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Maria Madre di Dio

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.

Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Dal Vangelo secondo Luca (2,16-21)

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Tutti parlano della magia del Natale e forse è vero che il clima di questi giorni di festa serve a svelenire l’astio quotidiano e interrompe i malumori della crisi. Ma abbacinati da questo ambiente surreale rischiamo di ridurre gli eventi di Betlemme ad una fiaba. Per fortuna gli evangelisti ci riportano con i piedi per terra e compensano l’importanza della visione con quella dell’ascolto.
La nascita di Gesù è spettacolo per pochi, ma diventa presto notizia da divulgare. Suscita curiosità e dibattiti, come ancora oggi ogni affermazione su Gesù si presta al cicaleccio dei nostri discorsi più o meno sensati.
Chi avrebbe qualcosa da dire, tace.
Il silenzio di Maria a questo proposito è assai eloquente. I pastori ritornano carichi di entusiasmo come i giovani che rientrano da una Giornata Mondiale della Gioventù, con tanta voglia di raccontare. C’è da scommetterci che se avessero avuto uno smartphone avrebbero ripreso la scena e poco dopo sarebbe comparsa su Youtube con migliaia di commenti. Ma ci sono eventi che hanno bisogno di tempo per essere “digeriti”, devono essere masticati con calma per venire assimilati. Maria ci offre l’esempio interiorizzando l’accaduto: non rilascia interviste, non commenta a caldo e non offre la sua versione. Quando tutti se ne saranno andati, lei resterà lì con quel figlio per rientrare nella quotidianità.

Se anche noi conservassimo il messaggio teologico del Natale dopo aver sbaraccato il presepe e smontato l’albero, sarebbe già una gran cosa.

Si  ringrazia don Gianluca Carrega che è l’autore di questo post, Fiordicactus si è limitata a fare copia/incolla e a cercare una foto in Internet

Domenica della Santa Famiglia

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Dal Vangelo secondo Luca (2,41-52)

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La realtà dell’Incarnazione rende speciale la famiglia di Nazaret, ma non toglie che anch’essa ebbe le sue prove. Leggendo l’episodio del ritrovamento di Gesù nel tempio ci imbattiamo in una delle difficoltà che i suoi membri dovettero affrontare. Maria e Giuseppe sono addolorati per il comportamento di Gesù che pare avere inflitto loro una sofferenza gratuita, ma la vera stilettata arriva dopo con la replica del figlio: “Non sapevate…?”.
Ed è vero: è duro accettare che la mano di Dio possa separare oltre che unire. Siamo così gelosi degli affetti che abbiamo saputo mettere faticosamente insieme che le famiglie rischiano di diventare un bunker invece che un nido da cui prendere il volo. I genitori di Gesù esprimono un punto di vista umano che è perfettamente legittimo, ma Gesù pare scuotere le loro certezze indicando orizzonti più grandi. È la stessa logica che porterà Gesù a rifiutare l’incontro con i parenti quando verranno a cercarlo durante il suo ministero (Mc 3,31-35). Ed è chiaro che egli non intende essere irriconoscente verso chi lo ha nutrito, allevato ed educato, ma non permette che i legami di sangue ostacolino la sua missione. Difendere la famiglia in un’ottica cristiana non significa farla diventare un idolo, ma chiedere che possa svolgere la sua funzione essenziale di sostegno e preparazione per diventare cittadini del Regno.

Si  ringrazia don Gianluca Carrega che è l’autore di questo post, Fiordicactus si è limitata a fare copia/incolla e a cercare una foto in Internet

Avvento 2012 – 4° Domenica

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta nella regione montuosa, in una città di Giuda,  ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta.  Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel grembo; ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo, e ad alta voce esclamò: «Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno!  Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me?  Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, per la gioia il bambino mi è balzato nel grembo.  Beata è colei che ha creduto che quanto le è stato detto da parte del Signore avrà compimento».

