guareschi) e continua a prendere  nota di quello che gli succede.
Anni dopo, riordinando le cose di casa, quelle cose che tutti ogni tanto riordiniamo, soffitta, cantina, garage, mobili vecchi, scatole, cassetti . . . ecco, in un cassetto, vengono trovati questi quadernetti e possiamo immaginare con quale curiosità e con quanta angoscia siano stati letti . . . passano ancora degli anni e il nipote di Martino (che non ha mai conosciuto suo nonno, morto prima della sua nascita) decide che certe cose vanno condivise e pensa a un blog, un moderno diario.  La sua idea è che questo  “Diario di guerra” possa raggiungere molti giovani, molte persone che magari non hanno mai sentito parlare di quel periodo o che non hanno voluto approfondire.

Ogni giorno possiamo seguire le vicissitudini del giovane tenente Martino partendo dal giorno 16 di dicembre, quando ha iniziato il suo diario . . . avrei voluto parlarvene prima, ma un sacco di “inciampi” me l’hanno impedito . . . potete sempre ricominciare dall’inizio, da qui.

Anche mio padre ha deciso solo ultimamente di raccontare la sua vita di “orfano di guerra” nei mesi che sono seguiti allo sfondamento del fronte del Don . . . chissà, ci sono storie che hanno bisogno di tempo per tornare a galla, quando il dolore è superato e resta solo il ricordo e quello che poteva essere un periodo di vita grama diventa un’avventura giovanile.

Quel 7 (e 8) giugno di tanti anni fa.

Grande commozione al Riviera per il trentennale del rogo del Ballarin
Nella mattinata di oggi, 5 giugno, è stata inaugurata la targa che ricorda la scomparsa di Maria Teresa Napolioni e Carla Bisirri nell'incendio del vecchio stadio prima della partita Samb-Matera (continua qui)
 

Il vice presidente rossoblu Claudio Bartolomei  e Il Sindaco Giovanni Gaspari
scoprono la targa commemorativa

 

Leggo sul giornale on line "Il Segnale", un giornale locale, che parla molto più della cronaca di "casa" che di quella nazionale, l'articolo di cui ho copiato titolo e sottotitolo qui sopra e i ricordi cominciano a viaggiare . . . come si dice: "io c'ero!" . . . precisiamo, non ero allo stadio, non ci sono mai andata, ma la tragedia l'ho vissuta e la ricordo bene.
 
Era una domenica di giugno, avevo una bimba che era nata da meno di un mese, faceva caldo e giravo per casa con un grembiule di quelli incrociati davanti, poco elegante, ma comodo per allattare a richiesta. C'erano a farmi compagnia l'Uomodellamiavita e mia madre . . . mio fratello, il più piccolo, giocava per strada con gli altri bambini e mia sorella, adolescente, era a passeggiare al Corso. Abitavamo in centro, lontani dallo stadio che era a ridosso del Porto . . . a un certo punto si iniziarono a sentire sirene di ambulanze (ma allora non c'erano così tante ambulanze come adesso e dopo un po' smisero), mia madre si mise a pregare, come era sua abitudine al suono delle sirene e l'Udmv si affacciò verso la strada per controllare il piccolo di casa, io continuai a fare la "mucca da latte" e la FigliaGrande ciucciava ignara . . . Dopo, quando arrivò mia sorella, chiedemmo se era successo qualcosa, ma anche lei era all'oscuro di tutto . . .


Ecco la squadra appena prima della tragedia . . . Lo sguardo preoccupato di Walter Zenga verso la Curva Sud del "Ballarin": l'incendio comincia a svilupparsi

Il giorno dopo, verso metà mattina si cominciò a sentire un via vai di elicotteri sopra i tetti della città . . . "chissà cos'è?" ci chiedevamo io e mia madre, di solito un paio di elicotteri si sentivano, durante la corsa Tirreno Adriatica, a marzo. Ma non c'era ancora la Tv del mattino . . . solo quando arrivò l'Uomodellamiavita, ci porto i pochi fatti scarni che aveva sentito, riportati dai colleghi e dai clienti . . . si sapeva che c'era stato un incendio allo Stadio; si sapeva che la colpa era del mucchio di carta che si sarebbe dovuto usare per festeggiare la vittoria della Sambenedettese, che sarebbe "tornata" in "B"; si pensava che il solito scemo, aveva buttato la cicca della sigaretta . . . o forse, un altro stupido aveva tirato un petardo.
Si sapeva, questo era certo, che c'erano dei feriti, ustionati, qualcuno più grave, qualcuno meno . . .

 


dal sito www.saladellamemoriaheysel.it

Io me ne stavo lì, con la bimba da accudire e pensavo a tutte quelle persone, alle loro mamme, alle loro famiglie . . . solo col passare dei giorni qualcosa in più si seppe da Tv e giornali . . . si seppe che l'innesco dell'incendio fu causato dai fumogeni, si snociolarono i nomi dei feriti . . . mia sorella e l'Udmv raccolsero notizie dai racconti di chi allo stadio c'era stato, ci raccontarono qualcosa in più sui feriti, perchè a leggere i nomi sul giornale, non ci dicevano niente . . . le frasi iniziavano sempre così: "Ti ricordi quel mio amico . . .?" oppure: "Hai presente il cugino di quel tale . . .?"  e ancora: "Mamma, il mio compagnodi scuola . . . ".  La Città sulla Costa, 30 anni fa era ancora una città dove ci si conosceva un po' tutti e tra scuola e lavoro, potevi conoscere bene almeno uno che era imparentato con uno dei feriti (anche perchè di feriti ce ne furono ben 60) . . . Purtroppo di questi 60 feriti, due ragazze non ce la fecero, troppo ustionate, morirono nel giro di qualche giorno. Gli altri, riuscirono a salvarsi, dopo perpezie in vari ospedali, ma rimasero segnati per tutta la vita!
 


  Maria Teresa Napoleoni                       Carla Bisirri  
  (27 febbraio 1958-13 giugno 1981)         (30 aprile 1960-17 giugno 1981)

 

Passarono pochi anni e le prime volte che accompagnavamo la nonna a "trovare il nonno", nella parte nuova del Cimitero, passavamo davanti a una cappellina, con una sola tomba. la cappellina era sempre piena di fiori. I bambini si sa, sono curiosi e io ne dovevo tenere buoni 3, un po' di curiosità l'avevo anch'io, andammo a vedere, e scoprimmo la tomba di Maria Teresa Napoleoni  e raccontammo tutta la storia . . . da allora, non si salgono le scale che portano al nonno se non si fa una sosta davanti a questa tomba, per un pensiero, una preghiera . . . l'altra ragazza, non sappiamo dove è sepolta, ma un pensiero va sempre anche a lei. 
 


