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Mercoledì delle Ceneri – 2019

Oggi, mercoledì delle Ceneri,  nella Chiesa cattolica di rito romano e in molte Chiese protestanti, ci si mette in cammino verso la Pasqua. (i fratelli di rito Ambrosiano, iniziano domenica)
È come un nuovo Capodanno, è un nuovo inizio, un cambiamento . . . o almeno, così dovrebbe essere. Oggi, a chi crede e va in chiesa, verrà posto sul capo un pizzico di cenere. Verrà pronunciata una piccola frase: “Convertiti e credi al Vangelo”.
Oggi è un giorno particolare anche in cucina (sempre per chi crede e “pratica”), tutti i cattolici dei vari riti latini sono tenuti a far penitenza e ad osservare il digiuno e l’astinenza dalle carni.

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Ora, siccome io non sono teologa o nemmeno catechista, vi lascio con alcune riflessioni di una che ne sa più di me!  

Il tema scelto da Papa Francesco per il tempo liturgico che iniziamo a vivere da oggi, è: “L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio” (Rm 8,19). In Terris, ne ha parlato con Suor Roberta Vinerba, teologa e prima donna a guidare l’Istituto superiore di scienze religiose (Issra) di Assisi, collegato alla Pontificia università lateranense.

Qual è il significato biblico delle Ceneri?
“La teologia biblica rivela un duplice significato dell’uso delle ceneri. Prima di tutto rappresentano la fragilità, la precarietà, dell’uomo: Abramo rivolgendosi a Dio dice: ‘Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…’ (Gen 18,27). Questo non vuol dire però che Dio ci abbia creati manchevoli in qualcosa. E’ proprio la nostra condizione di creatura a renderci indigenti perché la vita la riceviamo in dono. Noi siamo creature amate che tutto ricevono e che su questa Terra sperimentano la propria condizione di precarietà. Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Particolarmente noto è il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: ‘I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere’ (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: ‘Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore’ (Gdt 4,11).

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Che cosa rappresentano oggi?
“Oggi più che mai abbiamo bisogno di ‘qualcuno’ che ci ricordi che siamo cenere e cenere torneremo. L’uomo infatti nonostante i progressi della scienza, della tecnologia, resta sempre una creatura precaria, debole. Pertanto le ceneri sono una memoria che parla alla nostra superbia ogni volta che ci sentiamo onnipotenti e pensiamo di essere noi stessi gli autori della nostra vita. Ma anche un invito a rendere il nostro tempo pieno d’amore, proprio perché essendo così effimero, non sappiamo quando finirà”.

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“La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnerne l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare… sui piedi degli altri”, scriveva don Tonino Bello in una riflessione sulla Quaresima, inquadrando ogni azione di questo tempo nella cornice di due segni, la cenere e l’acqua: due tra le infinite immagini che si accavallano e rincorrono in tanti componimenti poetici dedicati al tempo dei quaranta giorni: il deserto, la strada, il viandante, la croce e la prova, il calvario e la sete, la preghiera e la purificazione.” 

Il popolo del mattino . . .

Se cercate con Google “il popolo del. . . “, ne trovate un sacco:
Il popolo della notte
Il popolo del blues
Il popolo del mare
Il popolo della vita
Il popolo del tappeto
Il popolo del fiume
e persino Il popolo dell’autunno

Ma non troverete niente riguardo al “Popolo del Mattino” . . . e a questo metterò rimedio io . . .

È da più di un anno che, sporadicamente, frequento il popolo del mattino o per meglio dire, uno dei popoli del mattino . . . ho deciso che vi voglio raccontare qualcosa su di loro. Anzi, vi dirò di più, penso che molta gente che conosco e qualcuno di quelli che appaiono nella cronaca dei giornali dovrebbero frequentare questi posti, in certe ore . . .

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Sono di solito in coppia, a volte è un trio . . . rari quelli che girano in quattro. Sono di età diverse, generazioni diverse. Non sempre usano linguaggi comuni, eppure si capiscono benissimo. Sono tutti sorrisi e sbaciucchiamenti, ma non mancano musi lunghi e capricci. Quasi sempre ancora un po’ di sonno negli occhi. Occhi dolci, preoccupati, ridenti, nervosi, gioiosi, profondi.
I più giovani si conoscono e si riconoscono, spesso si abbracciano e festeggiano come se fosse da tanto che non si incontrano. Gli adulti che li accompagnano chiacchierano tra loro, si danno consigli, scambiano opinioni. Se possono parlano di altro che non riguarda né il luogo in cui si trovano né il perché sono lì, ma se parlano del perché si trovano lì, le esperienze sono simili e i consigli tanti.

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Ci sono quelli che arrivano più presto (intorno alle 8), ci sono quelli che entrano al 2° turno, ma è sempre presto.

Ma non ci sono solo loro, ci sono anche quelli che li aspettano: gentili, sorridenti, simpatici, precisi, molto preparati e sempre disponibili ad ascoltare o a perdere quel attimo per scambiare due parole con loro o con chi li accompagna.

