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Nipote e croissant

Metti un pomeriggio,
compiti impegnativi per PiccoloLord
mamma impegnata fuori casa
Nonna che non vuole vederlo col videogioco in mano
La promessa di qualcosa di “speciale” da fare dopo i compiti

Metti che nel giornalino del supermercato
ci sia la pagina dei bambini
con una ricetta facile
tutti gli ingredienti presenti in casa . . .

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PiccoloLord abbastanza interessato a
preparare un dolce per la cena
e si comincia . . .

1 – srotolare la pasta sfoglia
2 – coprire di zucchero al velo (noi, semolato)

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3 – tagliare a spicchi
(facile per uno che “gioca” felicemente con le frazioni e gli angoli)

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4 – sistemare alla base degli spicchi
marmellata o crema alla nocciola
(per accontentare i gusti di tutti)

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5 – arrotolare e dare la forma della mezzaluna
6 – spolverare di altro zucchero
(l’animo artistico/romantico del nipote si scatena )

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spolveriamo di cacao . . .
per distinguere i ripieni
(la nonna, non ha spirito artistico)

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7 – infiliamo in forno e facciamo cuocere a 200°
(PiccoloLord ci va cauto . . . non vuole scottarsi)

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8 – toglierli dal forno, dopo circa 30 min

Attenzione che finiscono in fretta,
tra provare la cottura, il sapore, la fragranza

La mamma, il Nonno e il NonnoPapà hanno molto gradito
PiccoloLord e la Nonna hanno messo da parte la ricetta . . . per la prossima volta

Una piccola libreria a Parigi – Venerdì del libro 11

Qualche mese fa è morto mio fratello. È stata una brutta malattia, lunga, triste e dolorosa, per lui e per noi . . . come mio solito, cerco di riprendermi pensando alla cosa con un po’ di ironia. Molto poca, perché non ci riesco. ma proprio ieri ho finito di leggere  un libro. Un libro che racconta del dolore che si prova per le persone amate e perdute.“….perché tutto è dentro di noi. E nulla scompare.” (*) 
E mi ha fatto piangere, tanto piangere, non credo sia stato solo per la storia raccontata, ma per la storia che ho vissuto io da luglio a oggi.  “Lo sai che fra la fine e il nuovo inizio, c’è un mondo di mezzo? E’ il tempo ferito, Jean Perdu. E’ una palude dove si raccolgono sogni, paure e intenzioni perdute. I passi in questo tempo si fanno più pesanti. Non sottovalutare questa stazione di passaggio fra la fine e il nuovo inizio, Jeanno. Datti tempo. A volte le soglie sono così grandi che non si possono superare con un passo solo.” (*)

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E mi ha aiutato, leggendolo, a vedere le cose da un’altra prospettiva e da accettare il dolore che ho sentito e che sento ancora, io che sono quasi diventata cinica in quei mesi. Che ho cercato di restare più distaccata possibile dal dolore che aumentava in quei mesi, per vari motivi, non ultimo il fatto che io ho in casa il più vecchio e una tra i piccoletti della famiglia . . . “Il dolore funziona così: ti accompagna fin dall’inizio. Ti sveglia. Sta tutto il giorno con te, fino alla sera, e non ti lascia dormire in pace. Ti stritola e ti scuote. Ma ti scalda anche. Prima o poi se ne va, ma non è mai per sempre. Si guarda continuamente indietro. E poi alla fine…ho capito di colpo che cosa è importante nella vita. Il dolore me l’ha rilevato: è l’amore la cosa più importante” (*)
E poi, tra le tante righe di questo libro, ho scoperto che non ho perso davvero mio fratello, perché: ” hai ragione. E ancora tutto qui. Il tempo passato insieme è intramontabile, immortale. E la vita non finisce qui. La morte nella nostra vita è solo una soglia fra una fine e un nuovo inizio.” (*)

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È anche un bel libro di viaggio, ci porta in giro per la Francia, attraverso i suoi fiumi e i suoi canali, da Parigi ad Avignone passando per la Loira . . . e poi, ci si sposta verso la costa (Marsiglia e oltre) e nell’entroterra della Provenza, fra vigneti e campi di lavanda! Affascinante, descritto così bene che pare che l’ente del turismo francese abbia sponsorizzato la scrittrice.
Infatti, se avessi 20 anni in meno avrei già organizzato un viaggio su questi barconi/chiatte per le vacanze estive . . . almeno un mese (zanzare permettendo)
“Parigi scorreva davanti a loro come una pellicola di un film: il Pont Neuf, Notre-Dame, il bacino dell’Arsenale.” (*)

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Ma è soprattutto un libro sui libri . . . sul paese dei libri, su libri rari, sui libri come medicine, sui libri utili (ognuno per un particolare momento o stato d’animo): 
“Ovviamente i libri non sono solo dottori. Ci sono romanzi che sono ottimi compagni di vita. Altri sono come ceffoni. Altri ancora come un’amica che ti avvolge in una vestaglia calda quando l’autunno ti fa sentire malinconico. E alcuni… sì, alcuni sono come zucchero filato rosa, solleticano il cervello per tre secondi, lasciando dietro di sé un gioioso vuoto. Come un’avventura erotica.” (*)
E sui librai . . . Ah! trovarne di librai come Jena Perdu, il protagonista! 

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Infine, è una storia d’amore . . . ma tutto il libro è pervaso dall’amore: Amore del protagonista per le due donne che, in momenti diversi, entrano nella sua vita. Amore per i libri, sia come oggetti che come contenuti, Amore verso gli altri, il protagonista è pieno di amore amicale. Amore per la vita, vissuta con poco e godendo di ogni suo aspetto . . .
“Il profumo dei funghi riempiva la striminzita cambusa mentre gli uomini, seduti sul ponte di poppa della Baluu, bevevano vino rosso da una caraffa da tre litri e il vino bianco tipico della zona: l’Auxerrois.” (*)
Amore verso la natura che la scrittrice ci fa scoprire durante il viaggio . . .

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Ho avuto la “soffiata” da parte di una delle amiche di Facebook (che al momento, ho dimenticato e non posso ringraziare, a cui dedico questo post)  . . . ha messo la foto della copertina, ha scritto che le era piaciuto e io, dopo un po’ me lo sono cercato! Ero a corto di libri, pensavo fosse una storiella leggera, di quelle che servono per sconfiggere la noia di quelle due ore di insonnia che mi prende ogni tanto di notte . . . invece! Una vera rivelazione! 
“Leggere: un viaggio senza fine. Un lungo, infinito viaggio, in cui si diventa più miti, amorevoli e umani.” (*)
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Il protagonista sta scrivendo la “Grande Enciclopedia dei piccoli sentimenti” . . . io penso che ognuno di noi dovrebbe scriverne una . . . in questo mondo così pieno di brutture, una ricerca dentro di noi, su quelli che sono i sentimenti migliori, sarebbe bella da lasciare ai posteri . . . ci devo pensare!
“Alla C sta scrivendo “conforto da cucina”, la sensazione che si prova quando in cucina qualcosa di gustoso sta cuocendo a fuoco basso, i vetri si appannano e presto le persone care mangeranno con te al tavolo e ti guarderanno felici fra una cucchiaiata e l’altra.” (*)

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Tutto quello che è contrassegnato dall’asterisco (*) sono brani tratti dal libro “Una piccola Libreria a Parigi – Nina George . . . trovati in due siti di recensioni! 

 

 

Torta verde della nonna-bis di Acqui

Ci sono dei momenti in cui vorresti tornare bambina, ritrovare tutte quelle persone che non ci sono più. Tutti quelli che hanno lasciato un ricordo nella tua vita, in testa le nonne o, nel mio caso, le bisnonne!

Non ricordo più se l’ho mai detto, ma io ho avuto la sfortuna di avere una nonna sola (quella materna) essendo la mamma di mio padre morta durante la guerra (la II Guerra Mondiale, per capirci), però ho avuto la fortuna di avere due bisnonne (sempre dal lato materno): una bergamasca e una piemontese . . . che io, fin da bambina, essendo la prima bis nipote, chiamavo “nonnabis”

 

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Ortica (se ne usano solo i ciuffetti) . . . raccoglietela con i guanti è meglio!

Ci sono dei momenti in cui vorresti gustare ancora certi sapori e certe cucine quasi dimenticate . . . per fortuna in casa mia le ricette di cucina son state tramandate. 

Ieri c’è stato una congiunzione di questi due “momenti” e così, mi sono preparata quella che, in famiglia, è chiamata “la torta verde della nonna bis di Acqui” . . . a memoria.
Solo stamattina mi sono informata, dalla cugina di mia madre che è l’ultima depositaria dei segreti di cucina della parte piemontese della famiglia

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Tarassaco, dente di leone, soffioni

Ora, se cercate una ricetta di “torta verde piemontese”, trovate un sacco di ricette doc. 
Quella che mangiavo io a casa della famiglia d’origine di mio nonno è diversa da quelle che ho visto sul web . . . ma a me, è quella che piace! È quella che cucino!