Una bella immagine dello stadio F.lli Ballarin,
che adesso ospita la Croce Verde e i Carri del Carnevale, 
che ha visto le partite della squadra di Rugby e che presto sarà smantellato 

Vi lascio alcuni link, se vi viene la curiosità di saperne di più . . . Qui trovate i ricordi di  un calciatore della squadra . . . Qui invece, c'è tutto . . . articoli di giornali, foto, video  . . . qui il video che è stato montato l'anno scorso per ricordare!

La bambola sul polso

Questo è post “spin off”  . . . nel senso che deriva dal post di LucyettaLa bambola sul letto e non si parla di roba da sexy shop, si parla di quelle bambole di un tempo, che erano, in grande, come quella nella foto qui sotto. Forse qualcuno di voi, da piccolo le ha pure viste, o sul comò o in mezzo ai cuscini di un “lettone” ben rifatto.
 


questa è una bomboniera, quella di cui parla Lucy è molto più grande, 
ma lo stile è quello, testa, mani e piedi di "bisquit" e tutto il vestiario molto curato

 

Parlando di bambole, e di regali, mi sono ricordata di una cosa che avevo nella scatola dei ricordi . . . una bambola/borsetta o una borsetta-bambola, di mia mamma, uno tra i primi regali che aveva ricevuto da mio padre. La storia  del come e perché di quel regalo mi era ignota. Così, per rispondere alla curiosità di Lucyetta e alla mia,  ho girato le domande a mio padre 
  


 Un primo piano della bambolina/borsetta, che secondo noi è vestita da "peruviana"

 

. . . ecco quello che mi ha raccontato:
"Mancavano 10 giorni al Natale del 1952, ero al Aeroporto Militare del 6° stormo caccia (Ghedi – BS), c'era una nebbia fitta e gli aerei (degli aerei americani) erano fermi in "linea di volo", cioè, fermi in attesa di una schiarita . . .  io e il mio amico Dante, eravamo "capi aereo" (i sottufficiali che avevano in affidamento un aereo da tenere pronto per il volo) ingannavamo il tempo giocando a poker con due altri parigrado . . . Sulla porta del Circolo sottufficiali si affaccia il Maresciallo Maggiore L***, capo linea di volo (il nostro superiore) "P***** . . .  R*****!!! Di servizio!!!" ("Fregatura in arrivo" è il commento del Dante, seguito da smoccolamenti vari) ci tocca caricare la Jeep con attrezzatura varia e si parte per l'Idroscalo di Desenzano del Garda per far partire un aereo in missione di addestramento.
La nebbia si tagliava col coltello, l'autista un giovane scavezzacollo, il Tenente "puzzetta sotto il naso" che "rompeva" al nostro aviere . . . "Vai piano! . . . Attento lì! . . . Attento là! . . .!", noi due, dietro, incavolati per via della trasferta che ci "fregava" la libera uscita del sabato pomeriggio.
Arrivati a Desenzano, un sole primaverile, un panorama da favola, il lago era stupendo e sembrava di essere in primavera invece che a dicembre.



Tutti per uno, uno per tutti . . . Aldo, Dante e mio padre, dalla "scuola" di Caserta
sempre insieme, anche dopo che è finita la ferma!

 

L'Idroscalo era una base per Idrovolanti siluranti, scuola aeronautica di guerra per piloti siluranti. L'aereo è presto allestito e decolla per un'esercitazione presso l'Idroscalo di Taranto . . . tempo previsto per il rientro, tra le 16 e 17. Fino a quell'ora, siamo liberi . . .  dopo il pranzo, il Tenenete, l'aviere e noi due passeggiamo per Desenzano, soliti discorsi, battute, prese in giro e risate da bighelloni sfaccendati di poco più di 20 anni, poi, una sfida (scaturita dalle vanterie di quell'antipatico Tenente, che si riteneva il genio del biliardo), io e Dante accettiamo la sfida (eravamo allenati e anche noi appassionai della stecca), gioco forza, il Tenente fece squadra con l'aviere autista, un ragazzo che al biliardo non era un granché.
Trovato un bar con sala biliardo, si decide che la posta in gioco sarebbe stato (a discrezione del vincitore) uno degli articoli in esposizione: Panettoni, articoli da regalo, bottiglie di liquore, bigiotteria varia. Durata della sfida, 3 partite.

 

sotto, si vede la cerniera dove si apriva la borsetta. che è
tutta la parte nera (tutta la bambola è di pannolenci)

Il risultato fu a nostro favore (per pochi punti di spareggio), la prima vinta da loro, la seconda da noi (Dante fu magnifico, calma e gesso), la terza fu uno scontro epico, con soli 6 punti (un filotto), Dante in gran forma si aggiudicò la vittoria, gran bevuta, e poi, la scelta dei regali in esposizione.
Il Tenente si appellò al nostro buon cuore, temeva una bancarotta monetaria. Cominciammo la rassegna e Dante scelse per sé una bottiglia di grappa. Io, l'unico con la "Morosa", mi puntai con la bambola, mi aveva affascianto, per di più, era di moda in quel periodo. . .
Si accese una discussione tremenda fra me e il Tenente perchè io la volevo, imbottita di Baci Perugina (come  andava preparata) inclusi, nel prezzo che, secondo me, doveva pagare il Tenente. Lui, non accettava di pagare i Baci, in quanto l'accordo era di un solo regalo, mentre, la bambola (che comunque era da riempire di cioccolatino o caramelle) con i Baci, diventano 2 regali.

 



La bambolina "appesa", il laccio si metteva al polso . . . 
c'erano anche le mani, due "muffole" di pannolenci rosa,
attaccate con un fil di ferro leggero alle braccia . . .

 

Mi andò male, in questo caso fui sconfitto 3 a 1, perché, come "vermi traditori", sia l'amico Dante che l'aviere autista, si schierarono col Tenente . . . così, il Tenente pagò la bambolina e io i Baci che ci entrarono.
Rientrammo in Aeroporto alla sera e il giorno dopo portai il regalo ben confezionato a tua madre.
Fu molto gradito e il parentado, il giorno di Natale lo ammirò moltissimo, ma io non ebbi il coraggio di raccontare come era andata la storia, e tua madre non l'ha mai saputo!"

 


Mia madre e mio padre (che ancora non si conoscevano) a fine anni '40 o inizio anni '50

 

Nota Bene . . . Aiutatemi! L'ho buttata giù di corsa, leggendo gli appunti presi, se qualche Prof passa di qua e trova che le virgole non vanno bene e che i verbi non concordano, me lo dica, in privato, che correggo subito! Grazie!

Il mio personale "giorno della memoria"!

Riordinando in una scatola piena di “carte”, qualcuna da buttare, qualcuna da tenere, ho ritrovato le fotocopie di alcune lettere che il mio nonno paterno scrisse, durante la 2° Guerra Mondiale, dal fronte del Don . . . sono ricordi dolorosi, ricordi di famiglia, ve ne lascio una.
Una tra le ultime arrivate, scritta al figlio maggiore, un figlio che aveva 16 anni.

