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Un pomeriggio “altern-at-tivo”

Vista con gli occhi di uno dei vicini, la cosa si stava facendo sospetta.
Già il locale per lui era fuori norma, un B
ar “Bio”, con la sua sfilata di bottiglie, ma anche con molte scatolette di tisane, tè, cioccolata . . . e i dolci, preparati e cotti in casa dalla moglie del proprietario.


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E ora, da qualche mese, una domenica al mese, vedeva arrivare alla spicciolata donne, giovani e meno giovani, con borse,  borsette e borsone . . . lui aveva fatto l’indifferente, ma le aveva viste tutte, qualcuna era tornata tutte tre le volte, alcune invece erano arrivate una volta sola e, fin ora, non si erano ancora riviste . . . persino un ragazzo si era fermato, la prima volta, le due ore pomeridiane, ma  poi non l’aveva più visto.
E alla fine si era deciso, l’ultima domenica di marzo, un fantastico pomeriggio di primavera,  si era messo a passeggiare sul marciapiede e con fare indifferente, sbirciava dalla vetrina, le vide tutte appollaiate sugli sgabelli, tutte a testa bassa, ognuna con in mano qualcosa e, nei momenti in cui i rari clienti domenicali aprivano la porta, si potevano udire chiacchiere e risate . . . il proprietario del bar, il simpatico Pietro, le osservava curioso e divertito, poi si dava da fare per portare qualche piattino pieno di dolcetti, qualche tazza con cioccolata, cappuccino, tisane e loro, le donne, si affrettavano a spostare quello che avevano davanti, quasi con la paura che si potesse contaminare . . . mah, la cosa non gli era chiara, ma avrebbe tenuto d’occhio la situazione continuando a “fare la ronda” nei pressi. 

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L’appuntamento era alle 16.00 di oggi, al Seven Bar, in una delle stradine del centro, quando sono arrivata c’erano già Eleonora e altre due “ragazze” (tutte e due più giovani di me), ci siamo salutate, poi una delle due ragazze, mi ha allungato un foglio ripiegato dicendo: “Ecco l’angelo custode” . . . choc . . .  e poi l’intuizione, siamo andate a Roma alla Fiera con lo stesso autobus.
Abbiamo iniziato a chiacchierare, ci siamo presentate, e abbiamo iniziato a parlare di amiche in comune (Eleonora mi ha portato i saluti di un’amica knitter di Torino) e dei nostri progetti, poi è arrivata Valentina che con Eleonora è l’ideatrice di questi incontri: Knit Caffé  lo chiamano adesso che va di moda usare l’inglese.

 

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Siamo al terzo incontro, io ho partecipato solo agli ultimi due. 
Eleonora ci racconta delle sue esperienze di incontri di questo genere, a Torino, ci racconta che nella città sabauda ogni giorno, in qualche quartiere, si può trovare un gruppo di signore e qualche signore che sferruzza o uncinetta.

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Si aggregano al gruppo due signore più o meno della mia età, così siamo arrivate a 7. Le ultime due arrivate (sono amiche di un’amica che oggi non è potuta venire) e vorrebbero imparare a lavorare con i ferri circolari, così, mentre Eleonora spiega a loro (in pratica fa un corso personalizzato e accelerato) ascolto anch’io che a questa lavorazione mi ci sono avvicinata da autodidatta. Valentina fa le prove di modelli per una tendina a uncinetto, Gloria e Simo, lavorano all’uncinetto leggendo le spiegazioni su un tablet . . . insomma, la tecnologia applicata alla tradizione. 

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Pietro, il simpatico proprietario, ci chiede cosa vogliamo di merenda, e tra una tisana, un tè e tanti biscotti che prepara sua moglie, arriva anche il cappuccino che viene descritto come “buonissimo”, mi sa che al prossimo incontro lo prendo anch’io.  Io mi affretto a spostare i gomitoli di lana mohair, e mi godo la dolcezza e il relax. 
Si continua con i lavori, le chiacchierate e le risate e le 18.00 arrivano in fretta e noi raccogliamo i nostri lavori e ci diamo appuntamento al prossimo incontro.  Si torna alla realtà di tutti i giorni.

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Un modo moderno di incontrarsi, un modo nuovo di tenere viva una tradizione antica, quella che vedeva le nostre mamme riunirsi in casa di una o dell’altra, nei giardinetti o in spiaggia (ricordo benissimo mia madre e altre signore italiane con alcune signore tedesche che si spiegavano con disegni o facendo vedere come lavoravano i vari punti che volevano insegnarsi) o, addirittura mettendo le proprie seggiole nelle piazzette o sulle strade, allora poco frequentate,  stare insieme e passare conoscenze alle giovani generazioni . . . adesso, se qualcuna vuole imparare e non ha sottomano una mamma, una nonna o una zia, ecco i tutorial su you tube. 

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Poi, all’improvviso l’anziano vicino sul marciapiede non si sentiva più così anziano e non si sentiva più nemmeno in quella via . . . si sentì trasportato indietro nel tempo, quando proprio nei pressi di quella via, sua madre, la nonna e le vicine, dalla primavera all’autunno, formavano un circoletto con le sedie e ognuna aveva il suo lavoro, chi preparava la rete per il marito pescatore, chi aveva il tombolo per preparare il pizzo dei corredi nunziali, chi lavorava a maglia (soprattutto le calze pesanti per l’inverno) e chi ricamava, c’era sempre qualche bambina che stava vicina all’adulta che le insegnava l’arte antica e i maschietti, correvano, giocavano a palla . . .  Finalmente aveva capito, quelle donne portavano avanti una tradizione che arriva dalla notte dei tempi! 

retareLe “retare” che lavorano fuori dall’uscio di casa

 

Credits:  Le foto a colori sono di Pietro del SevenBar e riguardano ben 3 domeniche pomeriggio . . . la foto in bianco e nero l’ho trovata con Google! 

San Pietro . . . tra leggende e tradizioni

Una volta, quando abitavamo ancora nella Città sotto le Orobie, giugno era il mese del mare . . . partivano prima mia madre e mia sorella, qualche volta con me, qualche volta con mio fratello.
Di solito, per chi restava a casa, c’erano gli esami o altri impegni scolastici.


_Bergamo Alta
Comunque, ci godevamo le attenzioni della nonna e il viaggio col papà . . . infatti, li raggiungevamo più tardi, per il “ponte” che si creava con la festa di San Pietro e Paolo. Che, all’epoca, era in rosso sui calendari italiani.

Ho il ricordo di un paio di viaggi lui e io, da soli sulla 500 decapottabile, rossa, si partiva il 28 giugno, tardi, dovevo aspettare che mio padre tornasse dal lavoro. Non ricordo se si mangiava prima di partire, probabile che si mangiasse anche qualche panino in auto (mio padre non è mai stato un maniaco, le cose sporche si possono pulire).

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Quello che ricordo bene è che ogni volta ci trovavamo in mezzo a un temporale, con la notte che arrivava prima, con quella massa di nuvole che ti segue o ti precede chilometro dopo chilometro . . . insomma, immaginatevi una povera Fiordicactus, tra i 9 e i 12 anni (perché non ricordo proprio che anno fosse) in una scatolina di auto, col tetto di “stoffa” e le gocce che cadono forti e fanno un rumore d’inferno, lampi, tuoni e sferzate di vento . . . hai voglia a cantare, a raccontare storie di tempi andati a controllare i nomi dei paesi, man mano che li sorpassavamo, sulla cartina stradale . . . e allora arrivò la spiegazione per quella notte di tregenda.

Ogni anno tra Cielo e Terra, le forze del bene e del male si combattono . . . Angeli e Demoni (ben prima di Dan Brown), litigano fra di loro per la mamma di san Pietro. Il risultato a noi più evidente è quello che viene comunemente chiamato “temporalone” . . .

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Secondo mio padre la faccenda andò (più o meno) così:

San Pietro aveva una mamma (sì lo so, tutti abbiamo una mamma, fatemi finire), una mamma cattiva, antipatica e peccatrice. Così cattiva, antipatica e peccatrice che quando morì fu mandata all’Inferno senza tanti complimenti e nessun riguardo per la parentela con il primo Papa.

Passa un po’ di tempo e al nostro “portinaio” celeste gli prende la voglia di vedere sua mamma, per quanto cattiva, antipatica e peccatrice era pur sempre quella che da piccolo l’aveva coccolata, non tanto, è vero . . . l’aveva allattato, anche se, appena possibile l’aveva svezzato . . . l’aveva . . . be’, l’aveva affidato alla nonna ed era andata a farsi gli affari suoi . . . ma, lui era ormai vecchio, si sa, quando si invecchia si torna bambini . . .