Dopo aver parlato con la cugina piemontese ho scoperto che ho aggiunto cose che non ci andavano e non ci ho messo cose che ci andavano . . . mi sa che presto la rifaccio per ritrovare un po’ dì infanzia nel piatto o tra le dita . . . avete presente il finger food, non è un’invenzione moderna, mi hanno detto che io mangiavo così già da piccolina (anche se io non ricordo, ma mi fido dei miei “vecchi”), anche gli spaghetti . . . nei vari soggiorni presso la casa dei parenti di mia madre.

Allora, mi segno qua le poche indicazioni che mi ha dato mia cugina (anche se è cugina di mia mamma è più vicina a me come età, la ricordo in ogni mio soggiorno piemontese come la compagna di giochi o di passeggiate! 

Ingredienti

Spinaci, biete, erbe di campo (informatevi da qualche parente su quelle mangerecce che crescono dalle vostre parti), lessi, strizzati e rosolati per asciugarli al massimo (quanto ne volete o ne avete) Consiglio di cucina “furba”: volendo potete usare spinaci surgelati!
Prosciutto cotto tritato grossolanamente (quanto ne avete)
Prezzemolo e cipolla tritati qb
Grana/Parmigiano grattati qb
Uova, dipende da quante verdure e da quanto prosciutto
Pan grattato qb
Burro qb
sale, pepe, noce moscata qb
Rosmarino a rametti, meglio i ciuffetti qb

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Quel che n’è rimasto, stamattina!

Per le dosi, mia cugina dice che devo regolarmi “a occhio”. . . né troppo molle, né troppo dura

Si puliscono bene le verdure (ed eventuali erbe spontanee), si lessano si strizzano, si tritano grossolanamente e si fanno rosolare in padella con burro, prezzemolo e cipolla (oppure le cuocete direttamente in padella, mentre le rosolate, con poca acqua e poi le tritate)
In una ciotola abbastanza grande, si mischiano le verdure con il prosciutto cotto, il grana/parmigiano, le uova, sale, pepe e noce moscata. Si aggiunge una manciata di pane grattato. Ricordate, deve venire un composto né troppo molle, né troppo “tosto”

Si prende una teglia, si imburra bene e si spolvera di pan grattato
Si versa il composto e lo si stende (di solito poco più di due dita) in modo omogeneo e spianandolo bene (specialmente sui bordi) 
Si spolvera la superficie di pangrattato e grana/parmigiano grattato, si distribuiscono dei pezzetti di burro qua è là. poi si prendono i rametti (ciuffetti) di rosmarino e si infilano nel composto, non deve restarne troppo fuori per non farlo bruciare altrimenti diventa amaro! 
Si mette la teglia in forno a 180° per un’oretta . . . controllate ogni tanto che non si stia seccando troppo. Se invece, dopo l’ora di cottura lo trovate un po’ “budinoso”, lasciatelo in forno per un altro po’ di tempo, magari a forno spento (ricordate che i consigli di mia cugina presuppongono che ci si deve regolare “a occhio”)

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Erba “crespigna”

È buona sia appena tolta dal forno (soffiate che scotta) sia tiepida, ma anche fredda il giorno dopo . . . Mi diceva mia cugina che si gustava sia come piatto per i pasti principali, sia come colazione o merenda (fredda, tagliata a quadrotti). Ricordo mia madre che la preparava per i pic nic estivi . . . si può usare come secondo, come piatto unico, come antipasto . . . vedete voi!
Io, ieri sera, non ho messo il pan grattato però ci ho aggiunto la ricotta e una sfoglia di pasta brisée (più che altro perché siamo in fase: svuotiamo il frigor di tutto quello che è in scadenza lo ricordavo che la pasta brisée o la sfoglia non ci andava . . .  ma questa, come diceva Kipling, è un’altra storia)

Se volete provare altre ricette tipiche della cucina piemontese vi posso indirizzare al blog della mia amica Norma, esperta di cucina e di tradizioni piemontesi . . . qua il suo indirizzo web
https://merendasinoira.wordpress.com/

 

Qualche notizia di oggi e due chiacchiere su una pendola

Al controllo definitivo all’Allergologia della Città Gemella nella regione “forte e gentile”, la mia schiena appariva senza segni di reazione . . . per cui la diagnosi è stata: “allergia alla polvere” . . . tre mesi di cura anche per questo e poi, di nuovo una batteria di controlli.
Il viaggio è stato diverso da quello di ieri, tanto sole c’era ieri, tanta pioggia c’era oggi . . . si lo so che era previsto, ma io (in certi casi) spero sempre che quelli del meteo non ci prendano!
Oggi PiccoloLord è tornato da scuola e sbirciando nei suoi quaderni, ho scoperto che ieri hanno studiato le frazioni . . . il NonnoPapà non può ancora riprendersi da questa notizia.
Nel pomeriggio abbiamo avutola visita della Nuora e del PiccoloPrincipe, che comincia a farsi sentire, usando dei suoni decisi se vuole che qualcuno lo osservi. Ha anche un grande interesse per i nostri 3 pelosi e loro per lui (aspetto con ansia di vederlo “trottolare” in giro con i cani che gli fanno da scorta! Lo so perché facevano lo stesso col PiccoloLord)

Tra un viaggio e l’altro all’Ospedale, tra una spesa e l’altra, un nipote e l’altro, sono passata da un anziano artigiano, per ritirare un pendola, ricordo di famiglia. . . . . .

Quando due anni fa siamo stati nella città delle Orobie, lo ZioPadrino ha insistito perché mio padre prendesse la pendola del nonno V (in pratica, il mio bis nonno).
Con l’aiuto della “cuginetta”E l’abbiamo imballata bene bene e le abbiamo fatto fare un ennesimo lungo viaggio . . . fino alle colline che sovrastano la Città sulla Costa.

Questa pendola ha una lunga storia. Faceva bella mostra di sé nella casa del mio avo.
Quando lui e la moglie sono invecchiati e sono andati a vivere con i miei nonni (mio nonno era il suo figlio minore), come capita si son portati dietro quasi tutto quello che potevano: una serie di pentole di rame, quel che restava del corredo della bisnonna, un quadretto da mettere in capo al letto e il lettone, coi suoi materassi, di crine e di lana. Qualche rara fotografia, scattata dal fotografo nelle occasioni speciali. E la pendola.
Poche cose, che resteranno in casa per anni, all’epoca non c’era bisogno di fare “space clearing”, di spazio ce n’era poco, ma di roba ancora meno. Quello che c’era in casa era costato sacrifici, veniva usato con attenzione e tenuto con cura.
Ho ancora, del corredo della mia di nonna, un paio di asciugamani di tela operata, con lunghe frange, tassativamente bianchi.

La pendola, dicevamo, che segnava il passare del tempo con i suoi rintocchi.
La pendola funzionava, bene. Ma dopo un po’ di anni, morta la Nonna e anche il NonnoV, si fermò pure la pendola.
Mio Nonno, la fece aggiustare, da un orologiaio “piccoletto e della BassaItalia con un buffo accento”, questo è il ricordo di mio padre.
Se lo ricorda bene, il negozietto, l’artigiano che veniva da lontano e la pendola che nel giro di pochi giorni ritornò a casa funzionante e fui riportata dall’orologiaio per un nuovo assestamento. L’orologiaio l’aveva aggiustata così bene che scandiva le ore con un forte rintocco: “don don don . . . “, tanti rintocchi quante erano le ore. Il rintocco poteva essere ripetuto, tirando una cordicella . . . visto che i due figli si divertivano a tirare questa cordicella per sentire più e più volte i rintocchi, mio nonno ritornò dall’orologiaio con la pendola e gli fece togliere la cordicella.

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Sotto la lente d’ingrandimento, la fotografia di Frau Marta Linz . . . . .  nella didascalia quasi le stesse parole che ho trovato su Wikipedia

Doveva essere il lontano 1934 o, al massimo, il 1935. I ricordi sulle date sono contrastanti e poi vi spiego il perché, mio padre (ed è l’unico rimasto a poter dire qualcosa di quell’epoca) è convinto che fosse il 1935, in base a dei calcoli e ragionamenti su nascite e  fatti accaduti in famiglia. Ma sul retro della pendola c’erano due fogli di giornale, scostando delicatamente le pieghe abbiamo scoperto che appartengono alla “Tribuna Illustrata” del 17 febbraio del XII Anno dell’era fascista  (che, grazie a Google, abbiamo scoperto “andare” dal 29 ottobre 1933 al 28 ottobre 1934), Due pagine che ci raccontano un po’ di storia, ma anche tanta pubblicità . . . l’articolo più interessante riguarda una donna, una musicista, la signora Marta Linz la cui storia sono andata subito a cercare. Ho trovato notizie, ma solo in tedesco . . . Comunque, un paragrafo, corrisponde esattamente all’articolo del giornale: “(…) Nel 1934 e nel 1935, Linz diresse la Berliner Philharmoniker, annunciata come la “prima donna” sul podio dell’orchestra, il che non era vero; c’erano almeno sei donne che avevano diretto l’ensemble prima di lei (…)”
Si parla anche dei programmi di una “Radio Rurale” e anche di questa abbiamo subito cercato e trovato notizie

Abbiamo potuto leggere questi “reperti” perché, purtroppo, la pendola, malgrado la sua storia quasi leggendaria in famiglia, non funziona più (da anni). L’abbiamo portata da più di un orologiaio, ognuno di loro si è defilato, indicandoci un anziano signore. L’unico, sono tutti concordi, che ha l’esperienza e gli attrezzi adatti a un meccanismo così antico.
Ci siamo andati e lui, dopo averla studiata per qualche giorno, ha sentenziato che, oltre agli ingranaggi della pendola (che lui potrebbe aggiustare con una spesa di circa 250€), bisognerebbe far aggiustare anche la “cassa” di legno da un restauratore . . . la pendola è tornata a casa e, visto che fa freddo e si prevede neve, resta qua ancora per qualche settimana, forse prima o poi la faccio vedere a un restauratore per un preventivo . . . Perché mi piacerebbe sentire quei rintocchi . . . anche solo di giorno!