Vanno in posti dove  ci sono stanze allegre, colori, disegni, giochi . . . e tante persone preparate per “giocare”, persone che elargiscono tanti sorrisi. Sempre! Ai grandi e ai piccini.

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Tutte le mattine, come gli ormai noti leone e gazzella della savana, un piccolo esercito di bambini e di genitori, zii o nonni (a secondo del bisogno), si sveglia e si prepara, esce di casa e arriva al “Centro” dove si fanno le terapie: Psicomotricità, Logopedia,  Fisioterapia, Psicologia, Ortottica e molte altre che non conosco.

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È ormai un anno che, sporadicamente, accompagno FigliaGrande e il PiccoloLord alle terapie che lo aiutano a superare il suo problema col linguaggio. Io faccio parte di quella minoranza che, mentre aspetta che passino i 40 minuti circa della seduta, lavora a maglia e/o a uncinetto. Ma, mentre lavoro o scambio due chiacchiere con la FigliaGrande, mi guardo intorno e osservo gli altri.
I bambini che devono sottoporsi alle terapie: bambini con la sindrome di Down, bambini in carrozzella, bambini adottati che arrivano dagli orfanotrofi dell’est, quelli bellissimi e vivaci, ma con problemi di deambulazione, quelli che sorridono e non sanno come altro esprimersi, quelli che fai fatica a capire cosa hanno e poi, da qualche indizio o da sussurri tra mamme, scopri che soffrono di quello che adesso vengono chiamati “disturbi specifici dell’apprendimento” e una volta venivano liquidati dagli insegnanti come “ha le capacità, ma non si applica”. E poi, i fratelli e fratellini (quando non è possibile lasciarli a casa o non vanno a scuola), i papà (attenti e amorevoli, tutto il contrario di quelli delle pubblicità e dei telefilm), nonni, zii e le mamme, per le mamme ci vorrebbe un post a parte.
Tutte persone che si muovono di buon mattino, per fare in modo che il bambino interessato alle terapie perda meno ore possibili di scuola (di solito quella materna).

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In questo anno di frequentazione, ho visto anche gli adulti (più spesso anziani), che però, nella maggioranza dei casi arrivano più tardi, arrivano soli o accompagnati, chi sulla sedia a rotelle, chi con le stampelle, chi invece al braccio del marito (anziano pure lui) o delle loro accompagnatrici. Non distingui, se non per qualche rassomiglianza, le figlie dalle nuore, c’è un’attenzione per il malato che fa bene al cuore. (Se poi lo fanno solo per noi, pubblico forzato, non lo so).

Questo post mi gira nella testa da qualche settimana, un riconoscimento a queste persone che hanno scelto una professione così complicata e così importante (per citare uno slogan che ho trovato in rete “persone per servire persone”). Un riconoscimento agli adulti (familiari e amici) che girano intorno ai bambini con problemi di disabilità (dal minimo al massimo della disabilità, ma non c’è una graduatoria) e li accudiscono con amore e costanza. Un riconoscimento a questi bambini, che, non lo sanno, ma sono bravi e si impegnano oltre quello che è il massimo e ottengono dei risultati sorprendenti (ho sentito parlare di “miracoli”), oltre ogni aspettativa.

Terza di Quaresima – 2014

Niente da dire, le donne nella Bibbia ci sono, sono importanti, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento . . . mi piace la samaritana.

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(. . . ) Dalla Giudea Gesù deve ritornare in Galilea, e potrebbe farlo risalendo la valle del Giordano. La strada era più piana, più sicura e permetteva di non dover attraversare la Samaria, regione montuosa ma soprattutto terra ostile ai giudei. Invece – precisa il testo – Gesù “doveva” passare in Samaria, particolare che esprime una “necessità divina”: in obbedienza a Dio, proprio perché la sua missione non è ristretta solo ai giudei, Gesù attraversa quella terra.

E così incontra dei nemici: i samaritani erano sì ebrei, ma da alcuni secoli si erano separati dagli altri, dai giudei, fino a rinnegare il tempio di Gerusalemme e a costruirne uno nuovo sul monte Garizim… Da allora regnava inimicizia tra giudei e samaritani, ritenuti impuri e idolatri, al punto che quando alcuni giudei vorranno rivolgere a Gesù l’insulto più infamante gli diranno: “Sei un samaritano, un indemoniato!” (Gv 8,48). Eppure Gesù accetta di incontrare anche questi nemici religiosi, si fa samaritano tra i samaritani.