2 Ottobre 1942 – XX  PM88


Caro figlio,

con tanto piacere ricevetti la tua lettera, ogni tanto ti ricordi vero? Basta che tu metta anche a nome di tuo fratello Lino i vostri saluti quando scrive la mamma.
Sento che ti sei iscritto alla scuola, benone, anzi bravo! Vedrai che se darai ascolto ai tuoi genitori ti troverai molto contento più tardi, capito?
Cerca di sacrificarti la sera, e non star su a sentire solo la Radio, insisti, cerca di riuscire, sai il tuo Osso Duro qual’è, dunque parti con quel principio, cioè rimani nel tuo intento, capito? Facendo ciò non solo nel tuo interesse, ma farai felice la mamma tua, per prima, poi contento e orgoglioso anche tuo padre, che tu sai ora si trova via cioè sul Don, ma non posso dirti di più, tu lo sai vero Ivan

Dunque, cerca di fare il buono, ubbidisci la mamma e questo non lo dubito, vero? Poi ora hai un’altra sorellina dunque la mamma avrà più ancora da fare. Sento anche che hai cambiato lampadine, bravo! Guarda però a non cadere dalla scala perché non sei assicurato, oltre alla disgrazia! Chiama (cognome) che ti aiuterà, per dipingerle in blu per l’oscuramento.

I conigli? Ammazzali come avevo già detto alla mamma, così meno da fare e mangerete bene, Ora c’è la tua sorellina Adele (Adelaide) di guardare, cioè aiutando la mamma più che puoi!
Ricordati che vi sarà anche la legna da preparare per quest’inverno cerca di vedere (cognome) il custode e chiedile (chiedigli) per il carbone dell’Istituto, che non vada mica perso.

La bicicletta cerca delle assicelle per mettere sotto le ruote e tienile gonfie, se no ti si rovinano.
Ti raccomando tieni la cantina chiusa, ricorda alla mamma di chiamare il (Cognome) se c’è bisogno per la luce.

Ora ti saluto tanto, con la speranza di avere presto tue nuove ti bacia tuo papà. Un bacio a
Linetto  come a Pina  e due a Adele, che la vedrò in fotografia di’ alla mamma di scrivere per via aerea.
Cara Elvira,

un saluto anche a te come vedi sto benone al presente, comincia a fare freschino. A toccare il ferro  alla notte è freddissimo! Si comincia a soffiare sulle dita. Ciao baci tanti scrivi presto metti cartine per sigarette.

Beppino

  (le parole tra parentesi e in blu, logicamente le ho aggiunte io . . . ho cercato di lasciare il testo il più aderente possibile a come era scritto, sulla lettera ci sono macchie, correzioni . . . e un sacco di ammonimenti stampati, del tipo: “Militari! Non riferite mai, a voce o per iscritto, notizie che riguardino il vostro servizio. Tacete con tutti; anche con i vostri cari!” .
  

Qualche mese dopo, mio nonno fu dato per disperso all’inizio del 1943 . . . qualche anno dopo (maggio 1997) “a seguito dei mutamenti politici avvenuti nell’Europa dell’Est ”  il Ministero della Difesa ci comunicò che, “dai riscontri effettuati nella documentazione (…) è emerso che”   mio nonno era “stato catturato dalle FF. AA. Russe, internato nel campo n° xx TEMNIKOV ove è deceduto il 19.02.1943“.

Quando mio nonno è stato dato per disperso, Ivan aveva circa 16 anni; Lino 12; la Pina 8 e l’ Adelaide pochi mesi.

Dopo pochi mesi morì anche mia nonna.

Ho scritto un pezzo di storia familiare, molto dolorosa . . . ecco perchè leggere “Il cavallo rosso” e l’altro libro: “I più non ritornano” mi ha cosi sconvolto!
 

2 Novembre . . . "andiamo a trovari i morti"

Non sarà un post in ricordo dei morti.
Non si parlerà dei morti di casa,  la lista sarebbe troppo lunga.

Sarà un post sui vivi, sui vivi che vanno al Cimitero il giorno dei morti!  O il giorno prima!

 
Il Cimitero, qui, nella Città sulla Costa ha l’entrata in via Conquiste (da qui, la frase simbolo di mia Suocera: “Mi riposerò quando sarò su, in via Conquiste”) e affaccia sul mare, dalla parte opposta all'entrata principale, che non è l’uscita c’è via Gemito . . . che io, per tutti questi anni ho pensato si riferisse al gemito dei parenti dei cari estinti, e invece scopro (grazie Google) essere il cognome di un tale
Vincenzo  scultore e orafo . . . avrei  dovuto pensarci, essendoci lì intorno anche via Canova, via Cellini, via Bernini . . . ma non divaghiamo, lungo il lato più lungo del Cimitero, c’è via dei Fenici (spero si riferisca al popolo antico, non ho mai indagato!), una via in salita, a guardarla da sotto; in forte pendenza a farla partendo da su in cima, per scendere verso l’auto lasciata al parcheggio in fondo, in via Conquiste, specialmente se avete sottobraccio la Suocera, o se, come me, avete le ginocchia di un calciatore con le ginocchia rovinate.
Se lo cercate,
qui,
potete vederne la planimetria. È un Cimitero che, causa mancanza di spazio si sviluppa in altezza . . . è sul fianco di una collina, per cui, presenta almeno 7 dislivelli, più o meno accentuati, tutti collegati tra loro da scale, scalette, scivoli, archi . . . c’è una parte vecchia, una nuova e una moderna . . . in ultimo c’è quella “da finire”. Sulla cartina di Google, è quella parte di terra, grosso modo un triangolo, che costeggia l’Autostrada, la “parte da finire” è un cantiere aperto, al piano terra, è finito solo all’interno, e ci sono sepolti i morti degli ultimissimi anni, compreso lo zio di mio marito, ecco perché l’ho visitato . . .
 
Ma, andiamo per ordine . . . una volta all'anno c'è questo giorno: "Commemorazione dei defunti" e chi per affetto, chi per superstizione, chi per abitudine, si va al Cimitero, si va a trovare i morti . . . è una specie di Pasquetta dell'autunno, invece della gita fuori porta, una gita al Cimitero . . . un salto nella memoria storica della famiglia, della città, un modo per tener vivo il ricordo. Qui, nella Città sulla Costa, la cosa è così sentita che in molte ditte è considerata mezza festa, o non si lavora per niente, o si lavora solo mezza giornata.

fine prima parte

Scomparsa, no . . . uccisa dallo zio.