(dal vangelo di Luca 1,39 – 45)

Avvento 4° candela

Quando guardo alle letture dell’Avvento, mi accorgo che in questi testi è un continuo gridare. Si comincia con Giovanni Battista, che incontriamo a spolmonarsi nel deserto e si continua la domenica successiva con Sofonia che invita Israele a gridare di gioia (Sof 3,14). Oggi è il turno di Elisabetta, una signora perbene, che all’arrivo di Maria esclama a gran voce (o, come dice il greco, “con un grande grido”) la sua benedizione. Sembra che tutti abbiano una gran voglia di gridare… Mi viene in mente il modo di esultare di molti atleti, che dopo il traguardo o una marcatura si lasciano andare ad un grido liberatorio. E così pare essere per questi testimoni della storia sacra. Come gli sportivi danno sfogo alla tensione accumulata in precedenza, anche questi personaggi sembrano togliersi di dosso un peso ingombrante, la fatica dell’attesa, lo scherno dei pagani, l’incomprensione dei familiari. Il dialogo tra Maria ed Elisabetta non è il cicaleccio tipico dei pettegolezzi, quando si abbassa apposta la voce per non farsi sentire. Ciò che si comunicano riguarda, certo, loro due, ma si espande molto più in là, diventa pubblica testimonianza a quel Dio che è fedele alle sue promesse. La voce di Elisabetta erompe per imitare il sussulto danzante del figlio nel suo grembo, ché ognuno si esprime coi mezzi che ha. Viene in mente il passo del profeta Isaia: “Sentiranno i lontani quanto ho fatto, sapranno i vicini qual è la mia forza” (Is 33,13).
Il messaggio di salvezza è per tutti, ma occorre gridarlo perché anche quelli più distanti possano sentirlo e perché chi è vicino si lasci scuotere da questo vento di novità.

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Avvento 2012 – 3° Domenica

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Dal Vangelo secondo Luca (3,10-18)

AVvento 3° candela

Giovanni non dice a nessuno di cambiare mestiere: si può entrare nel Regno di Dio persino facendo lo sgherro di Erode! Ma c’è modo e modo. Infatti alla gente che domanda “cosa dobbiamo fare?” risponde di fatto come devono fare ciò che già fanno. 

E qui cadono gli alibi che noi siamo bravi a tirare fuori: non ho tempo, non son capace, devo pensare prima alla mia famiglia, ecc. La vocazione del credente non è diventare un santo, ma santificarsi, che è una cosa ben diversa. Per essere un nuovo Francesco Saverio dovrei lasciare tutto e partire per l’Oriente, ma per essere un figlio del Regno non è affatto necessario. E se pensassi di cavarmela rinunciando ai miei beni senza convertire la durezza del mio cuore, sarei un illuso (cfr. 1Cor 13,3). 
Giovanni Battista è un uomo dai modi spicci e terribilmente pratico, proprio come l’autore di uno degli scritti più trascurati del Nuovo Testamento, la lettera  di Giacomo. Qui si trova una regoletta d’oro per mettere a tacere la nostra verbosa presunzione di essere veri discepoli solo perché diciamo di credere: “Mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2,18). 
Pronti per l’esame?

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Avvento 2012 – 2° Domenica

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno dirittee quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

Dal Vangelo secondo Luca (3,1-6)

Corona Avvento  2 candele

Luca è un tipo precisino, ci tiene a mettere le cose al loro posto, anche sulla tabella cronologica. A chi non piace la storia, la cosa può lasciarlo indifferente, ma è importante che l’evangelista ci abbia dato delle coordinate temporali per evitare che il racconto su Giovanni Battista (e, a maggior ragione, quello su Gesù) si perda nelle nebbie del mito. Ci sono dei fatti che ci riguardano, perché da questi eventi è scaturita la salvezza per gli uomini di ogni luogo e di ogni epoca, ma questi fatti sono avvenuti in un contesto preciso. Appartengono al passato per il loro svolgimento, ma al futuro per le loro conseguenze. Togliete queste coordinate e il Natale diventerà una fiaba senza tempo…