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Pensando alla sua mamma all’Inferno e alla mamma del suo “capo” che era lì: Assunta in Cielo . . . partì e andò da Gesù:  “Sai, avevo pensato . . . sai, mia mamma laggiù all’Inferno, è da un po’ che non la vedo . . . tu, qui, hai la tua mamma e io . . . Dai, tu puoi tutto . . . ” 
E Gesù . . . “Simon Pietro, lo sai perché è stata mandata laggiù, ci sono le regole, non le ho fatte io: i buoni qua, i cattivi là. Lei è sempre stata cattiva, antipatica e peccatrice. E sta giù! Non fare il bambino!” 
San Pietro testardo, insiste: ” Eh, però anche al Ladrone, e quell’altro e quella: l’ adultera, hai perdonato un po’ tutti, proprio la mia mamma no???”
Al che Gesù, si inquieta e gli dice: “Non possiamo mica fare e disfare tutte le regole, se le cose sono così dalla notte dei tempi, ci sarà un perché . . . lasciala lì e facciamola finita.” 
“Eh, però . . . !” disse san Pietro ” . . . tra poco è la mia festa, almeno per la mia festa, potresti farmela vedere, come regalo”
Il buon Gesù, si commosse, in fondo era un figlio anche lui: “Ok! È giusto. Per la tua festa, ogni anno, avrai qua tua mamma! Dobbiamo solo prendere accordi! ” 
Furono presi accordi. In linea di massima tutti i diavoli erano d’accordo (ogni diavolo è buono a mamma sua), ma poi qualcuno cominciò a brontolare che erano favoritismi, nepotismi, amicizie altolocate . . .  che quel Lucifero lì, ha il cuore tenero . . .  che tutti i dannati devono essere uguali . . . e ci fu un po’ di trambusto anche all’Inferno. Ma in Paradiso tutti tranquilli, non arrivarono notizie . . .
Al tramonto del 28 giugno, San Pietro si presenta al portone dell’Inferno col permesso di rilascio temporaneo della mamma . . . la mamma viene accompagnata al portone e subito madre e figlio iniziano a elevarsi al Cielo . . . dal portone sbucano i diavoli dissidenti e, dai cancelli del Paradiso sciamano angeli e arcangeli che erano là di vedetta . . .


angeli e demoni

mentre qualcuno dei diavoli prende la mamma di san Pietro per i piedi per riportarla giù all’Inferno, alcuni degli angeli aiutano il vecchio san Pietro a tirarla per le braccia e portarla in Paradiso, intorno a loro si scatena una rissa che presto si trasforma in una battaglia .  . . finalmente le forze celesti riescono a portare a termine brillantemente la missione, San Pietro si gode la vicinanza della sua mamma per tutto il giorno della sua festa e poi la riaccompagna all’Inferno . . . si rivedranno l’anno dopo. E l’anno dopo tutti di nuovo a litigare . . .

Noi, nel tragitto dalla Città sotto le Orobie al mare della Romagna, eravamo capitati nel bel mezzo di quella rissa fra i diavoli e gli angeli . . .

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Quando, dopo qualche anno, siamo andati ad abitare fuori città era tutta un’altra vita, potevamo stare all’aria aperta, correre nei campi, arrampicarci sugli alberi e, la notte tra il 28 e il 29 giugno, sotto quegli alberi mettevamo un fiasco . . . per fare in modo, il giorno dopo, di poter vedere la “barca di san Pietro”.

Sapete come si fa???
La sera del 28 giugno, si prende un fiasco (o un altro contenitore di vetro) senza la paglia intorno . . . ci si mette l’acqua e poi ci si butta dentro l’albume di un uovo . . . lo si mette sotto un albero, un cespuglio e si aspetta la mattina per vedere, come d’incanto, tra l’acqua delle forme, come una barca con le vele. . . si dice che da come si presentano le vele si possono trarre auspici per il futuro . . . DSCN3712 Quest’anno l’ho voluto rifare, per riprendere una tradizione antica . . . ma devo aver sbagliato qualche passaggio, e la “nave” è venuta senza vele! Mah, ci riproveremo l’anno prossimo.

Lucyette, ne sa un’altra di leggenda sulla Madre di san Pietro, se volete, cliccate qui

Maggio, andiamo per santuari – Knock (An Cnoc o Cnoc Mhuire) Irlanda

Andiamo ancora una volta lontani dall’Italia, per scoprire un santuario in Irlanda, terra di San Colombano.  dove la Madonna è apparsa in compagnia di san Giuseppe e San Giovanni Evangelista. 

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“Il 21 agosto 1879, Mary McLoughlin, quarantacinquenne custode della chiesa retta dall’arcidiacono Bartolomeo Kavanagh, andò nel vicino cottage di Mary Byrne alle sette pomeridiane circa. Durante il tragitto, sul lato sud della chiesa, riferì di aver visto, scambiandole per statue, le figure della Vergine Maria, di san Giuseppe e di san Giovanni Evangelista, vestito come un vescovo, e inoltre un altare con una croce e un agnello, tradizionale immagine di Gesù, con angeli in adorazione. La McLoughlin pensò che l’arcidiacono si fosse procurato quelle immagini a Dublino.

Dopo mezz’ora Mary tornò alla chiesa con Mary Byrne, di 29 anni, per chiudere a chiave il portone, e lì avrebbero rivisto le figure, e si sarebbero rese conto che si trattava invece di un’apparizione. Mary chiamò allora suo fratello Dominick, sua madre e sua sorella, entrambe di nome Margaret, ed avvisò anche la gente dei dintorni. Accorsero il cugino, Dominick senior, suo figlio Patrick, il domestico John Durkan e il piccolo curry John di sei anni. Nel frattempo Mary Byrne era corsa a casa dell’amica Judith Campbell e della settantacinquenne Bridget Trench, che rilasciò in seguito un racconto vivace della presunta apparizione.” (per sapere come continua, clicca qui)

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(Per maggiori informazioni, in inglese, leggete qua)
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A questa Madonna, regalerei mughetti . . . che sono proprio i fiori simbolo di questo mese . . . 

“Secondo leggenda, il mughetto è uno dei primi fiori  a spuntare annunciando l’arrivo della primavera ed era considerato il simbolo dell’Avvento del Salvatore, nonché della sua Incarnazione. Il mughetto viene anche associato All’immagine della Madonna e alla sua purezza per il suo candore e per la dolcezza del suo profumo. Secondo la tradizione tali fiori sono stati originati dal sangue versato da San Leonardo durante la sua intensa lotta contro il demonio.” (da qui)

Maggio, andiamo per Santuari – Caravaggio

E siamo arrivati a Caravaggio per il “FerraMaggio” (Copiata l’idea a Gabriele, amico Facebook).
Il Santuario di Caravaggio è un santuario importante, antico e molto conosciuto. È il santuario della mia infanzia (anche se mio padre, quando se ne parla, ricorda che ogni pellegrinaggio a questo paese della bassa bergamasca è legato a qualche problema: perdita di un braccialettino d’oro, rottura del motore dell’automobile in un pomeriggio di una domenica autunnale e via ricordando) di cui, io bambina, ho solo bei ricordi.  Qui di seguito, come al solito, la storia dell’apparizione e il link. 

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“L’anno 1432 dalla nascita del Signore, il giorno 26 maggio alle ore cinque della sera, avvenne che una donna di nome Giannetta oriunda del borgo di Caravaggio, di 32 anni d’età, figlia di un certo Pietro Vacchie sposadiFrancesco Varoli, conosciuta da tutti per i suoi virtuosissimi costumi, la sua cristiana pietà, la sua vita sinceramente onesta, si trovava fuori dall’abitato lungo la strada verso Misano, ed era tutta presa dal pensiero di come avrebbe potuto portare a casa i fasci d’erba che lì era venuta a falciare per i suoi animali.
Quand’ecco vide venire dall’alto e sostare proprio vicino a lei, Giannetta, una Signora bellissima e ammirevole, di maestosa statura, di viso leggiadro, di veneranda apparenza e di bellezza indicibile e non mai immaginata, vestita di un abito azzurro e il capo coperto di un velo bianco.
Colpita dall’aspetto così venerando della nobile Signora, stupefatta Giannetta esclamò: Maria Vergine!
E la Signora subito a lei:Non temere, figlia, perché sono davvero io. Fermati e inginocchiati in preghiera.
Giannetta ripose:  “Signora, adesso non ho tempo. I miei giumenti aspettano questa erba.”
Allora la beatissima Vergine le parlò di nuovo: “Adesso fa quello che voglio da te…”

Santuario  di Caravaggio

E così dicendo posò la mano sulla spalla di Giannetta e la fece stare in ginocchio. Riprese: “Ascolta bene e tieni a mente, perché voglio che tu riferisca ovunque ti sarà possibile con la tua bocca o faccia dire questo…”
E con le lacrime agli occhi, che secondo la testimonianza di Giannetta erano, e a lei parvero come oro luccicante, soggiunse:
“L’altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini, perché essi fanno ciò che è male ogni giorno di più, e cadono di peccato in peccato. Ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe. Perciò voglio che tu dica a tutti e a ciascuno che digiunino a pane ed acqua ogni venerdì in onore del mio Figlio, e che, dopo il vespro, per devozione a me festeggino ogni sabato.
Quella metà giornata devono dedicarla a me per riconoscenza per i molti e grandi favori ottenuti dal Figlio mio per la mia intercessione.”
La Vergine Signora diceva tutte quelle parole a mani aperte e come afflitta.
Giannetta disse: “La gente non crederà a me.”