 

Ieri sera, tardi, sento alla Tv, mentre mi preparo al sonno notturno, che hanno ritrovato (o stanno per ritrovare) il corpo della ragazza scomparsa in Puglia, Sarah. Dicono anche che il colpevole, reo confesso, è lo zio. Lo stesso zio che qualche giorno fa ha “ritrovato” il cellulare della ragazza. 

Mi spiace tanto per quella ragazza, donna in boccio, spezzata da una mano brutale.

Una ragazza in un'età in cui ci si sente grandi e si è ancora piccole. Una ragazza la cui vita è stata "messa in piazza", su cui sono state fatte mille congetture, di cui si sono analizzati i link su fb, le frasi sul diario, i sogni, le speranze, le amicizie. Senza mai tener conto che a tutte le età  ci sono pensieri privati, molto privati. 

Il mio pensiero torna a quei primi giorni di questa storia, quando per un momento ho ricordato un caso di scomparsa di ben 3 bambine, nel lontano 1971 a Santa Ninfa, in Sicilia. Anche in quel caso, era stato lo zio che, tra l’altro aveva partecipato alle ricerche.
È uno dei primi casi di “cronaca nera” che ho  seguito con una certa curiosità, io . . . che avevo ben 4 zii che mi volevano (e mi vogliono) bene, più gli amici di famiglia, che io chiamavo zii e che tuttora mi trattano più da nipotina che da donna adulta . . . non capivo come fosse possibile che il mostro, l’orco,  potesse trovarsi proprio in famiglia, tra le persone che ti dovrebbero proteggere prima di ogni altro dai pericoli.

Poi, penso a quel altro caso, quella ragazza scomparsa nella mia regione, dall’inizio di giugno, anche lei quindicenne . . . che fine avrà fatto? La staranno ancora cercando? L’hanno trovata?E penso anche a tante altre, che spariscono dai loro paesi e si ritrovano qui in Italia come “schiave. A tutti i casi di morti violente di ragazzine da parte di familiari o amici di famiglia, mi chiedo: “sono uomini o bestie!”

Ogni anno vengono denunciate un numero elevato di scomparse di minori, che poi (come è detto nel sito a cui ho fatto il link), per fortuna una buona parte di queste scomparse, sono o una fuga adolescenziale o un “rapimento” da parte di genitori in disaccordo fra loro.
Sempre cose che mettono ansia, ma meno gravi di quel 20% che resta irrisolto. Auguro alle Forze dell’Ordine un buon lavoro per fare che anche quel 20% venga azzerato. Si sente spesso, nelle interviste ai famigliari di qualche “scomparso”  più “famoso”, che la voglia di sapere cosa è successo, che fine ha fatto la/il propria/o familiare, non si perde mai, malgrado gli anni che passano.

 

Case e Balconi / 1

La casa dove sono nata, la prima casa della mia famiglia, si trova tra due strade, un terreno che, finisce a punta, come un triangolo! Sta in collina, tra la Città Bassa e la Città Alta, appena fuori dalla galleria  che c’è vicino alla funicolare . . . di questa casa non ho memoria, tranne per quello che si vede dalla strada, un triangolo di giardino, con una ringhiera che da’ sulla strada, era un piccolo appartamento, questo lo so, perché me l’hanno sempre detto.

L’altra casa della mia infanzia, quella della città bassa, proprio a due passi dalla chiesa, (la seconda casa che abbiamo abitato, dove è nato mio fratello) la ricordo di più e anche se adesso è stata modificata, ve la potrei indicare tranquillamente È una costruzione a L con un cortile, che si apre verso la strada con un grande cancello, e un cancellino.
Il lato lungo è perpendicolare alla strada, l’angolo che da le spalle alla prima casa della via e il lato corto, in fondo al cortile, parallelo alla strada, che nasconde un pezzetto di verde! Guardando giù da una finestra, forse della camera da letto,  ricordo che una volta, abbiamo osservato il lento camminare di una tartaruga in mezzo all’erba.

La casa aveva due piani, più una grande terrazza sopra a tutto, sulla quale affacciava un piccolo alloggio. Si saliva ai vari piani per mezzo di una scala incassata fra due muri, sulla prima rampa c’era un gradino con una fessura, che faceva prendere aria ad un sottoscala e da dove, mani di bambine poco più grandi di me, mi toccavano i piedini spaventandomi, fino a quando qualcuno, non mi ci ha portato per rifare lo scherzo a colei che lo aveva inventato . . . Si racconta che spingendo mio fratello sul triciclo, lo abbia fatto precipitare da questa scala, al massimo avevo 3 anni, per cui, quanto sia stata casualità e quanto intenzione, io non so!

Al primo piano c’era un balcone, su cui affacciavano almeno 2 appartamenti, il nostro e quello della Signora Effa (seppi solo molti anni dopo che il suo nome era Genoveffa) e sopra ancora, la grande terrazza, che io ricordo con uno sventolio di lenzuola bianche, ricordo me stessa e mio fratello correre tra queste stoffe appese, e una signora vecchia, che ci richiama verso casa sua (il piccolo alloggio di cui parlavo all’inizio), per darci qualche dolcetto.

L’appartamento, vero e proprio, non lo ricordo bene, ma so che in camera, c’era il lettone e il mio lettino dalla parte del papà, che mi teneva la mano quando mi addormentavo, mentre mio fratello, più piccolo, stava nella culla dalla parte della mamma.
Poi, ricordo la cucina  (mi pare, ci fosse un gradino), non  era tanto grande, più lunga che larga, con il tavolo e le sedie addossati a uno dei lati lunghi, quasi di fronte alla cucina economica, a legna, con i suoi anelli, il forno dove si cuocevano le torte e le mele, che profumavano tutta la casa, il bollitore dell’acqua, sempre calda e le stecche, attaccate alla canna fumaria, che d’inverno servivano ad asciugare le cose più piccole . . . e poi dicono la modernità, si recuperava tutta l’energia, per cucinare, per scaldare e per asciugare i panni!


Questa vi da l’idea, sull’angolo in altro a destra,
dove c’è lo straccio, partiva il tubo di scarico dei fumi

Eravamo a due passi dalla Chiesa parrocchiale a qualche centinaio di metri dalla casa dei nonni (e, allora, di molti dei parenti della famiglia materna) e da dove abitavano le famiglie dei fratelli di mio padre!

Una telefonata basta a renderti gioiosa la giornata!


Verso le 11 di stamattina, ho ricevuto una telefonata, era una mia amica dell'infanzia, con la quale abbiamo mantenuto un buon rapporto, anche a distanza, anche se ci sentiamo solo un paio di volte al'anno!

Ha sempre fatto parte della mia vita, partendo dall'asilo, fino alla fine della prima media, si può dire che ci vedevamo ogni giorno!  Compagne di classe, compagne al catechismo, compagne all'oratorio, compagne nelle recite o nel saggio finale, compagne di giochi (in strada o in una delle nostre case). E, nel mese di maggio, prima alla recita del Rosario e poi, finchè non ci venivano a recuperare, a cercare lucciole, a giocare a nascondino con gli altri bambini e ragazzi della via! 