A Roma regna Tiberio, un uomo il cui giudizio, secondo gli storici Tacito e Svetonio, non è proprio lusinghiero.
In Giudea comanda un procuratore dai metodi spicci, Ponzio Pilato, che dopo aver commesso una serie di ingiustizie, tra cui la crocifissione di un innocuo galileo presentatogli come aspirante “re dei Giudei”, verrà rimosso dalla carica dopo l’eccidio di un gruppo di samaritani.
In Galilea c’è quell’Erode Antipa che fa decollare il povero Giovanni Battista, reo di rinfacciargli le sue relazioni sentimentali illecite. A capo del sinedrio ci sono il potentissimo Anna e suo genero Caifa, politici senza scrupoli che consegneranno Gesù ai romani perché lo mettano in croce.
In questa bella compagnia, ecco comparire un uomo giusto, Giovanni, figlio di Zaccaria. Non si spaventa di fronte al compito immane che lo attende, preparare un Israele allo sbando all’accoglienza del Salvatore, farlo tornare ad essere un popolo anziché un gregge disperso.
Non è vero che i profeti servono a sferzare le coscienze, a demoralizzarci ce la facciamo benissimo da soli. C’è bisogno, invece, di qualcuno che ci ricordi che Dio non ci ha dimenticati.

 

Si  ringrazia don Gianluca Carrega che è l’autore di questo post, Fiordicactus si è limitata a fare copia/incolla e a cercare una foto in Internet

L’Immacolata

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Luca 1,26-38 

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In Inghilterra e in Normandia già nel secolo XI si celebrava una festa della concezione di Maria; si commemorava l’avvenimento in se stesso, soffermandosi soprattutto sulle sue condizioni miracolose (sterilità di Anna, ecc.). Oltre questo aspetto aneddotico, sant’Anselmo mise in luce la vera grandezza del mistero che si attua nella concezione di Maria: la sua preservazione dal peccato.

Nel 1439 il concilio di Basilea considerò questo mistero come una verità di fede, e Pio IX ne proclamò il dogma nel 1854.
Per sottolineare l’importanza del dogma la Chiesa cattolica celebra l’8 dicembre la solennità dell’Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria con la Messa Gaudens gaudebo. Questa festività era già celebrata in Oriente nel secolo VIII, e venne importata nell’Italia meridionale da monaci bizantini, propagandosi poi a tutto l’Occidente, soprattutto su iniziativa degli ordini religiosi benedettini e carmelitani. 
 
Due apparizioni mariane riconosciute dalla Chiesa cattolica hanno a che fare con questo dogma e ne sono considerate una conferma diretta.

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Nel 1830 Catherine Labouré, novizia nel monastero parigino di Rue di Bac, fece coniare una medaglia (detta poi la medaglia miracolosa) che riportava le seguenti parole, da lei viste durante un’apparizione della vergine Maria (avvenuta il 27 novembre dello stesso anno): “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi”.

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Nel 1858, quindi quattro anni dopo  la  proclamazione del dogma, la veggente di Lourdes Bernadette Soubirous riferì che la Vergine si era presentata con le parole “Que soy era Immaculada Councepciou” (“Io sono l’Immacolata Concezione”, in lingua occitana)

Venerdì Santo


“Via! Via! Crocifiggilo!” (Gv 18,1-19,42)

“Povero Giuda. Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. E’ uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore. Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po’ di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: “Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!” Amico! Questa parola che vi dice l’infinita tenerezza della carità del Signore, vi fa’ anche capire perché io l’ho chiamato in questo momento fratello. Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi ma amici. Gli Apostoli son diventati gli amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre gli amici. Noi possiamo tradire l’amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore. Giuda è un amico del Signore anche nel momento in cui, baciandolo, consumava il tradimento del Maestro.” 

(don Primo Mazzolari)

Giovedì Santo

“Li amò sino alla fine”  (Gv 13,1-15)

Per Giovanni i fatti sono chiari: Gesù non è vittima di un agguato ma il lucido interprete del capolavoro di Dio. Gesù sceglie di amare e va fino in fondo.

In questi giorni ascolto non poche persone che, riflettendo sulle proprie miserie e sui propri errori, sembrano dire: “Io sono il problema, io fallisco e cado continuamente!.” Ma le insidie che nascono dai nostri errori – in un certo senso – devono spaventarci meno dei nostri tentativi di amare. Amare sino alla fine: questo sì che ci mette in pericolo!
Eppure Gesù assume questo rischio ed è come se ci strizzasse l’occhio: “Fate anche voi come me!”. Lo dice non per proporci un’impresa impossibile, ma per farci vivere come figli liberi, che entrano volentieri in scena…perchè cercano di più.