Nell’ora più calda del giorno giunge in Samaria, “affaticato per il viaggio”, e va a sedersi vicino al pozzo di Sicar, il pozzo di Giacobbe (cf. Gen 33,18-20). È stanco e assetato ma non ha alcun mezzo per attingere acqua. Sopraggiunge anche una donna che, a causa del suo comportamento immorale pubblicamente riconosciuto, è costretta a uscire per strada a quell’ora, per non incontrare sguardi di disprezzo (. . .)  (se vuoi continuare a leggere clicca qua)
Fr. Enzo Bianchi, Priore di Bose 

L’Annuncio a Maria – Venerdí del Libro 10

L’ho ordinato in Biblioteca, col prestito interbibliotecario . . . ma siccome l’ho già letto e ne ho già parlato, vi copio qua il post di allora (24 agosto 2008 . . . eh sì, era ora di rileggerlo ). . . e se vi incuriosisce, potete sempre cercarlo anche voi! 

Claudel

Ho letto, in questi giorni, un libro che ho scoperto tramite questo  blog . . . (anzi, sapete, ho scoperto che un sacco di nickname e di blog, sono ispirati da un libro) .
Questo libro, si intitola “L’annuncio a Maria” di Paul Claudel . . . più che un racconto, è un testo teatrale, ma si legge bene, il giusto patos . . . bellissime parole, molto sentite . . . personaggi disegnati forse un po’ con l’accetta . . .  per quello che servono all’autore . . . autore che, da un nome a ciascuno, ma alla madre, no, la madre, la chiama “la madre”, sarà riduttivo o sarà perché una madre, è MADRE e tanto basta?

Comunque, leggendo di questo padre di famiglia, in un periodo medioevale, che sistema gli affari, gli affetti e parte per la Terra Santa! Quando torna, trova la famiglia e il suo mondo, stravolti . . . Così mi sono ricordata di questo post, che avevo letto da Factum:

“I percorsi del labirinto delle cattedrali, chiamati anche Chemins à Jérusalem, erano sostituti del pellegrinaggio in Terra Santa; bisognava percorrerli in ginocchio, con un rosario al collo, pregando per la salvezza della propria anima.

Labirinto Chartres

Il labirinto come il percorso della nostra vita, a Chartes al centro della navata c’è lo schema di un labirinto, il cui tracciato è lungo 262 metri, simbolo del tortuoso cammino che intraprende il fedele che intende raggiungere la conoscenza.

Labirinto di Chartres

E mi sono chiesta se quel pover’uomo, (il protagonista dell” Annuncio a Maria”, non Factum) non faceva meglio a inventarsi un labirinto in giardino, e rimanere a casa!

Credo, e forse sbaglio, che spesso si cerca qualcosa lontano, si va in cerca di esperienze nuove, o lontane dalla nostra cultura . . . quando basterebbe guardare vicino a noi, o dentro di noi, e potremmo trovare tanto . . . !

P.S. Ho copiato anche lo schema animato, nel caso qualcuno decida di partire pe Chartres, così, quando è lì, non sbaglia strada . . .

Con questo post, Fiordicactus partecipa al Venerdì del libro di Homemademamma

L’abbraccio benedicente – Venerdì del libro 9

Inizio di Quaresima, cambio di prospettive, invito a pensare, astinenza e fioretti . . .  anche nelle letture. 
Io faccio così, gli altri, liberi di fare quello che vogliono. Così non rinuncio del tutto alla vita del web e non rinuncio del tutto alle letture, cerco di leggere qualche titolo adatto al periodo . . . Inoltre, ci tengo a mantenere un minimo di vita “sociale” a questo blog che nel 2013 è stato assai trascurato. (È anche una scusa per tenere sveglio il cervello!)

L'abbraccio benedicenteClicca sulla copertina, per altre notizie sul libro


Parlando del libro che vi propongo, vi confesso che l’ho già letto, nel 2010, su consiglio di un amico blogger, l’avevo preso in Biblioteca, poi, a ottobre dell’anno scorso, ne ho comprata una copia per regalarlo. Ma il giorno prima della festa, parlandone con la festeggiata, mi sono sentita dire che: “a me i libri proprio non mi interessano. Se mi regali un libro, lo metterei lì, senza farne niente.”  . . . Ho optato per una pianta in vaso.
E il libro è rimasto lì nella mia libreria, ma almeno, io sapevo cosa farci. 

FiglioProdigoIl ritorno del figlio prodigo – Rembrandt
Museo dell’Ermitage – San Pietroburgo

La frase che mi ha più colpito è stata questa: “Poichè, in realtà, io sono il figlio minore, sono il figlio maggiore e sto per diventare il padre. (…) spero e prego che possiate scoprire dentro voi stessi non solo il figlio perduto di Dio, ma anche il padre e la madre compassionevole qual’è Dio”  (pag 39)

Lo rileggo a partire da oggi, ma ne ho già parlato in un post . . . Questo . . . 

Con questo post, Fiordicactus partecipa al “Venerdì del libro” di Homemademamma

Domenica – i salmi

Non so voi, ma a me, la domenica andando alla Messa, la prima cosa che vado a cercare su quei foglietti che stanno sui banchi è il ritornello del salmo . . . mi piacciono i Salmi, mi fanno sentire comunità, forse persino più del “Padre Nostro”

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E oggi vi lascio quello che abbiamo recitato oggi:

Dal Salmo 120 (121)

 Il mio aiuto viene dal Signore.