Dunque, oggi mi telefona e mi dice che essendo da queste parti, proveniente da Sud e diretta a Nord, ha voglia di vedermi e di venirmi a trovare . . . le do l'indirizzo (per il navigatore) e mi guardo in torno . . . casa in disordine, pazienza!

Quando sono ormai vicinissimi, mi richiama per le ultime spiegazioni (i navigatori, si sa, hanno il brutto vizio di segnalarti percorsi strani) e io, esco sulla strada per farmi vedere!

Baci, abbracci con lei e suo figlio, la prima cosa che mi dice: "più passa il tempo e più somigli a tua madre!" . . . offro giusto un bicchiere di acqua, si parla dei parenti, perchè, lei conosce i miei e io conosco i suoi! Si parla di figli, di lavoro, dei nostri ricordi! Insomma un' oretta di chiacchiere e proprio mentre vanno via, arriva l'Udmv, con la FigliaGrande e il PiccoloLord!

Mentre l'aspettavo, un mare di ricordi mi sommergeva. Era da quattro anni che non la vedevo (ultima volta, l'improvvisata gliel'ho fatta io!), ma era come se ci fossimo appena lasciate! Insomma, ne avrei da scrivere . . . cose di "quando ero piccola io"

 

1° Maggio, a casa mia è festa di famiglia

Per tanti anni, non mi interessava perchè tutti facessero festa, il 1° maggio, a casa mia si festeggiava l'anniversario della famiglia e quello mi bastava . . . era infatti il 1° maggio la data scelta (per motivi di lavoro e di invitati) dai miei genitori per sposarsi.
Nelle foto, si vede lei, con un abito di pizzo e un acconciatura che girano tutt'ora per casa, che le nipoti guardano con sguardo adorante, che scende la scala di casa sua al braccio di mio nonno.  Mentre lui, con una faccia da ragazzo, molto emozionato, le porge un mazzo di mughetti.

 


i mughettti sbocciati in un gran vaso, fuori casa

I miei genitori, si erano scambiati le prime parole (se era successo anche prima, non ne avevano conservato memoria), intorno ai 16 anni, nel retro di un palco per le recite all’Orfanotrofio della Città di lassù. Mia madre, con le amiche dell’Oratorio e con l’aiuto delle suore, avevano preparato una recita: “ La figlia del Rajà”, lei, mi piace dirlo, aveva la parte principale . . . mio padre, che recitava anche lui, con il gruppo dell’Orfanotrofio (era orfano di guerra), era lì in veste di addetto alla biglietteria, e alla vendita di bibite e dolciumi . . . alla fine della rappresentazione, corse dietro il palco, la avvicinò e le disse “ Signorina, lo sa che è molto brava! Recita benissimo!” 
 
L’unica che aveva ricevuto un complimento, ma lei tirò dritto, la sua amica le sussurrò: “Hai sentito, ti ha fatto un complimento!” e lei :”Sì, ma chi è quello lì, che cosa vuole!” .
Si incontrarono altre volte, in altre recite, ma non si registrano altri discorsi importanti, è carino ricordare quel proverbio: “Chi disprezza, compra!” .
 
Passarono gli anni, ma, benchè mio padre, dopo i 21 anni,  fosse uscito dall’orfanotrofio e fosse andato a vivere con sua nonna, non si frequentarono, quartieri diversi, giri diversi, amicizie diverse! 

Si rincontrarono presso una fontanella, di quelle che una volta era frequente incontrare ai crocicchi delle vie e da lì, percorsero una lunga strada insieme! 
 


I due, fidanzati, a spasso sul "Sentierone"

 
Quando mia madre, presentò in casa mio padre, (che non voleva andarci, forse non si sentiva ancora pronto?) la zia C***a, lo apostrofò brusca: “Giovanotto, spero che lei abbia intenzioni serie, altrimenti, quella è la porta! Questa è una brava ragazza!”  Non so come la prese mia nonna, la madre di mia madre . . . ma, per quello che ricordo tra mio padre e mia nonna i rapporti era buoni, lui la prendeva bonariamente in giro, lei, bonariamente lo tiranneggiava! (come faceva con tutti, d’altra parte . . . era una donna volitiva e qualche volta, la spuntava!)
 
Quando decisero di frequentarsi, mio padre, era militare . . . un bel aviere, di stanza all’aeroporto di Ghedi (Bs). Tornava a casa, come usava allora, in divisa . . . e quando riaccompagnava a casa mia madre, le lingue maligne del quartiere, si mettevano in moto! Sono sicura che nella famiglia di mia madre, a nessuno interessasse, ma è un dato di fatto che a lei, ragazza tutta casa, chiesa e lavoro, gli amici, i conoscenti, qualche allusione, qualche parolina malevola, è stata detta! So anche, che a tutti ha saputo rispondere a tono!
 
Se dal lato materno, le cose erano andate bene . . . quando mio padre decise di far conoscere la sua “morosa” a sua nonna, questa era già avanti con l’età e la cosa più logica era portare la ragazza a trovare la vecchia signora . . . mio padre, disse a sua nonna: “Domani ti porto la ragazza che mi piace, così la conosci!” e la nonna: “Come, la porti qui? . . . una ragazza che va in casa del “moroso” . . . cosa tocca vedere!”
 
E quando un’altra volta, lui una sera, ha preso la giacca per uscire, la nonna R**a gli ha chiesto: “Dove vai?” e alla risposta: “Vado a trovare la morosa!”, lei ha risposto, quasi scandalizzata: “A trovare la morosa? Oggi non è  giovedì e neanche sabato! Voi giovani, che usanze . . . alla mia epoca, queste cose non si facevano!”
Chissà cosa avrà scritto poi, a sua figlia, la suora, a  Roma.

NB: i due  interventi in viola, sono di mio padre!

Nonnite: i miei nonni . . . una storia che viene da lontano!

Vi ricorderete, spero, quella ragazza che ha contattato un gruppo di nonni, su Facebook, per la sua tesi, ebbene, la tesi è stata scritta, presentata e approvata, la ragazza è diventata Dottoressa "Educatore Professionale". ho ripreso le risposte al suo questionario, nella parte dove si chiedeva dei nostri nonni e ho pensato che a qualcuno che mi legge, può far piacere quello che ho scritto sui miei nonni.