Mercoldì Santo


“Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?” (Mt 26,14-25

Gesù si rende afferrabile, questo è ciò che mi colpisce di più! Non rimango impressionato dalla meschinità e dalla perversione del cuore umano, la vita ci ha svezzato a questi esempi (di cui siamo purtroppo interpreti in prima persona!), invece Dio …è lui che mi sorprende!

Che attraverso la debolezza di un gruppo di discepoli deludenti, penetri come lievito nella pasta del mondo e la cambi geneticamente.

L’Imperscrutabile si fa visibile,
l’Onnipotente si veste di impotenza
per lasciarsi afferrare da mano d’uomo e vincerci con la sua Pietà.

Lunedì Santo

Pubblicato da don Mario Aversano del sito “Il Tesoro”

“Tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo” (Gv 12,1-11) Maria, che donna straordinaria! Mi viene in mente una mia carissima zia. Al suo arrivo, in qualunque casa, tutto prende un’altra piega. Ha il dono innato di trasmettere calore a tutti, di diffondere luce intorno a sé, di far sbocciare parole e grazia anche dalle bocche più serrate e incarognite. Ha forse più problemi di molte altre persone, ma irresistibilmente porta con sé una forza vitale che contagia l’ambiente.

All’inizio della settimana santa, forse non tutti ci sentiamo così coinvolti dalla vicenda di Gesù. Ma se apri oggi il tuo vangelo, attiva prima di tutto l’olfatto. Da quelle pagine tracima il profumo dell’unguento di Maria.

Ci sono dei credenti accanto a te da cui “respirare” l’amore per il Signore?

Domenica delle Palme

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 La rappresentazione che si fa in questo film dell’entrata di Gesù a Gerusalemme, mi piace molto! Quest’esplosione di gioia, questo "Osanna"!
Non ho trovato un video, con la traduzione in italiano, per cui, non sono responsabile di quello che dicono, si accettano aiuti e/o consigli . . .

Aggiornamento: Volevo fare una settimana di silenzio web, ma visto le notizie del Tg, e le due o tre telefonate arrivate stamattina, vi avviso, a tutti: amici, parenti e conoscenti . . . stanotte l’Udmv ed io, abbiamo sentito chiaramente la "coda" del terremoto, il figlio, ha continuato imperterrito a dormire.
Tanto spavento, ma niente danni! Ringraziando Dio, invio un pensiero e una preghiera a quelli della zona dell’epicentro che invece hanno avuto un bel po’ di danni!

Quinta Domenica di Quaresima

Stamattina, voglio esagerare, ma la lettura di oggi, mi ha fatto ricordare questa canzone, vi metto, musica e parole, anche se è conosciutissima! 😉             

     

IL SEME

parole e musica di Claudio Chieffo

 

Il Signore ha messo un seme

nella terra del mio giardino,

il Signore ha messo un seme

nel profondo del mio mattino.

lo appena me ne sono accorto

sono sceso dal mio balcone

e volevo guardarci dentro

e volevo vedere il seme.

Ma il Signore ha messo il seme

nella terra del mio giardino,

il Signore ha messo il seme

all’inizio del mio cammino.

Io vorrei che fiorisse il seme

io vorrei che nascesse il fiore,

ma il tempo del germoglio

lo conosce il mio Signore.

Il Signore ha messo un seme

nella terra del mio giardino,

il Signore ha messo un seme

nel profondo del mio mattino.


 

 

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire, mi segua».

Giovanni (12,20-33)

Quarta Domenica di Quaresima

Strettamente personali, tre riflessioni, che mi hanno colpito oggi!

Perché i lontani e gli indifferenti abbiano nel cuore la nostalgia di Dio e possano sperimentare il suo amor, che tutto perdona.
Signore, dona al nostro cuore la tua luce.

Perché il tempo quaresimanle ci faccia riscoprire il volto misericordioso di Dio Padre, che vuole la salvezza di tutti gli uomini.
Signore, dona al nostro cuore la tua luce.

Perché ciascuno di noi attento alla realtà che lo circonda, si faccia carico delle necessità dei fratelli.
Signore, dona al nostro cuore la tua luce.