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

Il mio aiuto viene dal Signore.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

Il mio aiuto viene dal Signore.

 
Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il mio aiuto viene dal Signore.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.

Il mio aiuto viene dal Signore.

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Preghiamo per la Pace

Partecipo

alla giornata

di preghiera e digiuno

indetta dal Papa per la

Pace nel mondo

Cibo

Digiuno dal cibo e

anche

dal lato tecnologico

della vita

No Pc

Principe della pace, Gesù Risorto,
guarda benigno all’umanità intera.
Essa da te solo aspetta l’aiuto e il conforto alle sue ferite.
Come nei giorni del tuo passaggio terreno,
tu sempre prediligi i piccoli, gli umili, i doloranti;
sempre vai a cercare i peccatori.
Fa’ che tutti ti invochino e ti trovino,
per avere in te la via, la verità, la vita.
Conservaci la tua pace,
o Agnello immolato per la nostra salvezza:
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
dona a noi la pace!
Allontana dal cuore degli uomini
ciò che può mettere in pericolo la pace,
e confermali nella verità, nella giustizia, nell’amore dei fratelli.
Illumina i reggitori dei popoli, affinché,
accanto alle giuste sollecitudini per il benessere dei loro fratelli,
garantiscano e difendano il grande tesoro della pace;
accendi le volontà di tutti a superare le barriere che dividono,
a rinsaldare i vincoli della mutua carità,
a essere pronti a comprendere,
a compatire, a perdonare,
affinché nel tuo nome le genti si uniscano,
e trionfi nei cuori, nelle famiglie, nel mondo la pace,
la tua pace.

(Beato Giovanni XXIII)

 

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Prossimo . . .

Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». 

Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». 
Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». 
E Gesù: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». 
Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». 
Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 
Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. 
Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. 

Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. 
Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 
Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. 
Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». 
Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: « Va’ e anche tu fa’ lo stesso ». 

(dal Vangelo secondo Luca 10,25-37)

_ A Samaritano

Il Buon Samaritano  – Vincent Van Gogh (1853-1890)

“Cristo non disse che un giudeo soccorse un samaritano, ma che un samaritano fu generoso verso un giudeo. Da questo impariamo che dobbiamo preoccuparci di tutti e non solo dei nostri familiari nella fede… Se vedi uno che soffre, non indagare oltre: anche lui ha diritto di essere aiutato, per il semplice motivo che soffre.”

Giovanni Crisostomo, Sulla Lettera agli Ebrei 10, 4.

A cura di L. Gambero. (copiato da “La Domenica“) 

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Pentecoste

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Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.

O luce beatissima,
invadi nell’intimo
il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,
nulla è nell’uomo,
nulla senza colpa.

Lava ciò che è sórdido,
bagna ciò che è árido,
sana ciò che sánguina.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli,
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.

XXXII Domenica del tempo ordinario

Dal Vangelo secondo Marco (12,38-44)

In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

C’è una sproporzione enorme tra il valore oggettivo
e quello soggettivo dell’offerta della vedova.
Ciò che è insignificante per l’economia del tempio non lo è per il suo salvadanaio…
E questo ci insegna che è azzardato (oltre che ingiusto) quantificare l’offerta degli altri, sia in denaro che in qualsiasi altra forma. San Gerolamo ci ricorda che nell’ottica di Dio “le offerte non vengono valutate secondo il loro peso, ma secondo la buona volontà di chi le fa”. E forse è proprio l’apparente insignificanza di quell’elemosina a renderla particolarmente gradita agli occhi di Gesù. C’è chi pensa di poter comprare qualcosa da Dio con ciò che offre e c’è chi vuol contribuire a risolvere un’emergenza umanitaria. Ma con due spiccioli che pensi di fare? Sono appena un gesto di affetto, un segno di partecipazione. E se certi benestanti pensavano di poter diventare azionisti di maggioranza nel tempio, a lei bastava un gesto di presenza per dire: “Ci sono anch’io”.
Una figura così porta un po’ di ottimismo anche nelle nostre vite, spesso incupite dalle cattive notizie e dai cattivi esempi di cui siamo circondati.