Un compleanno . . . ben riuscito

Capita una volta sola all’anno e in casa è sempre una grande festa! 
Lui è davvero una persona speciale, malgrado a volte mi faccia innervosire, lo meritava! 
Loro li vediamo abbastanza spesso, ma sempre in momenti “di corsa”: c’è da portare o da prendere qualcosa, c’è da dare o ricevere una mano, ci sono cinque minuti e passiamo sotto casa, andiamo a trovarli . . . sono anni che non riusciamo a stare (come prima, quando era viva la Suocera e ci voleva in casa sua alla Domenica) tutti insieme attorno ad un tavolo e parlare con calma tutti quanti insieme. 

Così, durante le feste di Natale la FigliaGrande ne ha parlato con i fratelli e poi mi ha comunicato che per il compleanno del padre avremmo invitato gli zii (i suo fratelli e i relativi consorti) e cucinato un pranzo “a richiesta” . . . del festeggiato.

Detto fatto

Contattati gli zii, visto che la festa cadeva di domenica, confermata la festa.

Richiesta al padre sulle sue preferenze culinari . . .la cosa principale che l’Uomodellamiavita voleva assaggiare erano “i Maccheroncini di Campofilone, col sugo come li faceva la nonna” . . . semplice da dire ma non da fare (anche secondo la zia/sorella), pare che la carne non sia più quella di una volta e, l’osso di manzo con midollo e nervetti acclusi non è più consigliato per i nostri stomaci del 21° secolo.

Abbiamo risolto il secondo pensando a qualcosa che non fosse da cuocere “al volo” e, ricordando che agli zii piaceva molto mangiare qualcosa della cucina lombarda, abbiamo optato per una piccola porzione di polenta che accompagnasse ossibuchi con funghi e/o con piselli.

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Un antipasto tradizionale e semplice: lonza, olive ripiene e fritte all’ascolana, cremini fritti, pecorino e una fettina di bruschetta semplice, per accompagnare, ma non appesantire. 

FigliaGrande, la chéf di casa, si è messa a spignattare dalla mattina del sabato,  le bottiglie di pomodori dell’estate, carne trita e carne a pezzi per il sugo; ossibuchi, piselli, funghi, pentole e pentoloni . . .

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Alla domenica il pentolone della nonna (la mamma dell’Udmv), che da anni, confidenzialmente, viene chiamato “la pentola delle streghe” è stato riempito di acqua e messo sul fuoco appena tornati da Messa alle 11.00 (si sa, tanta acqua ha bisogno di tempo per scaldarsi). Mentre l’acqua nella “polentina” è stata messa più tardi. L’aggeggio ha fatto il suo lavoro con precisione, anche se abbandonata a se stessa per quasi un’ora.

E poi, alla fine, sono arrivati tutti e quattro gli ospiti: baci e abbracci, “dove appoggio la giacca e la borsa?”, “ecco, questo è il regalo per te!”, “Oh! Ecco il piccolino! Quanto è cresciuto!” (i due nipoti più grandi, PiccoloLord e PiccolaLady, erano a casa dei rispettivi padri)
Ci hanno sistemati, noi “vecchi”, sul tavolo più lontano dalla cucina, i miei giovani (più il PiccoloPrincipe sul seggiolone) dall’altra parte perché avrebbero pensato loro al servizio . . . come regalo per la festa del capofamiglia.

Abbiamo cercato di preparare la tavola un po’ diversa dal solito, semplice, ma nel miglior modo possibile. E per questa volta è stato molto semplice . . . La tavola, anzi le tavole, sono state coperte da due tovaglie gemelle e abbellite con una striscia colorata. Calcolando che poi, la mole delle pentole da appoggiare era ingombrante, non si è voluto creare disagi ai commensali . . . 

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Abbiamo messo in tavola le pentole (e non travasato il cibo su vassoi di portata) per permettere a ognuno di servirsi con libertà, come meglio credeva. E per non far raffreddare del cibo che, caldo rilascia aromi e gusti squisiti.

È stato tutto gradito, qualche bis, qualche brindisi, tanti racconti e ricordi dell’infanzia e filastrocche del tempo che fu, quelle che la zia (la sorella dell’Udmv) custode delle tradizioni di famiglia usava per intrattenere i bambini nelle sere invernali vicino al fuoco a casa della nonna. Gliele hanno richieste e filmate, per non perdere le memorie e poterci giocare con i piccoli di casa . . . ai miei figli piace la cultura vintage! 

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Arrivato il tempo della torta (una grande e bella, oltre che buona, Saint Honoré) e del caffè, sono arrivati anche i consuoceri per festeggiare con noi.
Siamo andati avanti in chiacchiere per un bel po’, poi il NonnoPapà se n’è andato a fare un pisolino, ma il pomeriggio è continuato con due gruppi e due conversazioni distinte, uomini e donne, con i figli e la nuora che ascoltavano e ridacchiavano commentando tra loro. 

Poi, è stato come un turbinio di vento . . . Sono arrivate le tre nipoti grandi (figlie dei miei fratelli). Per un attimo c’è stata un po’ di caos. Tutti che chiacchieravano con tutti.

C’è stato un tempo, anni fa, in cui era più semplice incontrarsi tutti insieme, la mia famiglia di origine e quella di mio marito, figli e nipoti erano ragazzi o bambini e giocavano tutti assieme. Per cui i miei nipoti chiamano “zii” gli zii dei miei figli e i miei cognati considerano quasi dei nipoti i miei . . .

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I cognati e i consuoceri se ne sono andati e i giovani si sono messi a giocare con un gioco da tavolo: Monopoly “Trono di Spade”. . . poi sono arrivati CognataGiovane con mio FratelloGiovane . . . è tornato a casa PiccoloLord, che viste tutte le cugine grandi e gli zii si è emozionato e non sapeva da chi cominciare a salutare . . . FigliaPiccola con le due cugine più grandi sono uscite insieme, la nipote n° 3 che deve prepararsi ad un esame, giudiziosamente, è rimasta con noi . . . e abbiamo riapparecchiato la tavola! E non è rimasto che una ciotola di funghi col sugo . . . giusto per condire la pasta il lunedì.
Gli impegni del lunedì mattina hanno consigliato il coprifuoco verso le 23.00 e quando è tornata anche la FigliaPiccola abbiamo chiuso tutto e persino i cani si sono messi buoni e tranquilli . . . 

Stanchi, ma felici, l’Udmv ed io ce ne siamo andati a letto . . . 

 

 

Tra Natale e Capodanno . . . pensieri sparsi

Tra Natale e Capodanno la vita dovrebbe scorrere tranquilla, normale . . . sempre che “normale” sia uno standard fissato da qualche parte, perché, secondo me, di normale i miei giorni hanno solo il nome e la loro sequenza sempre uguale nei secoli dei secoli amen.

Ecco, già la questione dei nomi dei giorni durante queste feste diventa un caos: se la domenica è la Vigilia, il lunedì è Natale e il martedì è Santo Stefano . . . poi arriva un “lunedì” che in effetti è il mercoldì, ma siccome ci sono ancora provviste e avanzi nel forno, non siamo uscite a comprare nemmeno il pane (e così, per me era ancora “domenica”) . . . oggi, che è venerdì, ma è quasi una festa, dopo domani si finisce l’anno . . .  così, siamo ripartiti con i menù, le liste, le spese! 🙂

Quei tre giorni di festa sono stati davvero sotto l’influsso dello “Spirito del Natale” . . .

La Messa del Natale con la “corale” che ci ha aiutato a intonare i soliti canti, ma con un modo molto più “elegante”! E le Omelie, sia quella della Vigilia che quella di Natale, molto belle, di quelle che non annoiano ma, anzi, arrivano in fondo al cuore e ti smuovono qualcosa . . .