Parlare dei mie nonni materni e della mia infanzia è un tutt’uno . . . da che mi ricordo io, sono stati sempre molto presenti, specialmente dai miei 4 ai miei 7 anni, ho vissuto, con mio fratello e i nostri genitori, in casa loro e ancora dopo, dai 7 ai 9, noi andavamo da mia nonna per il pranzo dove trovavamo i nostri genitori e stavamo lì tutto il pomeriggio in attesa del ritorno di mia madre . . . mia nonna aveva 42 anni più di me, mio nonno 50. In quegli anni, mia madre lavorava fuori casa dalle 6 del mattino alle 6 di sera, qualche volta tornava a pranzo, qualche volta no. Qualche volta, a pranzo noi restavamo a scuola. Poi c’erano le vacanze estive, sempre con i nonni, in città o in montagna. Solo un'anno siamo stati mandati in "colonia", dove io, scivolando su un prato, sono riuscita a rompermi il polso, e chi pensate che è corsa, con mio zio come autista, a rendermi sù in montagna, per portarmi all'Ospedale??? Mia nonna naturalmente. In quell'epoca, le mamme lavoratrici non avevano tanti diritti. Poi, è nata mia sorella e mia madre è rimasta a casa dal lavoro e noi abbiamo continuato a veder ei nonni, ma ormai, c'era la mamma . . . anzi, mi raccontavano che nella mia insensibilità di bambina di 8 anni alla domanda di mia nonna: "ma tu non mi vuoi più bene? Non vuoi più stare con me?" io abbia risposto: "Ti voglio bene perchè sei la mia nonna e ti vorrò sempre bene, ma lei è la mamma e la mamma è la mamma!".
Mia nonna, non ricordo un solo momento importante della mia vita senza di lei, fino all’inizio della mia terza gravidanza, quando è stata a casa mia da giugno fino a ottobre, per aiutarmi, io, con il vomito continuo, e due bambini piccoli, di cui una da portare all’asilo per la prima volta! Poi, le hanno diagnosticato un tumore ai polmoni e non ho fatto in tempo a farle conoscere l'ultima nata.  

Era una nonna diversa dalle nonne dei mie amici, lei era  alta, bella, spiritosa, cantava le canzoni della sua epoca, come “Marameo perché sei morto” “Vipera”, e, la malefica “Mamma! Mormora la piccina . . .” (che mi faceva piangere come una fontana) con quella vocina alla "trio Lescano". Ci faceva ballare, mentre faceva i mestieri . . . ci sgridava se non facevamo i bravi . . . e se scendevamo a giocare in strada ci diceva “solo fin dove vedete la casa, solo fin dove mi sentite, se io non vi vedo dalla finestra, o non mi rispondete, non uscite più a giocare!”.

Quando c’erano in casa gli uomini . . . cambiava, diventava una nonna nervosa, ci faceva stare zitti, non dovevamo disturbare . . . il nonno, gli zii e mio padre, volevano vedere il Telegiornale e poi lo commentavano . . . discutendo fra loro! Per fortuna dopo c’era Carosello, tutto per noi!
Aveva un difetto, ai miei occhi: le piaceva cucire, e avendo l'estro creativo, comprava scampoli e poi, visto che non esistevano i cartamodelli già preparati, mi metteva in piedi su uno sgabello e con gli spilli in bocca, mi "costruiva" il vestito addosso, io dovevo stare ferma o girare lentamente, e ogni tanto mi "spinava". Aveva la mania di cucirmi, per l'inverno, degli "scamiciati" spesso con le tasche . . . mentre io sognavo di poter mettere gonna e camicetta, una bella gonna scozzese, con la spillona come usava . . . ma lei niente, una maglietta sotto e uno scamiciato, così, dicevano, stavo più comoda! Mi ricordo che intorno ai 14 anni, volevo l'Eskimo, come era di moda e lei, mi cucì un caldo Montgomery con la stoffa di un cappotto da uomo di cammello, aveva gli alamari e il cappuccio, ma a me non è mai piaciuto.

Mio nonno era un bel po’ brontolone, poi, però si nascondeva in tasca, ma in modo che spuntassero fuori o metteva sulla pelata le caramelle che vinceva al bar, giocando a carte e rifiutando il bicchiere di vino che era la “posta”. era grande, alto e imponente e ci portava in groppa su le spalle, e io, appollaiata lassù con le mani strette intorno alla sua testa calva, guardavo giù e mi pareva di essere in cima al mondo. . . ricordo la sua pelata, con una striscia di due dita di capelli tutto intorno e lui che diceva: “devo andare dal barbiere!” e io e mio fratello che ridevamo. Lui che mi raccontava di sera le storie del “Giovannino senza paura”, nel lettone e io, che mi addormentavo grattandogli la pelata. (sarà per quello che ho sposato l'Uomodellamiavita?) Ci portava a casa, chissà dove li trovava e forse è successo solo una volta, libri di scuola vecchi, pieni di figure bellissime. Un’altra volta, cartoni belli pesanti e cassette della frutta e bancali con i quali poi, ci costruì una capanna. Era un bravo cuoco, e a volte veniva a casa nostra a preparare (perché mia nonna era fissata con la casa pulita e non le piaceva cucinare e tutto il disordine), magari era ora di merenda e lui preparava frittelle dolci, verdura fritta . . . poi, ricordo i suoi ravioli piemontesi, che allora si contavano a dozzine. Mi spiace sempre, quando penso ai miei fratelli e i miei cugini che di lui hanno solo il ricordo di un nonno brontolone!

Gli altri due nonni, quelli paterni, sono morti durante la guerra. Di loro mi sono rimaste solo poche foto da guardare, qualche fotocopia di alcune lettere che mio nonno mandò dal fronte russo e i racconti che mi hanno fatto i miei genitori, so che, secondo mio padre, mia nonna e mia mamma avevano un carattere simile, sarebbero andate d'accordo; so, dai racconti di mia madre che mia nonna era una pellicciaia di grande valore, mia madre lo sa, perchè per un periodo le due nonne hanno lavorato nello stesso laboratorio di pellicceria.
 


So che mio nonno era un bell'uomo e aveva preso una delle prime patenti della città, faceva il carrozziere e da militare guidava un'autoblindo. So che mia nonna era una bella mora, innamorata pazza del suo Bepi, che ha avuto 4 figli e che quando ha saputo che mio nonno era disperso in Russia, aveva avuto da poco l'ultima bambina, tra la malinconia, l'allattamento e la carenza di cibo dovuto alla guerra,  . . . quando le è arrivata addosso una polmonite e la pennicillina non c'era, era così debole che è morta.