La clementissima Vergine rispose: “Alzati, non temere. Tu riferisci quanto ti ho ordinato. Io confermerò le tue parole con segni così grandi che nessuno dubiterà che tu hai detto la verità.”
Detto questo, e fatto il segno di croce su Giannetta, scomparve ai suoi occhi.
Tornata immediatamente a Caravaggio, Giannetta riferì tutto quanto aveva visto ed udito. Perciò molti – credendo a lei – cominciarono a visitare quel luogo, e vi trovarono una fonte mai veduta prima da nessuno.
A quella fonte si recarono allora alcuni malati, e successivamente in numero sempre crescente, confidando nella potenza di Dio. E si diffuse la notizia che gli ammalati se ne tornavano liberati dalle infermità di cui soffrivano, per l’intercessione e i meriti della gloriosissima Vergine Madre di Dio e Signore nostro Gesù Cristo. A Lui, al Padre e allo Spirito Santo sia sempre lode e gloria per la salvezza dei fedeli. Amen.”

(E poi, se volete saperne di più, cliccate qui)

 

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Il fiore di oggi, un fiore che è nella lista dei miei “Top Ten” , appena dopo i girasoli! La Peonia!

“La peonia fu incoronata “Regina” da un’antichissima leggenda che affonda le radici in Cina, e viene tuttora considerata tale. Sulla base di quanto emerge dal linguaggio dei fiori, la peonia simboleggia la timidezza e la vergogna: la tradizione narra che le ninfe utilizzavano petali di peonia come rifugio sicuro, per proteggere loro stesse dai pericoli.
Nell’antico contesto mitologico greco, la peonia fu al centro di numerosissimi miti e leggende: tanto per riportare un esempio, la peonia personifica le lacrime versate da Diana, dea della caccia, quando ella capì di aver ucciso il suo amato con la freccia.” (da qui)

Maggio, andiamo per santuari – N. S. di Bonaria

Qualche anno fa ho scoperto questo santuario, me l’ha fatto conoscere un’amica blogger AnnaVercos (il nickname è il nome del personaggio di un dramma di Paul Claudel “L’Annuncio a Maria”, ve lo consiglio, ecco qui la mia impressione)

“Marzo 1370. Un mercantile salpa dalla Spagna verso la penisola italica. La navigazione si prospetta tranquilla, ma all’improvviso si scatena una paurosa tempesta. La situazione si fa drammatica e l’equipaggio capisce di non avere più speranze. Il capitano, per alleggerire la nave, ordina di gettare in mare ogni cosa nella speranza di poter salvare almeno la vita degli uomini dell’equipaggio. Rimangono a bordo solo l’equipaggio e i viaggiatori.

All’improvviso, la tempesta si placa, le nubi di diradano e ricompare il sole. 

Pieni di sollievo per il pericolo scampato i marinai, guardando verso il mare, si accorgono che di tutta la merce gettata in mare solo una enorme cassa galleggia: nessuno sa che cosa contenga o a chi appartenga. Incuriositi, cercano di recuperarla. Non ci riescono. 

Il capitano cerca di rimettersi in rotta, ma inutilmente: la nave segue misteriosamente quella grossa cassa che, dopo qualche tempo, approda dolcemente sulla spiaggia antistante il piccolo borgo di Bonaria, ai piedi di un convento di Frati Mercedari. 

Scesi a terra, i marinai cercano di aprire la misteriosa cassa, ma non ci riescono. Tentano di spostarla, ma risulta impossibile per l’enorme peso. Anche la gente accorsa dal borgo sulla riva guarda incuriosita. La notizia ben presto si diffonde e da ogni parte della vicina città di Cagliari (Caller) sopraggiungono anche l’arcivescovo Bernardo, il vicerè Alberto Satrillas e altre autorità cittadine. 

Tutti sono sgomenti e non sanno cha fare davanti a quella cassa; ma a un certo punto si leva dalla folla una voce infantile che invitava la gente a chiamare i frati del vicino convento. 

I religiosi accorrono prontamente e, nel silenzio incuriosito degli astanti, con molta facilità aprono la cassa: agli occhi increduli di tutti appare una bellissima statua della Madonna con il Bambino e con una candela accesa in mano. 

Era il 25 marzo del 1370, festa dell’Annunciazione. 

Una  volta approdato in Sardegna, il bel simulacro doveva essere adeguatamente ospitato e ci si chiese dove esso meritasse di essere collocato: si pensò di portarlo nella Cattedrale, chiesa madre della città; i frati si opposero, sostenuti da tutta la popolazione e portarono la statua nel convento. 

Si pensò di collocarla in una cappella laterale, poiché l’altare maggiore era già occupato da un’altra prodigiosa statua, La Madonna del Miracolo. 

La statua della Vergine fu dunque collocata in una cappella laterale, ma il mattino seguente, i religiosi videro che le due statue si erano scambiate di posto.La Madonna venuta dal mare era sull’Altare maggiore. 

Pensarono che qualcuno avesse voluto onorare nascostamente, durante la notte il nuovo simulacro miracoloso, e rimisero le statue al loro posto. Il mattino seguente verificarono lo stesso spostamento. La terza notte decisero di vegliare per impedire che qualcuno effettuasse quello spostamento, ma, senza che riuscissero a rendersene conto, la Madonna venuta dal mare si spostò ancora una volta sull’Altare maggiore. Era chiaro che la nuova venuta voleva essere onorata come regina del Santuario; perciò i religiosi la lasciarono nel posto che Essa stessa si era scelta; e da allora viene venerata come Nostra Signora di Bonaria, proclamata nel 1908 da San Pio X Patrona massima della Sardegna”

La “navicella”  

Al centro dell’arco absidale pende la “misteriosa” Navicella intorno alla quale le cronache del Santuario e gli storici di Bonaria parlano abbondantemente. 
E’ d’avorio ben levigato al di fuori e scavato all’interno. D’avorio è anche la tavoletta sottile e mobile che serve di coperta nella poppa; così pure la gabbia e l’unico albero. Questo è fissato, al centro, da fili d’argento anneriti, infissi nei fianchi esterni, e si uniscono sotto la gabbia. In cima all’albero c’è un piccolo anello di ferro fasciato di cordina dove si attacca la cordicella che sostiene la Navicella alla volta. E’ lunga 30 cm, alta mm 95, pesa g 1.70 e misura dalla chiglia alla cima dell’albero cm 36. Con ogni probabilità essa risale agli inizi del secolo XV. 

La celebrità della Navicella è dovuta al fatto che, appesa davanti al Simulacro della Madonna, cominciò a dare misteriose segnalazioni delle quali si occupò anche il Processo Canonico nel 1592, isituito dall’Arcivescovo don Francesco Del Vall per vagliare la veridicità dei fatti di Bonaria. Le segnalazioni della Navicella, controllate e vagliate da persone qualificate, indicavano la direzione dei venti spiranti nel golfo. La loro straordinarietà non sta nel movimento, che promana da una legge fisica, bensì nell’indicare la direzione dei venti con la sua prora. 
I naviganti infatti hanno sperimento la veridicità delle segnalazioni senza mai avventurarsi nel mare se non dopo aver consultato le indicazioni della Navicella.  

La città di Buenos Aires, fondata una prima volta dal conquistador Pedro de Mendoza il 2 febbraio 1536, distrutta nel 1541 e rifondata definitivamente come Ciudad de la Santísima Trinidad en el Puerto de Santa María del Buen Aire nel 1580 da Juan de Garay, deve il suo nome alla devozione dei marinai sardi dell’equipaggio verso la Madonna del Buen Aire o de los Buenos Aires, ovvero la Madonna di Bonaria venerata a Cagliari[4][5]. Nella capitale dell’Argentina si trova una basilica, eretta nel 1911 dai Mercedari, dedicata a Nuestra Señora de los Buenos Aires, la cui festa, come nel capoluogo sardo, si celebra il 24 aprile.

Maggio, andiamo per santuari – Forno Alpi Graie (Groscavallo – TO)

Sono tornata in Italia . . . ci è voluto un po’, ma sono arrivata in mezzo ai monti del Piemonte!  