I pranzi e le cene dei giorni festivi, sono stati partecipati e graditi. Abbiamo riscoperto la bellezza dell’apparecchiare la tavola con tutto il garbo possibile. Del cucinare qualcosa di nuovo e qualcosa della tradizione.

Già si partiva dalla colazione, con una tovaglietta mooolto natalizia. E la solita colazione, ma arricchita dalla presenza del panettone . . .

A pranzo, in quei tre giorni non si è mangiato “abbondante”, ma molto vario e molto curato . . . ricette nuove, ricette della tradizione famigliare, tanti dolci 

Tutte le sere, in attesa della 12° notte, si è fatto tardi. Si è giocato a tombola, a carte, ai giochi da tavolo dei bambini che entusiasmano oltremodo anche i grandi! 

E così siamo arrivati a Capodanno . . . 

 

 

 

 

Pasqua, tra spiritualità e tutto il resto!

Mai come nelle festività vivo la vita come vorrei . . . come mi piacerebbe che fosse tutti i giorni.
L’allegra confusione delle visite, quella leggera ansia nel preparare cibo e accoglienza al meglio, le chiacchiere in libertà e i ricordi, i momenti seri e quelli allegri, conoscere realtà diverse e uguali (in fondo) alla nostra. La condivisione di pensieri, parole e vita.

Come sempre capita in certi periodi dell’anno c’è stata la parte spirituale. E sentire il sacerdote (nell’Omelia di Pasqua) ripetere, con altre parole, i concetti sentiti da un’amico (molto laico) la sera prima circa il saper guardare avanti, non aver paura del futuro, rinnovarsi e lasciare il passato indietro senza rimpianti è stato sconcertante!

Sono stati 3 giorni che hanno visto l’arrivo di Emily accompagnata da ReMida, le piacevoli conversazione sugli argomenti che ci accomunano: Outlander, figli, famiglia, la vita vissuta con entusiasmo, il lavoro fuori casa (anche se io, per quello, ormai ho tirato i remi in barca) , il piacere di viaggiare . . .
Tre giorni in cui era presente anche la FigliaPiccola, arrivata da Roma, che si fermerà (mirabile dictu) ancora qualche giorno.
Tre giorni che hanno visto la casa invasa da uova di pasqua, coloratissime! Regalate, comprate, da scambiare al PiccoloLord, alla PiccolaLady e alle piccole Masha e Lele. Ma ne è arrivato uno anche per me! Una bellissima sorpresa, un braccialettino col suo ciondolo!

Non vi sto a fare l’elenco di tutto quello che abbiamo preparato in cucina, di quello (molto di più) che abbiamo poi mangiato, vi dirò solo che per qualche giorno non avrò bisogno di fare la spesa.

Non so quale maligno pensiero mi ha portato a comprare 4 pagnotte di pane da 1/2  Kilo, che sono lì che occhieggiano e che la FigliaPiccola ha proposto di far diventare: Gnocchi di pane, torta di pane, panzanella e via riciclando! In questi giorni tutto si è mangiato, tranne che il pane (o almeno, poco poco), c’erano le “ciambelle strozzose” che di “strozzoso” non avevano molto, ma che si combinavano bene col pecorino abruzzese, col salame coi lardelli e col ciauscolo (marchigiano) e persino con la insalata “Olivier” (quella che in Italia è chiamata “insalata russa”) che ci ha portato l’amica Irina, ucraina Doc, preparata con la ricetta di sua madre.
E i dolci? Tra quelli confezionati, tipici di queste feste, le magnifiche paste portate dagli ospiti, quelli preparati dalla FigliaGrande per il suo PicNic con le famiglie della classe del PiccoloLord e quelli portati dall’amica A. Una felicità per gli occhi e le papille gustative (ho sentito chiaramente, in testa, l’invito: “pancia mia fatti capanna)!

Il tempo ci ha fatto preoccupare, ma alla fine si è risolto a darci un cielo “ttrecchi” come dice la Bice Piacentini (poetessa in vernacolo sambenedettese) nella poesia dedicata alla Città sulla Costa, che in questo vecchio post, potete trovare sia in vernacolo che tradotta.

Il sabato sera con Emily e Re Mida. In piacevole conversazione siamo arrivati alle 2 di notte senza nemmeno accorgercene.
Pasqua in gioiosa compagnia, con una parte consistente della famiglia, il NipoteF, momentaneamente “orfano” di mamma e sorella, proprio il giorno di Pasqua, Irina e le sue figlie . . . davvero una bel momento conviviale.
E “ultimo, ma non ultimo”, il pranzo della Pasquetta, sempre con Emily e il suo simpatico Re Mida, a chiudere le grandi “mangiate” delle feste . . . la sera, cena con una minestra con brodo vegetale e passato . . .

E ora? Ora si torna nei ranghi, in attesa di un’altra occasione per sentire le pentole che fan fracasso, per stare insieme a gente simpatica, senza troppi convenevoli, con delle belle chiacchierate, parlando di personaggi immaginari (libri, serie TV, film) o di blogger che si conoscono bene, senza nemmeno averle mai viste, pensando che ci si potrebbe rincontrare e quando.
Vivendo la vita di tutti i giorni come fosse una festa . . . malgrado i problemi che si possono incontrare.

(Ps. più tardi metto qualche foto! Ora, vado a far qualcosa! L’Udmv ha ricominciato a lavorare e ha i suoi orari! La cosa peggiore dei giorni feriali . . . gli orari!)

 

 

La Madre dello Sposo . . . alle prese col dress code

Nota Bene, ricordarsi di leggere con un sorriso come con un sorriso è stato scritto! 

2 mesi e 22 giorni

calendario
ovvero: 82 giorni
ovvero: 11 settimane e 5 giorni

Non è il conto alla rovescia per l’impatto di un asteroide o il conto cervellotico di quanto manca alla fine del mondo in base a calendari svaniti nei secoli . . . è il tempo che scorrerà mentre io scelgo un vestito adeguato al mio ruolo di madre dello sposo e quando finalmente lo sfoggerò i due piccioncini convoleranno a giuste nozze.

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Di questo matrimonio si parla da qualche mese, siamo persino stati al ristorante dove si festeggerà il lieto evento. Abbiamo assaggiato primi e secondi con i consuoceri e la FigliaGrande (come esperta) per dare poi un parere sulla composizione del menù!
Di questo matrimonio ho sempre cercato di far capire che i veri protagonisti sono gli sposi, ma pare che anche la madre dello sposo abbia il suo cameo da recitare (spero non si pretenda da me un’interpretazione da Oscar) e perciò deve essere adeguatamente abbigliata.
Di questo matrimonio mi piacciono molte delle cose che sento raccontare, qualche scelta mi lascia perplessa (probabilmente è colpa dell’età). Ma la cosa che più mi mette in crisi è il dannatissimo benedetto vestito che dovrei portare quel giorno.

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So che ci sono molti film dove si parla del nervosismo di cui da segni il Padre della Sposa (so di “padri della sposa” a cui venivano propinati calmanti nelle ultime settimane prima del fatidico giorno).
Nessuno ha mai preso in considerazione la marea di pensieri che affollano le notti della Madre dello Sposo . . . il vestito, le scarpe, la borsa e (eventualmente) cappello o acconciatura. Questi pensieri non fanno parte degli elenchi dei fattori scatenanti lo stress per una dimenticanza dei relatori.

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Perché non analizzare lo stress da matrimonio di un/a figlio/a. Ai genitori vengono poste le domande più assurde:
“devo invitare anche lo zio Casimiro, quello che si vede solo ai funerali e non ricorda mai di chi sono figlio???” (logicamente no).
“Vuoi che inviti anche la tua compagna delle elementari, quella di cui parli sempre . . .” (se mi avessi ascoltato davvero, avresti capito che ne parlo solo per raccontarvi episodi simpatici della mia infanzia, ora siamo troppo distanti).
“Tu come ti vesti??? (nooooooooooo . . . non me lo chiedere, non lo so! )

angela ariza

Ho letto blog e siti di “wedding planner”, ho visto foto su foto e mi sono chiesta se questi stilisti si rendono conto che la Madre dello Sposo ha, come minimo, 18/20  anni più di lui e non sempre (per colpa dei peccati di gola e di una passione per i piatti ben conditi o di qualche gravidanza e trascurtezza post parto o di quella fame nervosa che serve a placare ansie e a tenere la bocca piena onde evitare di dire male parole) ha misure da Miss Mondo . . . e non mi venite a dire che, da gennaio a dicembre, potevo dimagrire di almeno 15 Kg, più facile a dirsi che a farsi.

Insomma, qualche chilo l’ho perso per strada, ma non sufficienti per entrare in una 44 . . . sto ancora sulle taglie dispari, diciamo che sono una “curvy” abbondante. È un bel problema, spero di risolverlo in tempo per quel dì, mica posso andare in chiesa in jeans, giubbotto e scarpe da ginnastica! Anche se mi piacerebbe . . . in fondo, tanti anni fa, la mia canzone preferita era “come un ragazzo”!