Se vi siete persi i primi post della serie sui nonni di adesso e di allora . . . niente paura, li trovate qua, e poi qua e ancora qua!                                                  

Oggi, Santa Geltrude Comensoli . . . ricordo la zia Gianna

Santa Geltrude Comensoli

Bienno, Brescia, 18 gennaio 1847 – Bergamo, 18 febbraio 1903

 Nata a Bienno, in provincia di Brescia, il 18 gennaio 1847 Caterina Comensoli vive un’infanzia serena, salta, gioca e frequenta la scuola elementare del paese nativo. In famiglia sono nati dieci figli dei quali sopravvivono solo tre femmine: Bartolomea !840, Cristina 1845 e Caterina 1847. Nasce da papà Carlo “fucinaro” e da mamma Anna Maria Milesi sarta. Rivela fin da bambina la sua sensibilità eucaristica, ricevendo la prima Comunione a solo sei anni. Nel 1867 entra nella Compagnia di Sant’Angela Merici. Nasce in lei l’idea di dar vita ad un Istituto di Adoratrici attente ai bisogni educativi della società del suo tempo. A Bergamo con il sacerdote, don Francesco Spinelli, il 15 dicembre 1882, fonda l’Istituto delle Suore Adoratrici del SS.mo Sacramento prendendo il nome di Suor Geltrude, ma nel 1889 un dissesto finanziario causa la separazione dei due Fondatori. Madre Geltrude con le 73 suore rimaste con lei continua la vita dell’Istituto Suore Sacramentine di Bergamo. Dal primo nucleo di Bergamo l’Istituto si espande in tutta Italia e in terre di missione. Madre Geltrude muore il 18 febbraio 1903. Viene proclamata beata da Giovanni Paolo II l’1 ottobre 1989.
E’ stata proclamata Santa da Papa Benedetto XVI il 26 aprile 2009.

“Gesù amarti e farti amare” è stato il Leit Motiv di tutta la vita della Beata Geltrude e l’Eredità Spirituale lasciata a tutte le Suore Sacramentine nel mondo.   

(Santi e Beati)

 

Quando ero piccola io, si andava in Casa Madre, in via Sant’Antonino, per incontrare la Zia Gianna, Suora Sacramentina, che era Superiora in un convento di Roma, e arrivava a Bergamo, una o due volte l’anno, per gli “Esercizi spirituali”. 

La Casa Madre, nei miei ricordi, è un posto di sogno, porte grandi, alte, di legno lucido, bei giardini, all’italiana,  la “Cappella dell’Adorazione” con le suore, bianco vestite intorno all’altare per la’ “Adorazione Perpetua”, con la celebrazione piena di canti in latino e di incenso a profusione . . . e, la cosa più importante, la stanza delle medagliette, dove, ogni volta la zia Gianna, ci portava, solo noi pronipoti, per scegliere una immaginetta, una medaglietta . . .

Poi, per comodità, la casa degli esercizi spirituali, fu trasferita a Colognola, fuori Bergamo, una struttura grande, nuova . . ., ma non aveva l’atmosfera della Casa Madre! La zia Gianna, fu trasferita a Brescia, e le visite si fecero più ravvicinate, più comode! Anche la casa di Brescia aveva un’atmosfera di altri tempi (come in tutte le “case” di  suore, di una certa epoca), ma mai come la Casa Madre!

La zia Gianna, era la sorella della mia nonna paterna, la più giovane, la più birichina (parola della zia Giuseppina di Crema, con la quale, da bambine, andavano a “spigolare il grano”) . . . so che è stata cacciata, o meglio, le è stato impedito di entrare all’Oratorio per un certo periodo, perché, negli anni ’20 con una sua amica, si era fatta tagliare i capelli “alla maschietta” . . . un mezzo scandalo! Lavorava, era uno spirito allegro, vivace, altruista. Poi, a 20 anni, lascia tutto e va in convento.
Sui 30 anni era a Roma, durante la guerra, e quella mattina doveva andare per un impegno, fuori dal convento . . . si parla di possibili bombardamenti, e lei vorrebbe rimanere, ma le sua Superiora insiste, le dice di andare, gli impegni vanno rispettati . . . quando torna, il Convento non c’è più, è stato bombardato. Poi, la lunga permanenza in un convento di periferia, una periferia ostile, con lei che affronta i “capopopolo” e fa presente il bene di ragazzi e bambini e certi dissapori si stemperano.
Anche quando torna a Brescia, negli anni ’70, benché ormai avanti con gli anni, si “inventa” delle nuove attività, per incrementare le poche rendite del convento, per aiutare mamme bisognose e giovani lavoratrici che vengono dalla provincia a trovare un luogo dove passare le poche ore della “Pausa pranzo”.

La zia Gianna, è stata la madrina di battesimo di mio padre . . . e per noi bis nipoti, quasi una nonna! 

Parole e pensieri

Le parole, quelle di alcuni articoli che trovo sul Corriere della Sera, sul web!
I pensieri, i miei, perchè leggere certe notizie, risveglia certi ricordi e certe riflessioni!

Tumore non diagnosticato, muore 11enne  
    
Questa è una notizia, fresca fresca, letta qualche minuto fa . . .  la frase : " medici liquidarono la vicenda come un tentativo della paziente di attirare l’attenzione e invitarono i familiari a non essere troppo apprensivi.", mi ha fatto ricordare quando la FigliaGrande, già dall’asilo, alle elementari, poi alle medie e alle superiori, ogni tanto accusasse forti dolori "alla pancia", secondo il pediatra, poteva essere gelosia verso i fratelli, o il sugo troppo grasso della nonna. In seguito, la dottoressa, deciso che la figlia era un tipo ansioso, le prescrisse dei blandi calmanti, pensando, se la cosa continuava, di passare a degli ansiolitici . . . a 19 anni, mi chiamano dalla scuola, dicendo che l’hanno accompagnata al Pronto Soccorso, perchè aveva vomitato . . . mi fiondo al PS, e mi dice che ha vomitato sangue, al Dottore del Ps, dice che è successo altre volte . . . Morale, aveva un’ulcera di 7mm, dovuta all’ Helicobacter pylori che, mi hanno spiegato poi, i gastoenterologi, provoca gastrite (e dolori) anche in età pediatrica!

 Il culatello? «È il sedere dei bambini» 
      Lo confesso, anch’io ho sempre pensato che il salame "Felino", fosse preparato con carne di gatto . . . ma sono in buona compagnia, infatti: " un italiano su 3 pensa sia un salume veneto a base di carne di gatto. . ."  e vi dirò di più, non riesco a mangiare le "fave dei morti", anche se, ho letto bene gli ingrendienti, se un sacco di gente mi dice che sono molto buoni . . . tutta colpa di mio padre, che quando ero piccola, mi disse che si preparavano con la farina prodotta con le ossa dei morti triturati . . . e io, col cervello so che non è vero, ma non li mangio!

Per oggi, è tutto qua, ma ve ne devo raccontare ancora!