Gli avvenimenti miracolosi del 1630 prendono le mosse da un pellegrinaggio compiuto dall’operaio Pietro Garino, nativo di Forno Alpi Graie e residente a Torino, al santuario della Madonna del Rocciamelone, in valle di Susa, sorto nel Medioevo in seguito al voto di un crociato di Asti, Bonifacio Rotario, sulla cima di quello che era ritenuto il monte più alto delle Alpi. Giunto il 7 agosto 1629 sulla cima di questo monte (4), il pellegrino nota sulla facciata della cappella due quadretti che raffigurano la Vergine di Loreto e san Carlo Borromeo, entrambi gravemente danneggiati dall’umidità. Garino pensa di portarli a Torino per farli restaurare, e promette di riportarli nella cappella l’anno seguente.

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A Torino, Garino affida il restauro dei quadri al pittore milanese Carlo Antonio Merutto. Nel frattempo è giunto l’anno 1630, in un Piemonte devastato dalla guerra e dalla fame, alle quali si aggiunge la pestilenza. I paesi che Pietro Garino dovrebbe attraversare per ascendere nuovamente al Rocciamelone si trovano nella zona più gravemente infetta dalla peste. Pertanto egli pensa di rimandare la restituzione dei quadri e di portarli per il momento con sé nella sua casa natale di Forno. E proprio a Forno, nella notte del 27 settembre 1630, Pietro Garino ode una voce che lo chiama per nome. Lo stesso fenomeno si ripete nelle due notti successive, senza che egli ne comprenda l’origine. 
Nel pomeriggio del 30 settembre, mentre si trova su una pianta a raccogliere foglie per il bestiame. scorge sulla cima dell’albero i due quadri, che aveva chiuso in un cassettone a casa sua. Mentre Garino si pone in ginocchio ai piedi dell’albero, i due quadri scendono – miracolosamente – a terra. Quasi contemporaneamente sopra una pietra appare una Dama con un velo verde in capo e un vestito d’argento ricoperto di gemme, sorretta da due donne. Superato il primo stupore, Garino trova il coraggio di rivolgere questa domanda: «Vi domando, beata Vergine, se siete la Madre di Dio». E la Dama risponde: «Io sono la Madre di Dio, Regina del Cielo e della Terra. Ti domando di dire al Parrocco o ad altro religioso che faccia sapere al popolo che sieno più timorati di Dio e diversi da quello che furono finora. Allora potrò ottenere dal mio Divin Figliolo che faccia cessare la peste che miete tante vittime e ne siano preservati i paesi che ancora ne sono sani. Va e non temere: io farò che si creda alle tue parole». 
Il veggente si reca dal parrocco, don Renaldo Teppati, e gli racconta l’accaduto. Il parrocco che conosce Garino per uomo di fermo buon senso e di solida pietà, alieno da fantasticherie o mistificazioni, è subito incline a mestare fede al veggente: gli fa ripetere sotto giuramento il racconto e gli dà appuntamento per il giorno seguente alla cappella di San Rocco, poco distante da Forno, raccomandandogli di portare con sé i due quadri. Ma al mattino del giorno dopo Garino constata che i quadri sono nuovamente spariti dal luogo dove li aveva riposti. Accorso con don Teppati alla roccia dove si era manifestata la Vergine, vi trova ancora i due quadri, segno manifesto che quel luogo era stato scelto dalla Madonna per esservi venerata. (e se volete sapere come è finita . . . cliccate qui)

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Oggi una rosa antica . . . bellissima, l’ho trovata in questo sito:  “Ca’ delle Rose” 

Maggio, andiamo per santuari – Fatima

Visto che ero in giro . . . tanto valeva prendersi ancora un giorno, oggi è proprio quello giusto per andare a Fatima. Oggi, infatti, è proprio il giorno in cui la Madonna apparve ai pastorelli portoghesi. 

_basil_409b77364b2bc (1)Per saperne di più sul santuario, clicca sulla foto 

“Il 13 maggio del 1917 tre bambini pascolavano un piccolo gregge nella Cova da Iria, frazione di Fatima, comune di Villa Nova de Ourém, oggi Diocesi di Leiria-Fatima. Si chiamavano Lucia de Jesus, di 10 anni e i suoi cugini Francesco e Giacinta Marto, di 9 e 7 anni. 
Verso mezzogiorno, dopo aver recitato il rosario come facevano abitualmente, si intrattennero a costruire una piccola casa con pietre raccolte sul luogo, dove oggi sorge la Basilica. All´ improvviso videro una grande luce; pensando che si trattasse di un lampo decisero di andarsene, ma sopraggiunse un altro lampo che illuminó il luogo e videro sopra un piccolo elce (dove ora si trova la Cappellina delle Apparizioni) una “Signora più splendente del sole” dalle cui mani pendeva un rosario bianco.

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La Signora disse ai tre Pastorelli che era necessario pregare molto e li invitò a tornare alla Cova da Iria per cinque mesi consecutivi, il giorno 13 e a quella stessa ora. I bambini così fecero e nei giorni 13 di giugno, luglio, settembre e ottobre la Signora tornò ad apparire e a parlare con loro alla Cova da Iria. Il 19 agosto l´apparizione ebbe luogo nella località “dos Valinhos” a circa 500 metri da Aljustrel, perché il giorno 13 i bambini furono sequestrati dal sindaco e portati a Villa Nova de Ourém.

Nell´ ultima apparizione, il 13 ottobre, alla presenza di circa 70.000 persone, la Signora disse che era “La Madonna del Rosario” e chiese che venisse costruita in quel luogo una Cappella in suo onore. Dopo l´apparizione, tutti i presenti furono testimoni del miracolo promesso ai tre bambini nei mesi di luglio e di settembre: il sole, simile ad un disco d´argento, poteva essere fissato senza difficoltà, girava su se stesso come una ruota di fuoco e sembrava che volesse precipitare sulla terra.” (e per sapere il resto, cliccate qui)

“La Statua che si venera alla Cappellina delle Apparizioni, cuore del Santuario di Fatima, è stata offerta da Gilberto Fernandes dos Santos nel 1920. È opera dello scultore José Ferreira Thedim.

È in legno, cedro del Brasile e misura 1,10 m.

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È stata benedetta il 13 Maggio 1920 nella Chiesa Parrocchiale di Fatima (a 4 Km dal Santuario, luogo dove furono battezzati i Pastorelli di Fatima); intronizzata alla Cappellina delle Apparizioni il 13 Giugno 1920 e incoronata dal Legato Pontificio Cardinale Masella, il 13 Maggio 1946.

La statua della Madonna è incoronata nelle grandi celebrazioni con una corona che è un esemplare unico eseguito a Lisbona e alla quale hanno lavorato gratuitamente 12 artisti per la durata di tre mesi. Pesa 1200 grammi ed è arricchita da 313 perle e 2679 pietre preziose. Questa corona è stata offerta dalle donne portoghesi il 13 Ottobre 1942, come ringraziamento perché il Portogallo non era entrato a far parte della 1ª Guerra Mondiale, e in essa è incastonata la pallottola offerta da Giovanni Paolo II.

Il defunto Sommo Pontefice offrì la pallottola che gli trapassò il corpo nell’attentato di cui fu vittima il 13 Maggio 1981, a Roma, come segno di ringraziamento alla Vergine per avergli salvato la vita.

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La rosa d’oro alla Madonna di Fatima . . . “Fu concessa da Paolo VI nella sessione del 21 Novembre 1964 del Concilio Vaticano II e benedetta dallo stesso Papa il 28 Marzo 1965. Fu consegnata al Santuario dal Cardinale Legato, Fernando Cento, il 13 Maggio 1965. !

Maggio, andiamo per santuari – Parigi

Domenica, facciamo un volo (con la fantasia) e arriviamo a Parigi, presto siamo alla Cappella della Madonna della Medaglia Miracolosa dove la Madonna apparve a una suora, Santa Caterina Labouré, della Congregazione delle Figlie della Carità nel convento di Parigi in rue du Bac,140.
Negli anni successivi ci furono le apparizioni di La Salette (1846), Lourdes (1858), Pontmain (1871) ed infine Pellevoisin (1876). Queste apparizioni,tutte approvate dalla Chiesa, segnano fisicamente sulla terra di Francia la “M” mariana della medaglia miracolosa.

“Alle undici e mezzo mi sento chiamare per nome: “Suor Labouré! Suor Labouré!” Svegliatami, guardo dalla parte donde veniva la voce, che era dal lato del passaggio del letto. Tiro la cortina e vedo un fanciullino vestito di bianco, dai quattro ai cinque anni, il quale mi dice:“Venite in cappella; la Madonna vi aspetta”. Mi venne subito il pensiero mi sentiranno! Ma quel fanciullo è pronto a rispondermi “State tranquilla: sono le undici e mezzo e tutti dormono profondamente. Venite che vi aspetto”.
Vestitami in fretta, mi diressi verso quel fanciullo che era restato in piedi senza avanzarsi oltre la spalliera del letto.