Decluttering selvaggio . . . lo space clearn “ha da veni'”!

Ho scoperto il servizio di ritiro dei “materiali ingombranti”.
Gratuito!
Su appuntamento!
Utilissimo per me che ho un intero piano di casa pieno di cose accumulate in parte da più di 10 anni e in massima parte negli ultimi 3 anni (son certa di questo, perché tre anni fa il Figlio preso da raptus, svuotò quasi tutto).  Non avete idea di quanta “mercanzia” si ammucchi in tre anni, ho persino il sospetto che qualcuno venga di notte (e di nascosto) a lasciarci le sue cianfrusaglie.

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Tre anni fa, mentre era in ferie, il Figlio creò una montagna di roba nel cortile davanti casa e, solo dopo, chiamò la ditta incaricata del ritiro, col risultato che per qualche settimana sembrava che casa nostra fosse una succursale della discarica comunale.
Questa volta l’organizzazione dipende da me! Ho scoperto che niente è cambiato in tre anni, cioè, se tu chiami (perché una domenica di sole ti è venuta la voglia di fare spazio e buttare parte di quelle cose che: “metti lì non si sa mai” e che, ormai, sono lì talmente piene di polvere da non riuscire nemmeno a riconoscerle senza un master in archeologia industriale), quelli del ritiro di materiali ingombranti NON vengono il giorno dopo a ritirare quel mucchio di roba ormai senza né arte né parte, ma dopo almeno 3 settimane . . . obbligandoti a tenere gli occhi aperti su due personaggi alquanto pericolosi:
a) sul PiccoloLord, che non sia mai, decida di darsi alla scalata di suddetto mucchio instabile.
b) sull’Uomodellamiavita, che, non sia mai, decida di imboscare qualcosa che fa parte della suddetta “roba senza né arte né parte”.
per non contare dei cani che si aggirano curiosi . . .

rifiuti_ingombranti

Dopo che ho chiuso il cancello dietro al primo carico, dove era presente un po’ di tutto . . . giusto il risultato di una domenica di “raptus” liberatorio . . .  ho telefonato per un nuovo appuntamento e ho segnato col pennarello rosso sul calendario il giorno indicatomi: più o meno un mese dopo.

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Nel frattempo, in quel mese, giravo tra il piano sopra e il garage/cantina (dove prima ci ballava un’auto e tre bici, o un’auto e tre motocicli, per capirci), guardandomi intorno e prendendo nota mentalmente di quello che era destinato al “sacrificio” sull’altare dei nuovi “Dei”: Spazio e Ordine . . . prendevo quello che era più leggero e lo sistemavo nella parte di cortile dove (secondo l’autista del camion) era più comodo raccoglierlo col “ragno”, aspettavo il fine settimana quando la FigliaGrande e l’Udmv (qualche volta persino il Figlio) riuscivano ad ammucchiare le cose più grosse e pesanti.
Insomma. in un mesetto, senza grandi sforzi, abbiamo sistemato (quasi) ordinatamente un bel po’ di quelle cose che in tanti anni non erano mai servite e che, dopo discussioni infinite attenta riflessione, sono state considerate inutili e obsolete.

litigio

Nel frattempo, tengo d’occhio, giorno giorno, gli scaffali della “lavanderia”, dove sono stipati i risultati di raccolte a punti di marche famose di pasta, merendine e latte . . . il risultato di “traslochi interni”, dovuti a riordini veloci, tinteggiatura di muri, spostamento di mobili (tenendo presente che in questi lunghi anni ci sono stati impegni di lavoro e di accudimento della Suocera con l’Alzehimer). Quest’anno, mi ha preso così, voglio liberarmi da quelle cose che, se pur nuove, nessuno vuole usare e hanno preso un aspetto di vecchio . . . È “catartico”!
Mi resta solo di trovare una collocazione a cose che persino la Caritas mi ha detto: “le tenga lì, magari ci manda le foto, se ci servono le facciamo sapere”

Adesso non mi resta che  svuotare quelle 4 o 5 scatole dove all’esterno c’è scritto “Cose mamma – non toccare”, in pratica la “ripulitura” annuale dei cassettini “rebelot” (che con la nuova cucina non ho più), e dei dintorni della scrivania dove si ammucchiano carte e cose senza altra destinazione.

Il Figlio e la FigliaPiccola saranno invitati a partecipare al gioco “scegli cosa tenere” una caccia al tesoro, nascosto negli scatoloni che hanno lasciato qua a casa da quando se ne sono andati, chi per studiare/lavorare, chi per formare una nuova famiglia.
La FigliaGrande sta già facendo “decluttering” per conto suo e spesso arriva con un sacco di cose sue e del PiccoloLord da destinare al sacco nero o a quelli per il riciclaggio della carta e della plastica. Altre volte, prende quelle borse capienti e robuste del supermercato e porta giochi che non si usano più alla ludoteca  . . .

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Lo zoccolo duro è l’Uomodellamiavita . . . lui è un irriducibile del “potrebbe servire” o del “mò vediamo!”.

Comunque, per ottobre abbiamo un nuovo appuntamento con gli uomini del trasporto materiali ingombranti, questa volta sarà dura, sono quasi tutte cose di ferro. Ci toccherà convincere l’Udmv dell’inutilità di vecchie reti da letto, di vecchi ferri arruginiti, di pezzi e pezzetti di materiale ferroso che non servono nemmeno a sostenere un ramo di pervinca!

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Senza parlare del progetto della FigliaGrande . . . ve ne parlerò quando l’avremo portato a termine . . . vuole rimettere ordine tra le palline di Natale, i fili luccicanti dell’albero di Natale, le luci intermittenti e persino fra i personaggi del Presepe (ormai tra arrivi, partenze, regali e altro che non so, abbiamo 3 capanne, una persino vuota).

La pazzia da Buon Samaritano

Pazzie da Buon Samaritano!
Cose che capitano a casa di Fiordicactus, in una tranquilla mattina d’estate.

Le ferie appena appena cominciate, tutti in pieno relax . . . Fiordicactus si dedica (con calma) a qualche incombenza “straordinaria”. All’aperto, sulla ghiaia del cortile, è impegnata nella pedicure del NonnoPapà. Il pranzo, la casa, il resto delle faccende possono aspettare, c’è tempo!
All’improvviso, i cani che abbaiano da un po’ e un rumore di auto col motore al minimo di sottofondo le fanno chiedere alla FigliaGrande (che sta beatamente tenendo d’occhio il PiccoloLord sull’altalena) di andare a vedere cosa sta succedendo sulla strada.
Arriva la notizia che due auto, piene zeppe di roba e di bambini, sono ferme sotto il sole e gli adulti sono in cerca di una casa per le vacanze, un appartamento per 10 persone per il quale hanno mandato già tutti i soldi (e che dovrebbe trovarsi nella nostra zona) . . . Truffati e a 600 e rotti kilometri da casa.
Arrivano direttamente dal Nord, dopo un viaggio lungo e faticoso. Adulti, ragazzi e bambini . . . Dico alla FigliaGrande che li inviti a entrare, se hanno bisogno di rinfrescarsi, di qualcosa di fresco da bere, di uno spazio dove i bambini possano sgranchirsi le gambe mentre gli adulti cercano di risolvere la situazione . . .
Quando ci raccontano il loro viaggio, lungo e faticoso, di notte, con una giornata di lavoro sulle spalle. Quando ci raccontano del loro sogno di una vacanza dopo anni di estati in città, con i sacrifici per raccogliere i soldi risparmiati per un’anno. Quando ci parlano di come è andata la faccenda della truffa . . . mi piange il cuore e mi sento di aiutarli.
Oltre ad aver messo sul tavolo bevande e bicchieri (non vogliono molto di più, giusto qualche fetta di pane ai più piccoli), prendo a telefonare a tutti quelli che mi immagino possano aiutarmi, ma è difficile, in pieno agosto, trovare posto a un gruppo così numeroso e quando si trova qualcosa è troppo caro per il loro gruzzolo. Bisogna ricordare che hanno perso sia l’appartamento (inesistente) che i soldi per l’affitto (inviati con bonifico in largo anticipo rispetto alla partenza “Sa, signora, ho altre persone che sono interessate, se mi manda tutto, ferma la casa ed è pià sicura!” così era stato detto, lo sapremo dopo dalla signora stessa).
Da un paio di “esperti” del settore turismo scopro che questo tipo di truffa, nella zona, va avanti da un paio d’anni, miete vittime di tutta Italia. Loro scoprono, tramite Internet, che lo stesso nome e gli stessi dati bancari compaiono su un articolo di giornale che parla di una truffa simile, in quel di Jesi . . . e uno di quei casi in cui non vale il detto: “Mal comune, mezzo gaudio”
Alla fine, malgrado li avessimo invitati a dividere con noi un piatto di pastasciutta, se ne vanno per passare del tempo al mare, fare pranzo e, fiduciosi,  provare a telefonare a degli amici loro, che stanno in vacanza tra Marche e Abruzzo, per vedere se riescono a trovare un alloggio. E poi, devono anche  andare dai Carabinieri per la denuncia di rito.
Li salutiamo, convinti di non vederli più, anche noi speranzosi che possano trovare casa e proseguire la loro meritata vacanza.