XXXI Domenica del Tempo Ordinario

n quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Lo scriba che interroga Gesù nel vangelo di Marco non è malizioso come in Matteo e Luca, però…
Gesù gli ricorda il comandamento di amare il suo Dio col suo cuore, la sua anima, la sua mente, la sua forza (cfr. Mc 12,30). Ma questo aggettivo possessivo è sparito nella risposta dello scriba, molto asettica, molto professionale. Come se volesse mantenere le distanze. Il problema è che, fino a quando ci limitiamo a riferire dei concetti, possiamo apparire per dotti, ma non siamo ancora dei sapienti. Gesù forse si aspettava una risposta che toccasse anche il cuore e non solo l’intelligenza. Tant’è vero che, quando gli dice che non è lontano dal Regno di Dio, non fa la domanda più ovvia: cosa devo fare per entrarci?! Ma questa è la storia di qualche domenica fa, il ricco che si informa e gira i tacchi tornando a casa deluso… A modo suo, anche questo scriba è un ricco: possiede un patrimonio di conoscenze a cui non sembra intenzionato a rinunciare. Ma a che ti serve la ricchezza se non è in grado di procurarti quello che conta?

due novembre

“La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata” (Enciclica Spe salvi, 49).

Ti affidiamo, Signore, gli affetti della nostra vita, le relazioni che non tolleriamo spezzate per sempre, quanti ci hanno nutrito con il loro amore e anche quanti sono stati per molti motivi causa di (reciproca) sofferenza. Ma soprattutto siamo noi ad affidarci alla preghiera di quanti già contemplano il tuo volto, perché sostengano il nostro cammino verso la Speranza.

XXX Domenica del tempo ordinario

Dal Vangelo secondo Marco (10,46-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Un po’ ruffiano, certamente, come tutti quelli che per sbarcare il lunario dipendono dall’umore del donatore. Che cosa sappia veramente di Gesù il povero Bartimeo è un mistero, ma deve avere fiutato quell’atmosfera di regalità che attornia Gesù di Nazaret e che di lì a poco proromperà nel grido entusiasta di quelli che lo accompagnano nel suo ingresso solenne in Gerusalemme: “Osanna! Benedetto il Regno che viene del nostro padre Davide!” (Mc 11,9-10). E allora perché stupirsi che il mendicante cieco si rivolga al celebre maestro con il titolo di “Figlio di Davide”? E sembra che l’espediente funzioni, perché anche la donna siro-fenicia in Mt 15,22 ottiene la guarigione della figlia malata invocandolo in quel modo!
Ma in realtà, non è questione di formule, è questione di cuore. Ognuno si esprime come può, come sa, come crede. Mi riesce difficile pensare che una supplica al Cielo sia rispedita al mittente per un errore nell’intestazione… Ed è bello scoprire che anche nel vangelo la gente arriva a scoprire Gesù per gradi: per Bartimeo, sulla strada della gloria, Gesù è il Figlio di Davide; per il centurione, dopo la via del Calvario, Gesù è il Figlio di Dio.
Dipende anche da dove lo incontri.
La mia strada, per esempio,…

XXIX Domenica del tempo ordinario

Dal Vangelo secondo Marco (10,35-45)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Dici “Vaticano” e la gente pensa “carriera”. Non c’è da stupirsi: dal momento che la chiesa cattolica ha assunto la fisionomia di uno stato, non può sottrarsi alla burocrazia e alle gerarchie che lo caratterizzano. Non sono di quelli che si scandalizzano perché esistono lotte di potere nella chiesa, ma neppure mi rassegno all’idea che le cose non possano cambiare (in meglio, si spera…). Il rapporto col potere è uno dei nodi più complicati non solo per la storia bimillenaria della chiesa, ma anche per la vita del singolo cristiano. Il potere seduce come l’anello di Gollum, se non si sta in guardia rischiamo di venirne divorati.
Forse è inevitabile che l’esercizio del potere corrompa in qualche misura anche gli uomini di chiesa, ma proprio per questo è necessario il discernimento nelle scelte.
Mica per nulla Gesù ha scelto come guida del gregge un uomo che non brillava per qualità umane, ma per disponibilità ad amarlo più di chiunque altro (cfr. Gv 21,15-17)…

Romaria, due post in uno e aggiornamenti

Ho visto che ogni giorno, tutti i giorni, c’è almeno una persona che cerca notizie sulla canzone Romaria . . . secondo me una bellissima canzone, tanto mi piace che le ho dedicato due post.
Tanto mi ha incuriosito che ho cercato e ricercato sul web notizie . . . e ho trovato anche molto aiuto da altri, fuori dal web.  Ringrazio tutti loro, quelli che hanno messo notizie sul web e i miei due amici italo/brasiliani.

Sperando che Google mi aiuti, eccovi un post che li unisce tutti e due . . . che, secondo me, si completano a vicenda e li completa, perché, qui aggiungerò anche notizie nuove che sono state aggiunte da altri che come me amano questa canzone, nei commenti ai post.

Tutto è cominciato con un viaggio a Firenze, per un incontro con altri blogger  e infatti, il primo post iniziava così . . . 

“Da Bivigliano ho riportata: i biscotti della sposa, tanti bei ricordi, e una “fissa” per la canzone “Romarìa”. 