Il fanciullo mi seguì, o meglio, io seguii lui dovunque passava, tenendosi sempre alla mia sinistra. Erano accesi i lumi da per tutto dove noi passavamo, il che molto mi sorprendeva. Assai più meravigliata però rimasi all’ingresso della cappella, quando l’uscio si aprì, appena il fanciullino l’ebbe toccato con la punta di un dito. La meraviglia poi fu al colmo quando vidi tutte le candele e tutte le torce accese, come alla Messa di mezzanotte. Però non vedevo ancora la Madonna.
Il fanciullo mi condusse nel presbiterio accanto alla poltrona del Signor Direttore, dove io mi posi in ginocchio, mentre il fanciullino rimase tutto il tempo in piedi. Parendomi il tempo troppo lungo, ogni tanto guardavo per timore che le suore vegliatrici passassero dalla tribuna”.

“Finalmente giunse il sospirato momento. Il fanciullino mi avvertì, dicendomi: “Ecco la Madonna, eccola!”.
Sentii un rumore come il fruscio di vesti di seta venire dalla parte della tribuna, presso il quadro di S. Giuseppe, e vidi la S.Vergine che venne a posarsi sui gradini dell’altare dal lato del Vangelo. Era la SS. Vergine, ma tutta simile a Sant’Anna, solo il volto non era lo stesso.

Io ero incerta se si trattasse della Madonna. Ma il fanciullino che era lì mi disse “Ecco la Madonna!”. Dire ciò che provai in quel momento e ciò che succedeva in me, mi sarebbe impossibile. Mi sembrava di non riconoscere la Madonna. Quel fanciullino mi parlò allora non più con voce di bambino, ma d’uomo alto e robusto; e disse parole forti. Io, guardando la Santissima Vergine, spiccai allora un salto verso di Lei, ed inginocchiatami sui gradini dell’altare, appoggiai le mani sulle ginocchia di Maria…

Fu quello il momento più dolce della mia vita”.”

“Allora si fece sentire una voce che mi disse: “Fate coniare una medaglia su questo modello; tutte le persone che la porteranno, riceveranno grandi grazie specialmente portandola al collo; le grazie saranno abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia… “. All’istante mi parve che il quadro si voltasse e io vidi il rovescio della Medaglia. Vi era la lettera M (iniziale del nome Maria) sormontata da una croce senza crocifisso che aveva come base la lettera I (iniziale del nome Iesus, Gesù). Più sotto poi vi erano due cuori, uno circondato da spine (quello di Gesù), l’altro trapassato da una spada (quello di Maria). Dodici stelle infine circondavano il tutto. Poi tutto disparve, come qualcosa che si spegne, ed io sono rimasta ripiena non so di che, di buoni sentimenti, di gioia, di consolazione”.”

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Nota Bene – copiato dai siti: Maria di Nazareth che parla delle apparizioni mariane nel mondo e La Cappella della Medaglia Miracolosa, il sito ufficiale dove potete trovare tutte le informazioni.

Maggio, andiamo per santuari – Giulianova

Se da Roma prendete l’autostrada, in poco tempo siete sull’Adriatico a Giulianova . . . ecco dove vi porto stamattina. A conoscere la Madonna dello Splendore . . .

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” Il 22 aprile 1557 piacque al Signore dare un segno della sua divina bontà col far conoscere al popolo di Giulianova la Vergine dello Splendore”.

Così si legge nella prima cronaca che il padre priore, don Pietro Capullo (Celestino), scrisse a più riprese dal 1657 al 1674 e che servì come fonte per la “Storia Aprutina” scritta da don Niccola Palma e per la “Cronica Relazione di Santa Maria dello Splendore di Giulia nova “scritta dai Padri Celestini.
Su una collinetta al di fuori delle mura di Giulianova, verso mezzogiorno, un pio contadino, stanco per aver raccolto della legna da ardere da portare nella sua casa di Cologna, andò a riposarsi all’ombra di un frondoso ulivo. Bertolino, così si chiamava il contadino, ristorato dalla piacevole brezza marina che giungeva fin lassù, stava per assopirsi quando vide tra i rami dell’albero una luce abbagliante e, al centro, la Vergine Maria che gli disse: “Su, Bertolino, levati e vanne tosto in Giulianova e spargi per tutto il paese la lieta novella che la Gran Madre di Dio qui ha scelto la sua dimora. Avvisa il clero che venga senza indugio alcuno con solenne processione ad onorarmi e che qui, dove tu ora mi vedi, mi si costruisca un santuario”.

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Ancora stordito per la grande emozione, ma fiero per l’incarico ricevuto, Bertolino corse dal governatore (amministratore feudale di nomina ducale) per riferirgli lo straordinario messaggio della Madonna. Com’era prevedibile, sia il governatore che alcuni notabili presenti si divertirono molto nell’ascoltare lo strano racconto del contadino, ma quando questo incominciò ad insistere perché lo seguissero sul luogo dell’apparizione, persero la pazienza e lo cacciarono in malo modo, tacciandolo di visionario e demente.” (Per continuare la lettura, clicca qui)

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E per questa giornata che, finalmente, vede riaffacciarsi tra le nuvole un bel sole, offro alla Madonna dello Splendore un mazzo dei fiori che mi piacciono da sempre, da quando ricordo .  .  . Calendule
“un’antica leggenda greca racconta che questo fiore nacque dalle lacrime di Afrodite, addolorata per la morte del suo giovane amante Adone, trafitto da un cinghiale inviatogli contro dal gelosissimo Ares, compagno ufficiale di Afrodite. Pertanto, la calendula è il fiore della consolazione.

Secondo altri, il nome deriva dal greco “kàlathos”, che significa coppa o cesta, facendo riferimento così alla forma del fiore. Come tutti i fiori gialli o arancioni, era associato al sole. Infatti il termine “marigold” degli inglesi lo accomuna alla Vergine Maria, cui erano dedicati nel Medioevo. Il fatto che abbassi il capolino al tramonto, era considerato un segno di lutto per la scomparsa del sole  e questa credenza si è trasmessa nella simbologia che lo vuole simbolo del dolore, della noia e della pena. Più o meno dello stesso avviso sono ancora oggi i messicani, che lo considerano il fiore della morte. Una leggenda popolare dice che questi fiori, portati dai conquistatori, siano cresciuti in Messico con il sangue dei poveri indigeni, vittime del potere dei bianchi. Secondo una leggenda inglese sono  simbolo di gelosia e sono raffigurati come zitelle mai amate da nessuno che, morendo, si trasformano in calendule “gialle di rabbia”.

Secondo gli scrittori dell’Ottocento, era il simbolo dei cortigiani adulatori, ma c’è anche una corrente di pensiero che lo vuole simbolo dell’amore puro e infinito. L’emblema di Margherita d’Orléans era una calendula che girava attorno al sole con il motto: “Io non voglio seguire che il sole”. Nei giochi di Tolosa, i celebri “jeux floraux”, al poeta vincitore si offriva una calendula d’argento in onore del fondatore, secondo la tradizione Clemence Isaure, di cui era il preferito. 
In Germania è anche chiamata “Kuhblume” poiché a Pentecoste è antica consuetudine cingere il capo dei  bovini con fiori di calendula durante la Pfingst Procession.”

Maggio, andiamo per santuari – Roma

Stamattina mi sono svegliata presto e sono partita per un viaggio a Roma, sono arrivata alla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, per raccontarvi la storia di un’apparizione e di una conversione: 

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“Alfonso Ratisbonne, laureato in giurisprudenza, ebreo, fidanzato, gaudente ventisettenne, cui tutto promettevano l’amore, le promesse e le risorse di ricchi banchieri suoi parenti, l’irrisore dei dommi e delle pratiche cattoliche, il beffeggiatore della Medaglia Miracolosa, decise un giorno, per distrarsi di mettersi in viaggio e visitare alcune città dell’ Occidente e dell’Oriente, escludendo Roma, che odiava, essendo la sede del Papa.