La sfida continua: La tecnologia e Fiordicactus

Mi sono accorta che sono davvero stordita, se ne saranno accorti i miei lettori?
Rimedio subito . . . per quei lettori che si divertono a leggere le mie "cronache semiserie".
Eccovi l’ultima puntata sul mio rapporto, nel tempo, con la tecnologia

 

Attualmente, per scrivere e fare i conti, sto usando Word ed Excel. Pensavo di sapere usare abbastanza bene entrambi, ma durante il Corso, ho imparato che Excel, mi permette di fare delle cose, che mai mi sarei immaginata e se di Word, non mi hanno spiegato, per filo e per segno, l’utilizzo, mi hanno insegnato  com’è il modo migliore di scrivere un “report”! In sostanza il contrario del modo in cui scrivo io: periodi brevi, poche (o nulla) frasi fra parentesi. . . niente puntini di sospensione, assolutamente nessun punto esclamativo!!! Fin’ora, litigavo solo con il “controllo ortografico” adesso, cerco di capirlo (anche se non sempre lo ascolto!) adesso, dopo che ho scritto, ricontrollo e correggo, dove possibile, lo stile.

En passant, ho imparato a “fissare” la schermata, cosa che mi permetterebbe, oggi, di farvi vedere la neve sulla spiaggia, di qualche settimana fa (che sta salvata sul mio desk top), se solo avessi capito come! Ci provo, ma qui, non mi da riscontri! Voi, vedete qualcosa?

 Il telefono di casa, negli ultimi anni, ha avuto una metamorfosi veloce, dal Sirio, siamo passati ad uno, Pansonic, ibrido, dotato anche di fax, che si è rotto qualche mese fa. Ora, abbiamo in casa un aggeggio, che, se manca la corrente, si sprogramma e sbaglia le date. Non ha il viva voce, perché non ho chiesto troppe informazioni alla commessa, dando per scontato che se è un modello più recente, avrà di sicuro tutto quello che aveva l’altro e qualcosa in più.
Inoltre, ogni un tot di telefonate, sputa fuori un foglio, con tutti i numeri chiamati. Calcolando che per fare questo, utilizza una pellicola a sublimazione termica, presumo che il “toner” finirà presto . . . ho letto e riletto il libretto d’istruzioni per eliminare quest’impostazione, ma,  . . . niente, non trovo il modo. C’è scritto sul libretto d’istruzioni che posso vedere il numero di chi chiama, ho provato e riprovato, ma è una pia illusione. Insomma più che un telefono, un rebus.

 

Ormai, anche con la musica, mi sono aggiornata, ho imparato ad ascoltare la musica dal Pc, grazie a You Tube (anche se qualcuno tra amici e parenti, quando dico che vado a cercare filmati su You tube, rimane sconvolto), ho anche un bel lettore mp4, che se ne è stato per almeno 6 mesi nella sua scatoletta, lì, sulla libreria . . . questa ve la racconto!
E’ da un bel po’ di mesi che il medico dice: “dimagrisca, cammini!” ma uscire da sola è un po’ triste, allora, un giorno di quest’estate, sentendomi particolarmente “giovane dentro”, decido di comprare un lettore mp3, il giorno dopo aver preso questa decisione fondamentale, nel supermercato dove faccio spesa, mettono in offerta un mp4, la figlia piccola, che era con me, mi dice: “Prendilo mamma, costa meno di un mp3, e se vuoi, ci puoi mettere anche i “corti” che faccio io!” Lo prendo e a casa lei, se lo studia, dovendo partire il giorno dopo, decide che è proprio la cosa che le serve. Ci carica un po’ di canzoni e parte. “E io?” le chiedo. “Compratene un altro, tanto costa poco!” risponde la befana!

Ne compro un altro e cerco di capirne il funzionamento. Il libretto d’istruzioni, essendo piccola la scatola è piccolo e illeggibile, faccio fotocopie ingrandite, ma ci capisco poco . . . abbandono l’impresa, confidando nelle spiegazioni della figlia, che, al telefono non ha  voglia, e quando torna, non ha tempo.  E’  gennaio e nasce la piccola AnnaCarolina, e io parlo alla madre della “ninna nanna del chicco di caffè”, ma non me la sento di canticchiarla in Ospedale. Torno a casa e, come si dice, la necessità aguzza l’ingegno.  Apro la scatoletta ed estraggo una marea di cose, fili, CD, laccio, e finalmente una specie di wafer, bianco e argento, con un display che tiene metà dello spazio, accendo il Pc, cerco nella cartella della figlia, e trovo il file, e provo a passarlo su questa benedetta scatoletta, e . . .BINGO, la canzone si sente, grazie all’auricolare!

Da allora, ho aggiunto molte canzoni, qualcuna l’ho trovata nella cartella della figlia, e qualcuna l’ho ricevuta per e-mail, ho dei veri amici, io non saprei come fare! Il figlio, non aiuta! Aspetto la figlia piccola? O dovrò imparare anche questo?

 

Ne ho fatta di strada, dal “magnetofono, a cui dovevi schiacciare bene i tasti fino a sentire il click, a questo “video lettore MP4” che i tasti basta sfiorarli!

 

Ps. chi è capitato qua, e non ha capito bene, ricordo che deve leggere anche:
1° Puntata
2° Puntata3° Puntata e persino la 4° Puntata

Scherzo del 1° aprile

Oggi, si sa è giorno di scherzi, ma mai mi sarei aspettata questo!

Avevo mandato alcune bobine del registratore Geloso, in un laboratorio specializzato, per farle masterizzare sul CD, e sono arrivate proprio oggi.

La curiosità, si sa, è femmina, ho aperto di corsa la scatolone, ho guardato bene i due CD, ho scelto quello dove c’era scritto "bambini" e l’ho messo nel PC, per sentirlo . . . ho ascoltato me stessa, a partire dagli 8 anni,  che recito poesie, canto canzoncine non del tutto dimenticate, chiacchiero (come sempre).

C’è la voce di mia madre che canta di una bambina che piange per la sua mamma, e mio padre, che rilancia con "oh mein papà!" . . . mio fratello, che canta "il pulcino ballerino" . . . mia sorella che si presenta, a 1 anno e mezzo, strillando.

Ho sentito me stessa in una spiegazione della geografia della Polonia e dell’URSS, con mio padre che mi corregge. . . "Varsavia è la sede del governo, Varsavia è anche la capitale, è attraversata dalla Vistola . . . ".
E poi, ancora, parenti e amici, con le voci irriconoscibili!

Insomma, ad un certo punto, ho dovuto usare il fazzoletto, mi sono talmente commossa!

Prevedo che tra un po’ quando torna l’Uomodellamiavita, avrò un altra sessione di commozione, in quella scatola, c’erano anche un sacco di bobine di filmini 8 mm, praticamente una parte della mia vita, che guarderò stasera, in Tv, perchè sono state riversate su "miniDv" .
In attesa che la figlia (quasi laureata in Regia / Sceneggiatura / Montaggio) , durante le vacanze di Pasqua, faccia un bel montaggio di tutte le 3 cassettine MiniDv, in DVD, perchè gliel’ho detto, se torna con altri programmi in testa, non le do da mangiare!