L’avevo sentita già l’altra volta, ma non ci avevo dato troppo peso, questa volta, invece, mi rimbomba continuamente nella testa.
A me, ascoltando col cuore le parole, è venuto alla mente il pubblicano della nota parabola (E da Giorgetto, è stato fatto l’accostamento con un’altra canzone)   

Quando qualcosa mi interessa, quando mi prende, voglio sapere tutto il possibile, e così, oltre la traduzione che avevo già, visti i tempi moderni, mi sono fatta aiutare da Google. 

Tra i primi risultati c’era un blog, “coscienzasporca”, sono andata a curiosare, ho trovato un post, di cui vi copio alcune frasi:
” … una canzone che si intitola “Romarìa” (con l’accento sulla i) ovvero “processione”. La canzone ha in effetti una sua dimensione profonda, (…) certamente spirituale. È stata scritta da Renato Teixeira e portata al successo da Elis Regina.
La canzone è innegabilmente bella (…) con un verso finale fortissimo: “Ma dal momento che non so pregare, sono venuto semplicemente a mostrare il mio sguardo, il mio sguardo, il mio sguardo”. Ci sarebbe da parlare a lungo delle frasi che valgono un’intera canzone…” ” 
E il post “Romarìa. . . una magnifica ossessione” continua qui . . . clicca per leggere il resto

Dopo qualche tempo da questo primo post, ho ricevuto un nuovo aiuto nella traduzione e nell’interpretazione e ho scritto il secondo post:

Tempo fa, ho avuto modo di parlare di questa canzone con una persona che conosce bene il Nordeste del Brasile, (al contrario di AnnaLucia, che è Carioca, cioè di Rio de Janeiro)! E che ha una buona conoscenza delle lingue, sia del brasiliano che dell’italiano, Oltre all’inglese, praticamente non proprio un interprete, ma una persona che ha a che fare per lavoro con le varie lingue! 

Essendo io curiosa e chiacchierona (forse persino un po’ narcisista),  dopo aver parlato di questo e di quello e di questa canzone, essendo impicciata col Corso, gli ho passato l’indirizzo del post che avevo fatto, e gli ho detto di darci un’occhiata, ecco cosa mi ha scritto: “Chi ha fatto quella traduzione che riporti non deve conoscere bene il Nordeste, perché confonde il tropeiro con un contadino e altre cose che ti posso spiegare!

Il personaggio che parla è un tropeiro (mandriano, buttero, cow-boy) e non un contadino; quando dice “sou caipira” in questo caso non vuol dire “sono contadino” ma sono “di campagna”, semplice, rozzo, che non ha studiato. “Caipira” è anche aggettivo che viene impiegato come in italiano si può usare “cafone”. In genere caipira indica qualcosa di rozzo e semplice, a volte anche genuino, come se, per esempio si dice: “essa é pinga caipira!” = questa è pinga (cachaça, distillato di canna da zucchero) genuina.”
Il post “Ancora Romaria . . . nuove notizie, nuova traduzione” continua qui . . . clicca per leggere il resto

Uno dei commenti al secondo post, aiuta a capire ancora di più questa canzone: 
“ciao, mi chiamo Antonio e sono il “bipedeingrato” che hai cortesemente citato nella tua ricerca.
Sono felice di essere stato utile e sono ancora più felice di aver imparato qualcosa di nuovo anche grazie a te. Anche perchè il mio legame con questa canzone è profondo e per certi versi inspiegabile. Tipo una cosa mistica, hai presente?

Dopo tre anni nel Nordeste questa canzone più di altre, con la cultura che rappresenta, con la storia che riesce a condensare, con la musicalità quasi sacra, mi è entrata nel sangue, ha segnato momenti e cementato amicizie che ora mi aiuta a tenere vive…

Dopo aver contribuito alla traduzione sul blog di “coscienza sporca” che pure hai citato, sempre assillato dal dubbio di quel ritornello ricorsivo e indecifrabile decisi di fare la cosa più semplice (e quindi a suo modo geniale): scrivere all’autore di tale capolavoro.
La cosa fantastica fu che qualche giorno dopo Renato Teixeira mi rispose confidenzialemente con il messaggio che segue e che condivido volentieri con te:

“Caro Antonio, circa il verso di Romaria sul quale avevi dei dubbi, chiarisco che tutte le interpretazioni sono valide. Ho creato questa canzone negli anni settanta, in un momento nel quale ero profondamente coinvolto con la poesia concreta. Queste ambiguità nel verso sono, pertanto, intenzionali e possono essere usate in altri modi: come fionda e fondere, come fondo di profondità o semplicemente come fusione. Questo in portoghese funziona ma non so in altre lingue. Ad ogni modo, buona fortuna e grazie per accompagnare il mio poema a passaggio tra altri idiomi!”

Direi che completa degnamente il tuo (e nostro lavoro).