A Napoli avvenne qualcosa di misterioso. Una forza irresistibile lo portò a prenotare il posto per il nuovo viaggio, anziché per Palermo, prenotò per Roma. Arrivato nella città eterna, fece visita a tanti suoi amici tra cui a Teodoro De Bussière, fervente cattolico. Questi, sapendolo miscredente, riuscì, nelle varie conversazioni a fargli prendere la medaglia e a promettere di dire la preghiera alla Madonna di S.Bernardo, a cui, però, con sorriso beffardo e sdegno disse:”vuol dire che sarà per me un’occasione, nelle mie conversazioni con gli amici, di mettere in ridicolo le vostre credenze”.
Fai come vuoi, gli rispose il De Bussière, e si mise a pregare con tutta la sua famiglia per la sua conversione. Il 20 gennaio uscirono tutti e due. Si fermarono davanti alla Chiesa di S. Andrea delle Fratte. Il cattolico andò in Sacrestia per segnare una Messa per un funerale, mentre l’ebreo preferì visitare il tempio, curioso di trovarvi dell’arte, ma nulla lo attrasse, nonostante i lavori del Bernini, del Borromini, del Vanvitelli, del Maini ed di altri illustri artisti ivi raccolti. Si era nel mezzodì. La Chiesa deserta dava l’immagine di un luogo abbandonato; un cane nero passò saltellante accanto a lui e disparve.
D’un tratto… lascio la parola al veggente, secondo come ebbe a deporre con giuramento, durante il processo che ne seguì…
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” Mentre camminavo per la chiesa ed ero giunto incontro ai preparativi del funerale, all’improvviso mi senti preso da un certo turbamento, e vidi come un velo innanzi a me, mi sembrava la chiesa tutta oscura, eccettuata una cappella, quasi tutta la luce della medesima Chiesa si fosse concentrata in quella. Levai gli occhi verso la cappella raggiante di tanta luce, e vidi sull’Altare della medesima, in piedi, viva, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa la SS.ma Vergine Maria simile all’atto e nella struttura all’immagine che si vede nella Medaglia Miracolosa dell’Immacolata. A tal vista io caddi in ginocchio nel luogo dove mi trovavo; procurai, quindi, varie volte di levar gli occhi verso la SS.ma Vergine, ma la riverenza e lo splendore me li feci abbassare, ciò che però non impediva l’evidenza di quell’apparizione. Fissai le di Lei mani, e vidi in esse l’espressione del perdono e della misericordia.

Quantunque Ella non mi dicesse nulla compresi l’orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della religione cattolica, in una parola capì tutto. “Sono caduto ebreo e mi sono alzato cristiano“.

In seguito il convertito fece un bellissimo cammino che lo portò al sacerdozio e a partire missionario nella sua terra di Palestina, dove morì da santo. Infatti il 31 gennaio si battezzò col nome di Alfonso Maria. Ruppe il fidanzamento con Flora ed entrò nella Compagnia di Gesù, divenendo sacerdote nel 1848. Passò poi nella Congregazione dei religiosi di Nostra Signora di Sion, costituita per la conversione degli ebrei e dei musulmani, fondando una sede in Palestina.”

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Maggio, andiamo per santuari – Siracusa

Oggi, sono in ritardo, dal Trentino AltoAdige sono corsa in fondo alla penisola . . . oggi niente apparizione, oggi andiamo a trovare una delle Madonne che hanno pianto! La Madonna delle Lacrime di Siracusa

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“Il 29-30-31 agosto e il 1° Settembre del 1953, un quadretto di gesso, raffigurante il cuore immacolato di Maria, posto come capezzale di un letto matrimoniale, nella casa di una giovane coppia di sposi, Angelo Iannuso e Antonina Giusto, in via degli Orti di S. Giorgio, n. 11, ha versato lacrime umane.
Il fenomeno si verificò, ad intervalli più o meno lunghi, sia all’interno che all’esterno della casa. 

Molte furono le persone che videro con i propri occhi, toccarono con le proprie mani, raccolsero e assaggiarono la salsedine di quelle lacrime.
Il 2° giorno della lacrimazione, un cineamatore di Siracusa riprese uno dei momenti della Lacrimazione.
Quello di Siracusa è uno dei pochissimi eventi così documentati.
Il 1° Settembre una Commissione di medici e di analisti, per incarico della Curia Arcivescovile di Siracusa, dopo aver prelevato il liquido che sgorgava dagli occhi del quadretto, lo sottopose ad analisi microscopica. Il responso della scienza fu: “lacrime umane”.
Terminata l’indagine scientifica il quadretto smise di piangere. Era il quarto giorno.”   (Per saperne di più, clicca qui)

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Visto che siamo arrivati nell’isola cara al sole, offriamo alla Madonna un mazzo di girasoli.  Son fiori che ogni anno semino o trapianto nell’orto, ricordando che la Suocera diceva che avrebbero ombreggiato un po’ le altre piante e avrebbero “spezzato” il vento! Ho scelto un quadro invece di una foto, perché mi piace molto quest’opera di Van Gogh! 

“Un giorno in un grande giardino in mezzo a tanti fiori colorati, era nato un fiore davvero strano: brutto e storto. Tutti gli altri fiori dicevano che era il più brutto fiore fra tutti e nessuno voleva stargli vicino. Il povero fiore,triste e solo,soffriva,ma non si lamentava mai. Trascorreva le sue giornate a guardare il sole nel cielo. Gli piaceva cosi tanto il sole che, per cercare di avvicinarsi a lui, si era allungato molto. Quando il sole si spostava, anche il fiore lo seguiva girando la sua corolla. Un giorno il sole si accorse di quel fiore solo e triste che lo guardava sempre, decise di conoscerlo e gli si avvicinò. Dopo aver ascoltato la triste storia del fiore, il sole decise di aiutarlo e con i suoi raggi splendenti abbracciò il fiore, che si accese subito di un bel giallo vivo e sembrava essere quasi d’oro. Da quel giorno il fiore diventò il più alto e il più bel fiore fra tutti quelli del giardino.
Il sole decise che meritava un nome speciale e cosi da quel giorno venne chiamato GIRASOLE”

Maggio, andiamo per santuari – Pietralba [Weissenstein, in tedesco]

E poi, andiamo verso Nord, in una regione dove la Madonna viene chiamata:  “Unsere Liebe Frau”, letteralmente: “Nostra Amata Signora” . . . siamo in Trentino – AltoAdige alla scoperta del Santuario della B. V. Addolorata” di Pietralba. 

Stupenda visione del Santuario di Pietralba [in tedesco: di Maria Weissenstein] con il Catinaccio dolomitico sullo sfondo.Stupenda visione del Santuario di Pietralba [in tedesco: di Maria Weissenstein] con il Catinaccio dolomitico sullo sfondo.

“La storia delle sue origini narra che, verso la metà del sec. XVI, un contadino di nome Leonardo dimorava nel boscoso monte, ove oggi si erge il Santuario; qui possedeva un grande podere, dettoWeissenstein, il località Nova Ponente. In questa vasta e silenziosa solitudine, viveva tranquillamente con la sua famiglia, conducendo vita virtuosa, pur essendo tanto provato dal dolore. Colpito da malattia mentale, precipitò in un burrone, dove la Vergine gli apparve, promettendogli la guarigione completa se egli avesse costruito una Cappella in suo onore. Gli disse: “Affinché tu non abbia dei dubbi su ciò che ti prometto, rimarrai ancora nove giorni in questo luogo, senza cibo e bevanda; al termine del nono giorno, i familiari ti troveranno. Tu, poi, non dimenticare le mie parole!”. E così avvenne.

Leonardo, però, dimenticò ben presto la promessa e fu assalito nuovamente dal terribile male con maggiore violenza. Da quel momento, di notte fu vista una luce, sempre nello stesso luogo, e nessuno sapeva rendersene ragione. Leonardo ricordò tutto, riacquistando ancora la salute, e così si mise subito al lavoro. Scavando le fondamenta, trovò una statuetta della Madonna raffigurante la “Pietà”: pensò fosse un segno del Cielo e, terminata la Cappella, ve la collocò perché fosse venerata. E fu veramente un segno celeste: la Vergine volle manifestare la grande misericordia del suo Cuore addolorato e moltiplicò le sue grazie. Si era nel 1553.” (Se vuoi  saperne di più di questo Santuario e degli altri del Trentino – AltoAdige, clicca qui)

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Oggi, voglio donare alla Madonna un mazzo di ninfee . . . uno dei fiori che mi piacciono e che mi riportano indietro negli anni . . . e qui, a seguire, la leggenda legata a questi fiori! 

“Tanto tempo fa nelle acque argentate di un lago viveva una Ninfa, ella era talmente bella che, appena la vide, Raggio di Sole se ne innamorò.
Raggio di sole era splendente nel suo abito d’oro e la Ninfa ebbe vergogna del suo semplice vestito, così decise di andare in fondo al lago, ove sapeva si custodiva un tesoro.
Appena lo ebbe trovato, felice si riempì le mani di gioielli ma il peso di questi le impediva di tornare in superficie cosi che venne trascinata e sommersa dal fondo melmoso del lago.
Di lei rimasero solo le sue candide mani, col loro tesoro.
Povero Raggio di Sole, inutilmente cercò la sua Ninfa.
Tutto ciò che riuscì a vedere era una foglia con la forma di un cuore, i cui fiori bianchi avevano all’interno lo stesso splendore dell’oro e , in tutta la loro bellezza, si donavano al suo sguardo.
La ninfa era diventata un fiore, che a guardarlo ci commuove quasi per la sua bellezza.”

Maggio, andiamo per santuari – Monte Calderaio

Oggi, martedì, andiamo per santuari in Emilia . . . a Castel San Pietro Terme (BO)dove c’è un santuario della Madonna, a seguito di un’apparizione del 1623.