Ritornano nel primo pomeriggio, 3 adulti, una delle signore è rimasta al mare con i bambini. Sconfortati e sfiduciati.
Dai Carabinieri, niente di fatto, tornare domattina . . . le telefonate fatte da loro hanno sortito lo stesso risultato delle mie: niente da fare, i posti non si trovano, se c’è qualcosa è fuori dal loro budget.
Il pomeriggio scorre e lo sconforto cresce . . . anche volendo ritornare a casa, una notte di sonno ci vuole! Almeno i bambini possono riposare in auto, ma i grandi??? Si prospetta l’idea di sedersi su un marciapiede per vegliare le auto, parcheggiate, con i figli dentro.

Voi che avreste fatto???

Io ho messo a disposizione un mezzo appartamento (grezzo e con finestre di fortuna), un bagno ai minimi termini, una doccia improvvisata all’aperto (ma con acqua calda e fredda) e tutti i letti che sono riuscita a recuperare, più due brandine da campeggio, il frigor che sta in garage, fornello da campeggio e tutto il nostro affetto. Mi sono sentita di aiutarli, perché non volevo che perdessero la fiducia nella gente.

Anche se era una sistemazione mooolto provvisoria, giusto in attesa di vedere come andava a finire e lo sapevamo sia noi che loro.

Il giorno dopo, denuncia ai Carabinieri. Ragazzi e adulti in spiaggia. Adulti alla ricerca di relax e della casa che quelli dell’Associazione Turismo hanno cercato di trovare in tutto il giorno, senza risultati soddisfacenti per i nostri ospiti. Sono riusciti persino a concedersi una serata in centro, al porto e all’Ufficio del Turismo.

Il terzo giorno, pioggia, nuvole e vento e il giorno dopo, dicono al meteo, si prevede ancora tempo incerto . . . la sera, dopo una giornata passata a telefonare senza risultato, decidono di rientrare a casa loro.
Rifanno le valige, ricaricano tutto in macchina, baci e abbracci (e scambio di numeri telefonici), promessa di ritornare (e far controllare da noi, prima, l’esistenza di eventuali case trovate in Internet) l’estate prossima.

 

 

 

Quando l’amore . . .

 Quando l’amore

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Quando l’amore vi chiama, seguitelo, benché le sue vie siano faticose e ripide.
E quando le sue ali vi avvolgono, abbandonatevi a esso, quantunque la spada nascosta tra le sue piume vi possa ferire.
E quand’esso vi parla, credetegli, sebbene la sua voce possa frantumare i vostri sogni come il vento del nord devasta il giardino.
Poiché proprio come l’amore vi incorona, così vi crocifiggerà.
Come è per la vostra crescita, così favorisce la vostra potatura.
Proprio come sale fino alla vostra altezza per accarezzare i vostri più teneri rami che tremano nel sole, così esso scenderà alle vostre radici per scuoterle dov’esse sono più fortemente attaccate alla terra.
Come covoni di grano vi raccoglie a sé.

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Vi trebbia per mettervi a nudo.
Vi setaccia per liberarvi dalle vostre pellicole.
Vi macina sino a rendervi candidi
Vi impasta sino a quando non sarete flessibili, e poi vi cede al suo sacro fuoco, affinché voi possiate diventare pane sacro per la santa mensa di Dio.
Tutte queste cose farà a voi l’amore affinché possiate conoscere i segreti del vostro cuore, e in quella conoscenza diventare così un frammento del cuore della Vita.
Ma se per paura cercherete dell’amore soltanto la pace e il piacere, meglio sarebbe allora per voi coprire la vostra nudità, uscire dall’aia dell’amore, ed entrare nel mondo senza stagioni dove voi riderete,però non tutto il vostro riso, e piangerete, ma non tutte le vostre lacrime.

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L’amore non dà nient’altro che se stesso e non prende nulla se non da se stesso.
L’amore non possiede, né vorrebbe essere posseduto, perché l’amore basta all’amore.
Quando amate non dovreste dire:
“Dio è nel mio cuore”, ma piuttosto “Sono nel cuore di Dio”.
E non pensiate di poter dirigere il corso dell’amore, perché è l’amore, se vi trova degni, a dirigere il vostro corso.
L’amore non ha nessun altro desiderio che quello di adempiersi.
Ma se nel vostro amore non potete fare a meno di desiderare, fate che questi siano i vostri desideri:
Sciogliersi ed essere come un ruscello che canta la sua melodia alla notte.
Conoscere la pena di troppa tenerezza.
Essere feriti dalla comprensione stessa dell’amore.
E sanguinare volentieri e con gioia.
Destarsi all’alba con un cuore alato e render grazie per un altro giorno d’amore.
Riposare nell’ora del meriggio e meditare l’estasi dell’amore.
Rincasare la sera con gratitudine,e addormentarsi con una preghiera in cuore per l’amato e un canto di lode sulle labbra.

  Gibran

Se sei un “paziente”, armati di molta pazienza

Difficilmente mi sono trovata a criticare la Sanità, intesa come Strutture Ospedaliere, Medici/Professori, Infermieri e Tecnici, Operatori SocioSanitari e persino le persone che sono lì a pulire. Di solito becco sempre gente gentile, efficiente e comprensiva. Ma, a volte capitano odissee da dover raccontare, evidenziano poca organizzazione o poca comunicazione. 
Forse, da parte dell’Organizzazione Sanitaria degli Ospedali, non si tiene presente che non tutti abitano nei paraggi dell’Ospedale stesso . . .  come ho avuto modo di scoprire l’anno scorso nello stesso Ospedale dove si svolge questa nuova avventura. (*)

Qualche giorno fa, NonnoPapà, Sorella ed io siamo stati all’Ospedale della Grande Città, avevamo appuntamento per “l’ago aspirato” alle 13.00 . . . Per non farci trovare impreparati siamo arrivati all’ambulatorio di Endoscopia Toracica un po’ prima (12.40, secondo mia sorella anche troppo prima). Io sono rimasta “di guardia” davanti alla porta dell’ambulatorio per intercettare un’infermiera a cui chiedere come dovevamo fare, a chi dare le impegnative e la prassi burocratica.
Sorella e il NonnoPapà sono stati seduti a chiacchierare in sala d’aspetto (anche perché il NonnoPapà, ultimamente, dopo 10 passi non ha tanto fiato)
Finalmente consegno le impegnative, l’infermiera mi dice di aspettare, mi siedo anch’io e inizio a lavorare a maglia (una cosa che faccio da qualche mese quando sono in Ospedale o alle Terapie del nipotino o in Poste/Banca o dal Dottore, insomma quando c’è da aspettare o fare una fila).

Alle 14.00 circa, riappare l’infermiera,chiama due nomi e dice: seguitemi . . . si è formata una piccola processione di 2 “pazienti” e 4 “assistenti”. Seguendola abbiamo attraversato in diagonale tutto il piano terra dell’Ospedale e siamo approdati in Radiologia, davanti alla stanza della TAC.
Il primo ad entrare è stato il NonnoPapà e dopo mezz’ora  era tutto finito, l’infermiera ci ha dato le informazioni per avere la risposta della biopsia, poi una Oss ci ha accompagnato al Reparto dove ci ha parcheggiato in “medicheria” e dove ci hanno detto che saremmo rimasti “per un’oretta  sotto controllo”, nel frattempo sono arrivati gli altri due pazienti, di cui uno, in effetti, dopo un po’ si è sentito male e l’hanno portato di corsa da un’altra parte e poi, l’hanno ricoverato . . .
Passate le 17.00 (finalmente) arriva il medico, un controllo all’ossigeno nel sangue (con quella pinzetta al dito), una auscultata al petto, il tempo di scrivere i dati anagrafici, tre righe per dire che tipo di esame è stato eseguito e stampare 2 fogli, rispondere a 5 telefonate . . . e ci saluta!
Pian piano abbiamo raggiunto l’auto dove avevo lasciato uno spuntino (ma davvero “ino ino”) e dei succhi di frutta, ci siamo rifocillati durante il breve viaggio.
Alle 18 e un quarto, circa, eravamo a casa . . . stanchi morti.
Ma, io mi chiedo, qualcuno non poteva spiegarciprima come si svolgeva tutto questo ambaradam . . . ci si organizzava!
Oggi, visto che il NonnoPapà ha la tosse catarrosa da un paio di settimane o poco più, siamo stati dal Medico di casa. Nel parlare e nel chiedere nuove ricette per medicine che prende da anni e dovrà prendere per anni (mi chiedo perché non esistono ricette che valgano almeno qualche mese), il dottore gli ha rivisto la serie di medicine che sta prendendo, ne ha tolte alcune, ne ha sospese altre (in attesa di vedere se bisogna riprenderle o se può farne a meno e di una (il fluidificante che ha sospeso in vista dell’intervento di ieri e che fino a lunedì dovrà lasciare sospese) gli ha ricordato che deve prenderne due al giorno e non una, come risulta dalla lista che ha sempre nel portafoglio.