Ora – mi dirai – c’è il problema della traduzione di questo messaggio… non se ne esce mica!
Antonio”

E l’altro, di “coscienza sporca”,  che, nel mondo dei blog, è stato il primo a parlarne.
“Una bella e finalmente corretta traduzione che fa molto comodo anche a me. Tengo solo a riba-dire che chi ha proposto la prima traduzione (cioè io) non solo non conosce il Nordeste, ma proprio non conosce e non parla il portoghese. Per soddisfare la mia curiosità per la musica popolare brasiliana e le sue canzoni, che nasce da incontri come quello con Romaria, quando non trovo una traduzione già fatta (purtroppo spesso) ci provo da solo. “Vocabolarietto alla mano”, senza alcuna pretesa di competenza e con l’accondiscendenza di chi mi legge.
La bellezza di Romaria mi impose l’urgenza di mettere insieme una traduzione (prendendo spunti di qua e di là) da condividere con altri, pur nella consapevolezza dei limiti e delle inevitabili inesattezze. Con l’obiettivo di far conoscere la canzone, la sua forza, la sua capacità di arrivare a tutti, e non certo la mia traduzione.
In verità alcune interessanti osservazioni sul testo le aveva già fatte Antonio, ad esempio sul significato dei termini gibeira, jiló e sulla parola “trem” usata nel Minas Gerais per denotare qualsiasi cosa di cui si stia parlando. La nuova traduzione, molto bella, ci riporta quindi al giusto contesto e, come detto da altri, ci permette di cogliere nel migliore dei modi le intenzioni del suo autore. Risultando ancor più coinvolgente. Per questo la adotto subito anch’io, aggiornando il blog. “Diabolicamente” continuo nel mio esercizio di ricerca e “traduzione” di testi della MPB riempendo con la sola passione, i buchi della mia inesperienza. D’altra parte non trovo un canzoniere brasiliano tradotto, ne altri progetti editoriali che offrano al lettore italiano la possibilità di avvicinare un repertorio ricchissimo, di grande valore poetico. Questo non dovrebbe essere un lavoro per un caipira come me, ma per chi, in virtù di competenze culturali e linguistiche, ne potrebbe avere la capacità. Del resto la tua esperienza, fiore, parla da sola: fino all’incontro fortunato e mi sembra di capire fortuito con questa nuova traduzione hai dovuto accontentarti (come me) di quella presente sul mio blog: un blog dove si parla anche di calcio e stupidaggini varie, mica un libro tradotto o uno studio di filologia. Non ti sembra strano? Perchè non stiamo parlando di una canzoncina qualunque ma, per noi tutti che l’amiamo in ogni sua parola, anche in quelle che non capivamo, di un vero e proprio inno. Nel senso più alto. Grazie e buona domenica a tutti! PS avrei decine e decine di canzoni brasiliane da tradurre: se qualcuno volesse contribuire a questo sforzo, risparmiandomi fatica e strafalcioni, mi contatti pure sul blog! Ciao (coscienzasporca)”

Se poi arriveranno nuove notizie (una volta avevo scritto anch’io all’autore, ma non mi ha mai risposto, peccato!) condividerò, questa è una canzone e come tutte le espressioni artistiche, di tutti, condivisibile! Ma è diventata anche una preghiera cantata e specialmente in certi casi, mi viene proprio dal cuore la voglia di cantarla!
Tra l’altro, la festa della Madonna dell’Aparecida è proprio appena passata, infatti la si festeggia il 12 ottobre, e viene festeggiata in tutto il Brasile, di cui è la patrona. 

XXVIII Domenica del tempo ordinario

Dal Vangelo secondo Marco (10,17-30)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

Sul letto di morte, don Lorenzo Milani trovò la forza di commentare con la sua sferzante ironia: “Oggi un grande miracolo sta avvenendo in questa stanza: un cammello che passa per la cruna di un ago!”. Lui che era nato da famiglia benestante – e fu rimproverato quando fu sorpreso a mangiare il pane bianco nelle strade dei poveri – dopo il “purgatorio” di Calenzano e di Barbiana era pronto per il Regno dei cieli.
Il vangelo lo aveva preso sul serio, anche la pagina che ci viene proposta in questa domenica. Il Gesù che incontriamo qui non è un pauperista arrabbiato contro i ricchi che sfruttano i poveri. Non gli sarebbero mancati gli argomenti anche nel suo tempo, ma invano cercheremmo la denuncia sociale nelle pagine dei vangeli (persino il “guai a voi, ricchi!” di Lc 6,24 ha più interesse per l’errore teologico di chi confida nella ricchezza che non per l’istanza di giustizia). Il benessere cessa di essere considerato un segno tangibile della benedizione divina, ma non è neppure visto come lo sterco del diavolo. Come altri elementi importanti della vita umana (i legami affettivi, il lavoro, ecc.) non deve diventare ostacolo nel seguire Cristo. Mi piace questo atteggiamento che prescinde dalle affermazioni dogmatiche e che dimostra ancora una volta quanto Gesù sia stato un uomo libero nei confronti della cultura del suo tempo. L’esatto contrario del ricco che gli corre incontro, così attento e scrupoloso nel seguire le regole da non accorgersi che aveva la Vita davanti…

Festeggio i 5 anni di blog con un premio

Oggi, è il Compleanno del Blog . . .  sono ben 5 anni che ho incominciato a scrivere e raccontare le mie cronache semiserie, a ragionare sulle mie filosofie e pazzie, a invitarvi a provare le mie ricette, provate e approvate e tutto questo con affetto e con gioia.