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“Il Santuario della Beata Vergine del Lato di Monte Calderaio sorge sull’Appennino bolognese. A 500 metri di altezza e dista 15 chilometri da Bologna. La sua storia ha inizio nel freddo febbraio del 1623 allorché una pastorella di nome Zenobia, pregando di fronte all’immagine posta su un albero a lato della via, sentì una voce che la invitava ad andare a casa, dove nella maglia avrebbe trovato pane abbondante.

La notizia del prodigio si sparse in un baleno nella comunità di Monte Calderaro e nei paesi vicini. Il Santuario venne costruito solo negli anni 1631-1636 per ringraziare la Madonna dello scampato pericolo della peste. Infatti, la comunità di Castel San Pietro non ebbe né morti né malati, mentre tutto intorno infuriava il morbo. Aumentando il numero dei devoti e dei pellegrinaggi, nei primi anni del 1800 si fece un primo ampliamento del Santuario e nel 1863 un secondo, pervenendo così alla forma attuale.”  (per altre info, clicca qui)

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Siccome qua fuori casa la pianta dell’arancio è piena di boccioli e fiori appena sbocciati, ho pensato che oggi, alla Madonna, offro un bouquet di fiori d’arancio!
“Secondo una leggenda, un giorno un re spagnolo ricevette in dono da una bellissima fanciulla un albero d’arancio che fece piantare nel giardino del castello. Durante una visita, un ambasciatore chiese al re se potesse regalargli un ramoscello ma il sovrano rispose che non voleva dare a nessuno la sua preziosissima pianta. Di fronte a quel rifiuto, l’ambasciatore chiese al giardiniere del palazzo di spezzare un ramo dall’albero e darglielo: l’uomo esaudì la richiesta dell’ambasciatore e fu ricompensato con 50 monete d’oro, con le quali poté, finalmente, dare una dote alla propria figlia permettendole, così, di essere corteggiata e data in sposa. La ragazza trovò finalmente marito e il fatidico giorno decise di adornarsi i capelli con un ramoscello di fiori d’arancio così da rendere omaggio alla pianta che le aveva dato la possibilità di sposarsi ed essere felice. Da quel momento in poi il profumatissimo fiore di zagara fu associato al matrimonio.”

Maggio, andiamo per santuari – Genova

Da Assisi, risaliamo lo stivale e arriviamo a Genova, oltre la Madonna della Guardia (in alto, visibile da lontano, così come quella di Marsiglia) e altre chiese dedicate a Maria, ecco il Santuario della “Nostra Signora delle Vigne” 1636

“Anticamente fuori dalle mura cittadine di Genova, il maestoso “Santuario di Santa Maria delle Vigne” prende nome dai vigneti in mezzo ai quali fu innalzata una prima Cappella alla Vergine Assunta, in seguito all’apparizione della Madonna ad una certa Argenta, ancora nel VI secolo. La veggente fece erigere una piccola cappella, primo passo verso l’attuale santuario.

Singolare il fatto che – nella monetazione di Genova, “Città di Maria” – si usasse nel XVII secolo riprodurre quest’effigie della Vergine con le scritte: “Sub tuum praesidium” e “et rege eos”; e da tenere presente che l’omaggio del Doge e dei dignitari della Repubblica di Genova alla “Madonna delle Vigne” in occasione della sua festa (21 Novembre) si protrasse per molti decenni, proprio per rimarcare la regalità della Vergine.” (qui per altre notizie)

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Oggi, mettiamo nel vaso dei fiori per la Madonna un mazzo di rami di pesco . . .  Un’antica leggenda narra che la pianta di pesco sia nata grazie ad un pescatore, il quale dopo aver tirato a riva con fatica un grosso pesce, trovò nel suo ventre uno strano e grosso nocciolo, incuriosito decise di piantarlo dinanzi la sua capanna, dopo qualche mese nacque un alberello che nei mesi primaverili si vesti di graziosi fiori dalle sfumature rosee. Il primo frutto che ne derivò fu chiamato pesca, in omaggio della sua provenienza. (e se volete saperne di più . . . cliccate qui)

Maggio, andiamo per santuari – Nostra Signora di Guadalupe – Messico

È domenica e ce ne andiamo all’estero . . .  a scoprire il Santuario della Nostra Signora di Guadalupe a Città del Messico.  La storia è antica, e anche la chiesa è antica, così ultimamente l’hanno sostituita! 

Basilica_of_Our_Lady_of_Guadalupe_(new)Nuovo Santuario

“La Vergine sceglie come suo interlocutore un “povero indio”, Juan Diego, nato verso il 1474 e morto nel 1548 a Guadalupe, che prima di convertirsi al cattolicesimo portava un affascinante nome azteco, Cuauhtlotatzin, che sta a significare “colui che grida come un’aquila”.

Varie fonti ci tramandano i dati biografici del veggente del Tepeyac: egli è un macehual, cioè un uomo del popolo, piccolo coltivatore diretto in un modesto villaggio: poco più di niente, nella società azteca complessa e fortemente gerarchizzata. Cuauhtlotatzin fu tra i primi a ricevere il Battesimo, nel 1524, all’età di cinquant’anni, quando gli viene imposto il nuovo nome cristiano di Juan Diego; e con lui viene battezzata anche la moglie Malintzin, che prende a sua volta il nome di Maria Lucia.” 

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“Secondo il racconto tradizionale, espresso in náhuatl nel testo conosciuto come Nican Mopohua, Juan Diego avrebbe visto per la prima volta la Madonna la mattina del 9 dicembre 1531, sulla collina del Tepeyac vicino a Città del Messico. Ella gli avrebbe chiesto di far erigere un tempio in suo onore ai piedi del colle: Juan Diego corse a riferire il fatto al vescovo Juan de Zumarrága, ma questi non gli credette. La sera, ripassando sul colle, Juan Diego avrebbe visto per la seconda volta Maria, che gli avrebbe ordinato di tornare dal vescovo l’indomani. Il vescovo lo ascoltò di nuovo e gli chiese un segno che provasse la veridicità del suo racconto.

Juan Diego tornò quindi sul Tepeyac ove avrebbe visto per la terza volta Maria, la quale gli avrebbe promesso un segno per l’indomani. Il giorno dopo, però, Juan Diego non poté recarsi sul luogo delle apparizioni in quanto dovette assistere un suo zio, gravemente malato. La mattina dopo, 12 dicembre, lo zio appariva moribondo e Juan Diego uscì in cerca di un sacerdote che lo confessasse. Ma Maria gli sarebbe apparsa ugualmente, per la quarta e ultima volta, lungo la strada: gli avrebbe detto che suo zio era già guarito e lo avrebbe invitato a salire di nuovo sul colle a cogliere dei fiori. Qui Juan Diego trovò il segno promesso: dei bellissimi fiori di Castiglia, fioriti fuori stagione in una desolata pietraia. Egli ne raccolse un mazzo nel proprio mantello e andò a portarli al vescovo.

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Di fronte al vescovo e ad altre sette persone presenti, Juan Diego aprì il mantello per mostrare i fiori: ed ecco, all’istante sulla tilma si sarebbe impressa e resa manifesta alla vista di tutti l’immagine della S. Vergine Maria. Di fronte a tale presunto prodigio, il vescovo cadde in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina dopo Juan Diego accompagnò il presule al Tepeyac, per indicargli il luogo in cui la Madonna avrebbe chiesto Le fosse innalzato un tempio e l’immagine venne subito collocata nella cattedrale.” (Per saperne di più . . . clicca qui)

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Maggio, andiamo per santuari – Assisi

Sabato, riemettiamoci in cammino e arriviamo in Umbria, dalle parti di Assisi, se passate sulla superstrada non potete non vederla, grande, in una piana appena sotto la città di San Francesco, ecco Santa Maria degli Angeli (che tra l’altro ha dato il nome alla città di Los Angeles il cui nome originale è  El Pueblo de Nuestra Señora de los Angeles de Porciuncula de Asís).

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Nel 1216 la Santa Vergine insieme a Cristo, accompagnati da molti angeli, apparvero a san Francesco nella chiesetta di Santa Maria degli Angeli (anche detta della Porziuncola). Il santo, che aveva ricevuto dall’abate dei benedettini del Monte Subiaco la chiesa, vi trascorse la prima notte in preghiera e contemplazione, e qui ebbe la visione divina in segno di predilezione e quale promessa di future grazie. La Madonna gli suggerì nel 1221 di implorare da papa Innocenzo III l’indulgenza plenaria per chi, confessato e comunicato, avrebbe visitato la Porziuncola. (Cit.)   E per saperne di più, clicca qui

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Un fiore che mi piace molto, anche se purtroppo si trova solo in primavera . . .
La leggenda ci racconta che Narciso era un giovane bellissimo e duro di cuore. Una ninfa, indispettita per essere stata respinta, decise di vendicarsi. Lo portò a specchiarsi in un lago, ed egli, vedendosi riflesso sull’acqua si innamorò perdutamente della sua immagine convinto che fosse quella di una ninfa bellissima. Quando l’acqua del lago si increspò, l’immagine di Narciso scomparve ed egli, convinto di aver perso la sua amata si gettò nel lago disperato e annegò. Cupido trasformò il giovane in un fiore che chiamò Narciso, affinché tutti ricordassero le disgrazie cui porta la vanità e l’egoismo.