(*) L’anno scorso, la “Facente Funzione di Nonna”, fu portata allo stesso Ospedale con l’ambulanza, quando sono riuscita a entrare nella camera mi ha chiesto:”Dove siamo? All’estero?” . . . io, allibita mi sento dire, da un’altra ricoverata: “L’infermiera le ha chiesto questo e quello, ma le ha parlato in dialetto!” . . . chiedo lumi all’infermiera appena ce l’ho sottomano, mi risponde che “essendo una vecchietta pensavo si trovasse meglio a parlare in dialetto!”. Peccato che il dialetto (se mai lo ha parlato) della “Facente Funzione di Nonna” è il milanese. 

Estate 2014: tante cose da ricordare

Eccomi qua, risoluta, ad aggiornare il diario . . . 
Un’estate anomala ma piena, quest’estate piena di pioggia e di avvenimenti.

Il clou dell’estate doveva essere un viaggetto a Bergamo, mio padre ed io (ed eventuale Udm) . . . rimandato sine die”  per cause di salute del nostro Patriarca. Quei contrattempi che vengono quando uno sta bene e decide di fare qualcosa . . . odiosi. Adesso dobbiamo aspettare che si rimetta in sesto.

Il secondo “Grande Avvenimento” è stata la visita delle cuginette straniere:  dall’Argentina è arrivata A***** col  suo amore, J*** mentre dalla Francia è arrivata D**** . . . e sono arrivati tutti nello stesso periodo, immaginate la confusione.

Il terzo motivo che ha reso interessante l’estate 2014, malgrado le condizioni meteo avverse, non mi ha riguardato in modo personale, ma ha riguardato la Nipote (che nell’elenco del nonno viene al n° 6), che ha partecipato alla Route Nazionale dell’Agesci.

E poi, ci sono i piccoli e numerosi avvenimenti che riguardano il PiccoloLord, tra gli altri, che, finalmente si è fatto tagliare i capelli a “porcospino” dal barbiere uomo, senza fiatare, anzi sorridente e felice (e osservando lo stesso barbiere che li tagliava, dopo che a lui, a me  . . . a “porcospina”! ). I suoi miglioramenti nel linguaggio, il suo modo educato e disinvolto di affrontare il mondo, la sua mai sazia curiosità per tutto (proprio per tutto) quello che il mondo offre.

Essendo questo orario un po’ improbabile, visto che le palpebre cominciano a cascare, dopo un ora e mezza di veglia, mollo tutto e torno a dormire, appena posso, vi aggiorno su tutto.

 

Di qua e di là dell’Atlantico, un’unica famiglia

Come ho raccontato in alcuni post . . . una parte della famiglia paterna, dopo la Seconda Guerra Mondiale ha lasciato l’Italia per cercar fortuna in altri lidi ed è approdata in Argentina. Dopo un lungo periodo in cui si corrispondeva e, quando loro arrivavano in visita ci si incontrava, ci sono stati decenni in cui non abbiamo avuto più notizie . . . ci siamo ritrovati grazie a Fb.
E,  anche se il cugino di mio padre non è più con noi, si è sviluppato un senso di famiglia, affetto e una simpatia tra noi (parte italiana della famiglia) e loro (parte argentina della famiglia), supportata da mail, Fb, foto, telofonate . . . fino alla decisione di una delle ragazze dell’ultima generazione di venire in Italia a ritrovare i luoghi dell’infanzia di suo nonno e la famiglia . . .

Lei, A**** e il suo amore: J*** (anche lui di origine italiana) hanno scelto, purtroppo, la peggiore estate . . . e metà del loro viaggio è stato sotto la pioggia e tra le nuvolaglie mentre visitavano: Roma, Firenze, Pisa, Siena, Milano, Bergamo, Venezia . . .  poi, finalmente sono arrivati da noi e hanno visto il sole . . .
Ma soprattutto, hanno visto noi . . . la famiglia a ranghi serrati, tranne gli assenti giustificati (qualcuno alla Route nazionale di Rover, qualcuno nelle terre dell’estremo Nord in visita a un’amica), li ha abbracciati, accolti, coccolati, riempiti di chiacchiere e domande.
Ci sono state le foto (che non sono state “pensate” per la rete e, perciò, restano private), la pizza, i regali, le lasagne, le risate, le foto “antiche”, i racconti del tempo che fu, l’albero genealogico, le telefonate oltreoceano.

Poi, qualche passeggiata da soli o in compagnia . . . per godersi il panorama e la gioia del passeggiare senza problemi per le vie dalla Città sulla Costa
Poi, qualche momento in spiaggia . . . a rilassarsi
Poi, qualche bagno nell’Adriatico . . . un Mare così diverso dal loro Oceano

Come posso spiegarvi il fatto che, pur non avendoli mai incontrati prima, li sentivamo davvero “nostri”.
Come faccio a farvi sentire le risate, le battute e le domande che si rincorrevano intorno al tavolo (prontamente tradotti dal castigliano all’italiano e dall’italiano al castigliano dalla FigliaGrande)
Come faccio a raccontarvi . . . no, sono sicura che questo lo capite da soli . . . la voglia prepotente di conoscere presto anche il resto della famiglia argentina

Accidenti alla “Crisi”, ci toccherà aspettare, ma sappiamo che, benché distanti tanti chilometri, grazie ai moderni mezzi tecnologici, staremo sempre in contatto e quando ci incontreremo ci sembrerà di esserci appena salutati

Sono di Zaffiro . . . e non vi dico altro!

Volevo festeggiare “alla grande” . . . ma la crisi morde Volevo festeggiare “in famiglia” . . . ma la FigliaPiccola è latitante (forse che a Roma la pioggia s’è portato via FigliaPiccola o il suo telefonino?)  Volevo festeggiare di domenica . . . ma ieri no, non si festeggia in anticipo . . . e la prossima domenica sembra così lontana
 
_AA zaffiro_3 Volevo festeggiare o, almeno, farci i reciproci auguri oggi, e  ci penso da una settimana . . .  eppure, stamattina presi dalle incombenze mattutine del lunedì, lui non mi ha detto niente e io non ho detto niente a lui . . . due fessi!  Volevo festeggiare e lo so da 35 anni che, oggi, è il “GranGiorno” . . . eppure stamattina me ne sono ricordata solo quando ho sentito, in Tv, qualcuno dire: “Oggi 16 giugno” . . . rimbambita! Volevo festeggiare, vediamo cosa si riesce a fare, poi ve lo racconto . . . intanto vi lascio a leggere i post degli anniversari passati (per leggere tutto, cliccate sopra ogni “titolo”)  . . . sorridendo, mi raccomando! 😉

E sono 34

2013

Ecco, mi manca un anno alle nozze di zaffiro . . . ma anche 34 mi sembrano un buon numero . . . e stanotte, come allora, mi sono svegliata con lo stomaco contratto e tanta ansia . . . La chiamano “sindrome da Anniversario” . . .

Buon . . . quella cosa lì!

2012
Per quanto buono, Santo Subito, paziente, ecc ecc (mettete voi le doti di un marito perfetto, ma anche qualche difetto, perché ce li ha) l’Uomodellamiavita si ricorda ogni anno che oggi è un GIORNO SPECIALE, ma regolarmente non si ricorda la parolina magica . . . ANNIVERSARIO  (di Matrimonio) e così, dopo che un anno mi ha svegliato con un “Buon Onomastico”, non ci prova più, oggi è “quella cosa lì”! . . .

Love is . . .

2011
La vita è . . .  sguardi,  sorrisi,  risate,  pianti,  figli,  pappe,  cacche,  compiti,  vacanze,  mal di denti, salute, malattie,  lavoro,  riposo,  discussioni,  comprensioni,  famiglia,  fratelli,  sorelle,  nipoti,  giovani,  vecchi,  aiuto reciproco,  fiducia,  rispetto,  affetto,  allegria,  tristezza . . . amore . . . 

Il nostro Anniversario . . .

2010
Volevo parlare di me e di lui, due ragazzi di tanti anni fa . . . volevo parlare degli invitati alla cerimonia . . . volevo parlare dei sogni e dei desideri realizzati e no . . .  non avevo tanto tempo e ho pensato di mettere un cartello:

Post in allestimento!!! . . . 

La tovaglia a scacchi

2009

E’ una tovaglia a scacchi marroni e bianchi, marrone più chiaro e più scuro, in misto lino. E’ una tovaglia che ha scelto mio nonno, per me, quando ha saputo che stavo mettendo su casa. E’ una tovaglia sbiadita, bucata, tagliata e sfilacciata nell’orlo ad archetti, ma è una tovaglia che gira per casa da 30 anni, e non mi decido a buttarla via! . . . 