Oggi ho deciso che era ora di cambiare qualcosa in questo blog, mi sono fatta un regalo, una “veste” nuova . . . spero vi piaccia.  L’immagine di “testata” (in inglese ha di sicuro un nome più accattivante, ma non lo so) è stata scelta senza un perché specifico, poi ho scoperto essere (una parte di) un dipinto di Van Gogh:   “Il mare a les Saintes – Maries de la mer” Giugno 1888.

Oggi, ho ricevuto un premio . . . me l’ha “donato” l’amica Diggiu, che col suo blog: Hope and Love is life è una delle prime amiche-blogger. Inoltre è anche un’ amica nella vita reale, perché, a volte, quando il virtuale si fa reale certe cose si confermano . . .

Il premio Simplicity, creato da Sheryl  dice: Questo premio va assegnato ai/alle blogger che nei loro post parlano di se stessi, ci raccontano le loro giornate, ci fanno vedere le cose dal loro punto di vista. Insomma, alle persone che fanno post in cui parlano di sé. Queste le regole:

1) Rispondere a questa domanda (che rimarrà invariata): ” Che cos’è la semplicità? “
2) Dedicare un’immagine a chi ti ha donato il premio.
3) Donare il premio a 12 blogger che rispondono ai requisiti citati prima.

Rispondo alla domanda (anche se a quest’ora il cervello è in “stand by”). . .
La semplicità, secondo me, è accontentarsi di quello che si ha, senza invidie se altri hanno di più, senza fare sogni che si sa potranno rivelarsi irrealizzabili.
Semplicità è fare le cose col cuore, allora anche una cena “spartana” diventerà “luculliana” . . . Semplicità è divertirsi con poco, una chiacchierata con gli amici, un gelato in buona compagnia . . .
Semplicità è gustare ogni attimo e ogni cosa che si ha . . .

La semplicità non va confusa con la stupidità!

Lele Luzzati – Il Giardino dell’Eden (la semplicità perduta, secondo me) dedicata a Diggiu

E adesso, dovrei donare questo Premio ad altre 12 blogger che rispondano ai criteri detti all’inizio . . . ma sono stanca e si avvicina la mezzanotte . . . chiudo qui, ci “vediamo” domani, ci dormo su e ci penso!

Aggiornamento :  Dopo averci pensato bene sono giunta alla conclusione che i blog-amici, ogni blog personale che ho linkato è quel famoso “diario che risponde”, ovvero blog di blogger che parlano di se stessi e della loro vita, dei loro pensieri.
Perciò, dono questo premio Simplicity a 
Nando, Julia, Paolo, Cristina, Francesca, Camu, ziaCris, Mariella, Dany, Fefo, Marina, Lucietta, Marta, Emily, Marzia, Antonella, Tea, Viviana, Alessandra, Wonder, e a tutti gli altri che trovate nella lista dei link.  

Morire di sport

Se ne sono accorti tutti, hanno fermato le partite . . . 25 anni (forse 26, a secondo del giornale) un giovane centrocampista . . . una serie di disgrazie in famiglia, un futuro promettente (a sentire gli esperti). L’ultimo (per ora) di una serie di giovani sportivi morti sul campo.


“al 31′ del primo tempo era caduto a terra al limite della sua area di rigore senza che nessuno lo contrastasse, aveva tentato un paio di volte di rialzarsi, ma era sempre ricaduto pesantemente sul manto erboso.” Ecco, in poche righe come viene raccontata la fine della vita di un giovane sportivo.

Non parlo mai di calcio, non amo il calcio e tutto il fanatismo dei tifosi, ma questa morte (ancor prima di sapere che era un “bergamasco di città”) mi ha colpito come un pugno nello stomaco.
Dopo aver letto qualche articolo, le lacrime sono scese senza riuscire a fermarle. Non lo conoscevo, non conoscevo la sua famiglia . . . ma come donna e come mamma mi ha toccato nel profondo.

Posso solo pensare che si è ricongiunto alla sua mamma, al papà e al fratello e da lassù proteggano la sorella, rimasta quaggiù!

Ciao, Piermario! Riposa in pace!

Il momento favorevole

«Ritornate a me con tutto il cuore..»(Gl 2,12)

«Lasciatevi riconciliare con Dio! … Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2 Cor.). «Convertitevi e credete al Vangelo!»  (Mc 1,15).

Buon cammino quaresimale a tutti!

Si ringrazia Diggiu, perchè il post è suo, io sono solo una copiona! Ma mi è piaciuto tanto che era un peccato non riproporlo! 🙂