Maggio, andiamo per santuari – Santa Maria di Valverde (Catania)

Per il terzo appuntamento, ci trasferiamo in Sicilia, a Catania, per una apparizione antica, era il 1038! L’immagine di Maria, che vi si venera su un pilastro, è bellissima tanto da essere attribuita non a pennello d’uomo; la Liturgia la dice divinitus formata, fatta divinamente!  (Cit. ) e in attesa di vederla di persona, eccovi una foto del santuario e un po’ di notizie
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La Madonna e il brigante

Le truppe Normanne, alleate di quelle Bizantine, ma indignate per l’ingiusta ripartizione del bottino tolto agli Arabi nella prima battaglia, si ritirano nella loro contea di Aversa. Un soldato però, un certo Dionisio, forse ligure di origine, attratto dall’amenità e ricchezza del luogo, e più ancora per la cupidigia di facili guadagni, rimane nell’isola e si dà ad una vita di brigantaggio, appostandosi nel folto del bosco che costeggia la via che da Catania porta all’antica Aci, in prossimità della sottostante Vallis viridis. Questa zona diventa teatro dei suoi furti, delle sue aggressioni ed assassinii. (…)

Un pio cittadino di Catania di nome Egidio, dovendo recarsi ad Aci, pur temendo il pericolo, ma fiducioso nella protezione della Madonna, della quale è gran devoto, si mette in viaggio. Ha già percorso un buon tratto di strada, quando all’improvviso, dal folto della boscaglia gli piomba addosso l’assassino che con il pugnale alzato lo minaccia di morte.

All’improvviso una voce, da un globo di luce, si fa sentire.
“Dionisio, Dionisio, non toccare il mio devoto!”.
A quella voce il brigante trattiene il braccio, si guarda attorno, poi alza lo sguardo in alto:
“Deponi quell’arma – si sente ancora dire – e cessa questa vita di brigantaggio”.
(E se volete sapere come va a finire, cliccate qua)

viole del pensiero

Il fiore di oggi, con tanto di leggenda antica, la viola del pensiero. 

Un giorno Demetra, dea della terra coltivata e delle messi, si accorse che le era stata rapita la figlia Persefone.
Disperata vagò nove giorni e nove notti per tutta la terra, finché scoprì che Persefone era stata rapita da Ade, il dio che regnava nelle regioni buie d’oltretomba.
Demetra si disperò al punto che tutta la terra diventò grigia e sterile.
Finalmente Zeus convinse Ade ad un accordo: Persefone sarebbe ritornata ogni anno presso la madre per sei mesi, tra la primavera e l’autunno, per vivere con il marito durante gli altri sei mesi dell’anno.
Demetra, placata, ritornò all’Olimpo e la terra fu di nuovo fertile e feconda.
Quando, all’inizio della Primavera, Persefone tornò per la prima volta tra i vivi, la terra l’accolse creando per lei del fiorellini nuovi, festosi e delicati, vellutati come i suoi occhi, dei veri “pensieri d’amore” e inventò le “viole del pensiero”.
Da allora esse ritornano puntuali ogni anno, a Primavera, per festeggiare Persefone che ritorna sulla terra.

Maggio, andiamo per santuari – Madonna dell’Ambro

E per il secondo giorno di Maggio, non mi allontano molto da Loreto . . . eccoci al Santuario della Madonna dell’Ambro. Una delle prime apparizioni della Madonna intorno all’anno Mille.

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“Nel maggio del mille la Vergine SS., cinta di straordinario splendore, apparve in questa sacra roccia alla umile pastorella Santina, muta fin dalla nascita. La fanciulla ottenne il dono della parola in premio delle preghiere ed offerte di fiori silvestri che ogni giorno faceva ad una immagine della Madonna, posta nella cavità di un faggio.”

Il Santuario è chiamato anche “la piccola Lourdes dei Sibillini” perché assomiglia molto al più grande e famoso Santuario della Francia. (Per saperne di più, clicca qui)

È un santuario caro alla nostra famiglia, per tanti anni era la meta della gita in montagna a ferragosto.  Nella famiglia dell’Udmv c’è questa “idea” che nei giorni di festa non si debba andare in spiaggia, allora, tutti insieme: zii, nonni, nipoti si partiva per una giornata di montagna, passando prima, per una preghiera e un saluto, dalla Madonna dell’Ambro. 

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Eccovi anche il secondo fiore del mese. Questa rosa, che è molto più bella “dal vivo”, è la “rosa della bis nonna” dei miei figli.
Quando in campagna si pensava poco e niente ai fiori, lei aveva piantato questo roseto, spinoso al massimo, ma che ci regala (ancora dopo anni e anni) delle rose bellissime, profumatissime, con i petali vellutati. La curava lei, la innaffiava lei e (racconta la leggenda familiare) dopo qualche mese dalla sua morte, la nuora di notte si sognò di questa suocera che con un secchio pieno d’acqua passava davanti la finestra della cucina, nel sogno la nuora (mia suocera) chiese: “Dove andate mamma?” e la vecchina le rispose: “Vado ad annaffiare la mia rosa, tu la stai facendo seccare!”. Quando si sveglio, mia suocera andò a controllare e visto che, in effetti la rosa era trascurata e “assetata” provvide a innaffiarla e da quel giorno la curò con attenzione, per non farsi più rimproverare dalla suocera di notte (così ci raccontava). Adesso la teniamo d’occhio noi, non vorremmo che la bisnonna ci venisse in sogno per sgridarci!

Maggio, andiamo per santuari – Loreto

Oggi, 1° Maggio, inizia il mese mariano, ricordandomi dell’iniziativa di tanti e tanti anni fa del mio parroco di allora, voglio presentarvi un santuario mariano al giorno. Con la loro leggenda, che è sempre interessante! 

Iniziamo il giro virtuale dei Santuari da quello che non è stato edificato dopo un’apparizione. A Loreto, nelle Marche, è arrivata la Santa Casa di Nazaret. 

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Il Santuario di Loreto conserva infatti, secondo un’antica tradizione, oggi comprovata dalle ricerche storiche e archeologiche, la casa nazaretana della Madonna. La dimora terrena di Maria a Nazaret era costituita da due parti: da una Grotta scavata nella roccia, tuttora venerata nella basilica dell’Annunciazione a Nazaret, e da una camera in muratura antistante, composta da tre pareti di pietre poste a chiusura della grotta (vedi fig. 2). Secondo la tradizione, nel 1291, quando i crociati furono espulsi definitivamente dalla Palestina, le pareti in muratura della casa della Madonna furono trasportate “per ministero angelico”, prima in Illiria (a Tersatto, nell’odierna Croazia) e poi nel territorio di Loreto (10 dicembre 1294). Oggi, in base a nuove indicazioni documentali, ai risultati degli scavi archeologici a Nazaret e nel sottosuolo della Santa Casa (1962-65) e a studi filologici e iconografici, si va sempre più confermando l’ipotesi secondo cui le pietre della Santa Casa sono state trasportate a Loreto su nave, per iniziativa della nobile famiglia Angeli, che regnava sull’Epiro. (Continua qui)

 

00 gallery_pag13_119Rosa d’oro donata da Benedetto XVI, settembre 2007

E come sanno anche i bambini, alla Madonna si portano fiori, rose in particolare . . . iniziamo con la Rosa d’Oro . . . anche per quanto la riguarda, parte è leggenda e parte storia:

“Alla fine del concilio di Tours papa Urbano II benedisse una rosa donandola al principe che più si era reso benemerito nei confronti della Chiesa. In seguito, secondo la leggenda, la rosa da naturale si sarebbe trasformata in un ramo o un cespo con più rose in oro e pietre preziose, che veniva donato a re e regine meritevoli di rappresentare il Cristo. (…) In origine era destinata a re o regine, ma dopo il 1759 esclusivamente alle regine. (…) Inoltre, la rosa d’oro può essere recata anche a un santuario.” (se volete più informazioni, cliccate qui)

Gli auguri di Natale

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!!!

Ed ora

Auguri a tutti 

agli amici che passano

a quelli che hanno perso la strada . . .

a coloro che mi pensano con un sorriso

a quelli che arrivano per caso

Auguri a tutti

Buon Natale 

00000La speranza

Si ringrazia Lucyette, per l’idea di un “Calendario dell’Avvento” virtuale. 🙂
Si ringrazia il laboratorio Demetz-Patrick, che, senza saperlo, ha fornito le foto di tutte le statuette del presepio. 
Si ringrazia Google per tutte le altre foto che abbelliscono  i post del Calendario dell’Avvento. ( a parte quelle di famiglia)