Come nonna, zero . . .

30 maggio 2013 . . . Sono andata a controllare, l’ultimo post che parla del PiccoloLord è di quasi un anno fa.

Come blogger nonna . . .  zero! Sono davvero una frana!

Quasi un anno senza parlare del PiccoloLord! Sì, va be’ ho la giustificazione che è stato un anno vissuto intensamente come “badante” ai miei simpatici vecchietti, per cui ho visto e vissuto la crescita del nipotino, le sue buffe avventure alla scoperta del mondo, della casa, di se stesso e degli altri . . .

Quanti aneddoti potrei raccontare di quest’anno.  Sono così tanti che li dimenticherò! E pensare che volevo mantenere, in questo mio “diario”,  il ricordo delle piccole cose che a sentirsele raccontare da grandi fanno arrossire figli e nipoti . . . E allora, direte voi, perché non te li sei scritti giorno per giorno, anche solo su un foglio di carta o su un file di Word . . . perché è più facile a dirsi che a farsi . . . quando nel frattempo devi vivere, sopravvivere e pensare al giorno dopo . . .

Vediamo di recuperare qualche cosa:
Lo sviluppo fisico è evidente, il PiccoloLord è alto (è sempre stato più altro della media della sua età), questo è uno dei pregi che gli ha passato suo padre.
È un bambino vivace, ama abbracciare e baciare, ama saltare e arrampicare, ama lavorare col nonno nell’orto o con la mamma tra i fiori (della giungla che chiamano giardino). Gli piace giocare a pallone e andare in bici, correre con le cagnoline di casa e giocare a nascondino (ma mi dice lui dove devo nascondermi) . . .
Gli piace stare con gli amici al parco. Pare che con loro si sia sempre capito anche quando non diceva altro che “no”! Gli piace andare sulla spiaggia, d’inverno, con la sua mamma.

Lo sviluppo intellettuale, non è mai stato messo in discussione (dalla nonna) e anche gli esperti sono d’accordo col dire che è un bimbo sveglio. Anzi c’è persino chi dice (e non sono io) che è anche più sveglio di come dovrebbe essere per la sua età. Per esempio conta i numeri fino a 10 (lo sapete che alla sua età si considera che basta che sappia contare fino a 5?) . . . però, c’è un però, salta il 5, lui si tocca la punta delle dita e dice: “Uo, ue, tè, a’tto, sei, ette, occio, noe, i-ecci!”,  l’altro giorno quando ha detto “sei” l’ho corretto e ho detto: “no, non è il sei, è il cinque, ripeti!” e lui, obbediente: “uo, ue, tè, a’tto, no sei!” e io mi sono messa a ridere così di gusto che si è messo a ridere pure lui.

Una cosa che mi diverte (e diverte tutte le nonne, lo so per esperienza di figlia e nipote) è abbracciare mia figlia e chiamarla “Figlia mia”, lui si arrabbia e protesta: “No, mamma MIA!” . . . è in un’età in cui l’idea che la sua mamma possa avere anche altri legami parentali, oltre che con lui, non lo sfiora nemmeno . . . una volta, non ricordo più cosa ha fatto la FigliaGrande, ho detto: “Che brava la mia ragazza!” e lui, pronto: “Noooo . . . mamma miiiaaaaaa!” 😉
È anche un gran curiosone, il primo a correre alla finestra quando suona il campanello o se i cani abbaiano. A volte io non mi muovo nemmeno e lui, dopo un’attenta osservazione mi riferisce: “gatto!” oppure, sbatte le mani all’altezza delle spalle e vuol dire che era/erano uccelli . . . la quantità viene specificata, oppure dice “tanti” . . .
Se suona il telefono della mamma, chiede subito: “Papa???” (no, non è che il Papa Francesco ci chiami abitualmente, è che gli accenti non li ha ancora scoperti) e il 99 % delle volte, ci azzecca, è il suo papà che vuole parlare con lui.
Una pomeriggio, suona il telefono, parlo mentre lui sta giocando tranquillamente da solo, concentrato sul suo gioco. Come chiudo, senza nemmeno alzare la testa chiede: “Ma’, i eee???”  Io e sua madre ci siamo guardate e ci siamo messe a ridere.

Senso di vuoto . . .

Sto pensando che, da ieri pomeriggio a domani (o forse domenica) sera, mi concedo un po’ di “ferie” per rielaborare e superare con calma lo stress da “perdita di impegni quasi continui e totalizzanti” . . . sembra facile, ma non lo è, dopo più di un anno in cui quasi tutti i miei pensieri giravano intorno alla BisNonna e al modo migliore di farla stare bene e in parte anche ai bisogni e alla salute del BisNonno. 
Da ieri, suo figlio ha portata la BisNonna in un altro Ospedale, più vicino ai suoi affetti familiari, noi la sentiamo giornalmente al telefono e, appena possiamo andremo a trovarla. 
So già che ce la farò a riprendere il ritmo, ci sono già passata con mia Madre e con la Suocera! Ma per ora, mi coccolo un po’! _aaa Senso di vuoto

Dis-appunti romani

Appunti su avventure e disavventure di un week end di trasloco nella Capitale . . .

Roma è una grande città . . . luci accese e traffico che non si ferma neanche di notte (la prossima volta, portare tappi per le orecchie).

Al prossimo trasloco della FigliaPiccola non ascoltare le sue rassicurazione, procurarsi scotch da pacchi, pennarello, borse e scatoloni.

Non contare su: “un sacco di amici mi aiuteranno” . . . quando servono, gli amici,  hanno altri impegni

Stampare e distribuire appunti che parlino di Space Clearing o di Decluttering a tutti e tre i Figli e all’Udmv, iniziare a ripeterli al PiccoloLord come se fossero una poesia, sperando che tutti, finalmente, imparino a comprare lo stretto necessario, eliminare le cose che non si usano da 2 anni e . . . trovare il modo di dare nuova vita a quello che non serve!

Quando la Nadia vi invita a pranzo: “una cosa semplice e rapida, giusto due spaghetti con pomodoro fresco”, limitatevi a quelli . . . perchè, dopo la pasta con sugo di pomodori e olive nere, ci sarà anche il pollo e l’insalata, i formaggi e il prosciutto, il dolce che abbiamo portato noi, acqua, vino, moscato, grappa e caffè . . . e quando ci siamo alzati da tavola è stato difficile ricominciare a fare “il facchino”

Portarsi, oltre la voglia di fare e gli attrezzi usuali; pinza, cacciaviti e martello, ricordarsi anche le lampadine di scorta della macchina della FigliaPiccola . . . per non essere meravigliati quando, ormai con la luce del sole che va scemando, per strada, ci si accorge che le luci di posizione dell’auto davanti (quella della FigliaPiccola appunto) non funzionano!

Il taglio del . . . pero!

C’era una volta un pero . . . ci riforniva di piccole, succose e buone pere durante l’inizio dell’estate . . . veniva potato, veniva arieggiato, ma niente di più, non trattamenti invasivi, si lasciava fare alla natura . . . 

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Quando la natura fa il suo corso senza troppi “aiutini” da parte degli uomini, produce buoni frutti, ma a volte . . . soccombe alle forze della natura stessa!

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Erano un po’ di anni che sul suo tronco correvano allegre le formiche e nei suoi piccoli frutti si trovavano uovo, larve e vermetti, si scartava, se il danno era lieva, oppure, si buttava il frutto che diventava presto il banchetto di uccellini e altri animali . . . 

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Finché, un pomeriggio estivo di pioggia battente, con tutta la chioma a “fare vela”, il vento impetuoso ha piegato il vecchio tronco, rendendolo pericoloso per tutti, ma specialmente per gli animali di casa e per il PiccoloLord che scorazzano insieme per quella giungla che chiamiamo giardino . . . 

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Ed ecco che all’improvviso, in un pomeriggio di sole, con un pubblico attento e partecipe (con PiccoloLord che avrebbe voluto partecipare attivamente col nonno e lo zio). Il vecchio pero è stato abbattuto . . . segato pezzo pezzo da una moderna sega elettrica . . . 

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Tanto ha lavorato, la povera sega elettrica,  che a un certo punto ha chiesto un attimo di pausa . . . come le biciclette più antipatiche, ha fatto “scendere” la catena! 

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Risistemata al suo posto la catena, la sega ha ricominciato a fare il suo lavoro . . . Il risultato? Tanti ciocchi, tra tronco e rami, pronti per essere “asciugati” nei mesi a venire da vento e sole. Per poi essere utilizzati come brace per future “rosticciate”. . . 

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entre per tutti i rametti coperti di foglie, il futuro è incerto . . . all’insegna del principio che nulla si crea e nulla si distrugge, ricicleremo anche l’albero “della nonna”(*) e i rametti si useranno per accendere il fuoco o nella compostiera . . . 

NonnaLa nonna del nonno

(*) Nella memoria dei Figli questo pero era l’albero dove la Nonna sedeva all’ombra nei pomeriggi d’estate quando andavamo a trovarla!