Giovan Francesco Nagli detto il Centino, Mosé e il serpente di bronzo, Rimini Museo della Città
Giovan Francesco Nagli detto il Centino, Mosé e il serpente di bronzo, Rimini Museo della Città

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

Giovanni (3,14-21)

Terza Domenica di Quaresima

Il 6 di questo mese è tornato alla casa del Padre, don Cesare Bonicelli.
Don Cesare era
 una di quelle persone che fanno parte della mia storia. L’ho sempre visto, fin da piccola, parlare con mio padre e i suoi amici, quando c’erano occasioni di incontri o cerimonie scouts.  Era un’amicizia, la loro, nata in epoca lontana, quando erano stati scouts insieme. Suo fratello è stato il nostro "dottore", fin quando siamo stati a Bergamo.
Quando passava, per andare e tornare a/da San Severo di Foggia, se aveva tempo, si fermava volentieri, un’oretta qui da noi, accompagnato da sua sorella, per chiacchierare dei tempi andati e delle novità, con mio padre e mia madre, e al citofono si annunciava semplicemente così: "Sono
don Cesare!".

Immagine di Silvio Cesare Bonicelli
La foto, da Wikipedia

Vi chiederete, perchè oggi? Perchè avevo già letto gli articoli on line come di una persona che si conosce. Ma oggi, mio padre mi ha portato i giornali, arrivati da Bergamo, e leggendo gli articoli, ho trovato quei nomi, che ho sentito pronunciare tante volte con la confidenza di un’amicizia nata anni e anni fa. Nella pagina dei necrologi, tra i tanti ho trovato quello delle "guide", ho letto i nomi, di quelle che, allora, erano le "mie coccinelle" e mi sono ricordata di tante cose! 

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». […] Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».

Giovanni (2,13-25)

 

Seconda Domenica di Quaresima

Non cessare, o Signore, di rivelarti a noi nella luce, quella sfolgorante del Tabor, quella soffusa, ma viva della tua Parola; non cessare di donarla nei Sacramenti, nela bontà delle persone e nella bellezza del creato.
Fa’ che ci lasciamo abbagliare e saldare dal tuo raggio luminoso, che sappiamo custodirlo nel cuore, meditando sui doni ricevuti, afinché possiamo affrontare con sernità il buoi del Calvario e scorgere la tua presenza salvifica oltre le oscure prove che si addensano nella nostra vita.

(Madì Drello)



“Trasfigurazione di Cristo” di Tiziano Vecellio

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Mc 9,2-10

Prima Domenica di Quaresima

"… Ciò che disorienta il mondo, e i suoi sapienti fìlosofi e immaginosi poeti pagani, intorno ai sacerdoti e al popolo della Chiesa cattolica, è che essi ancora si comportano come fossero messaggeri. Un messaggero non fantastica su quel che il messaggio possa essere, e non discute su quello che dovrebbe essere;egli lo consegna qual è. Non è una teoria o una fantasia, ma un fatto. È irrilevante, per questo nostro abbozzo intenzionalmente rudimentale, entrare in particolari per provare che è un fatto; basta rilevare che questi messaggi lo considerano come umanamente si considera un fatto.
Tutto quello che si condanna nella tradizione cattolica, – l’autorità, il dogmatismo e il rifiuto di ritrattare o modificare – non sono che i naturali attributi di un uomo che porta un messaggio relativo ad un fatto."

(Gilbert K. Chesterton)

 

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Marco (1,12-15) 

Per strani motivi tecnici di Splinder, ieri, non potevo scrivere.
Q
uesto post, va considerato domenicale!

Ancora Romaria . . . nuove notizie e nuova traduzione

Questo post, è il secondo di tre che ho dedicato a questa canzone, se li voleste leggere tutti; qui c’è il primo . . . qua il terzo
 

Tempo fa, ho avuto modo di parlare di questa canzone con una persona che conosce bene il Nordeste del Brasile, (al contrario di AnnaLucia, che è Carioca, cioè di Rio de Janeiro)! E che ha una buona conoscenza delle lingue, sia del brasiliano che dell’italiano, Oltre all’inglese, praticamente non proprio un interprete, ma una persona che ha a che fare per lavoro con le varie lingue! 

Essendo io curiosa e chiacchierona (forse persino un po’ narcisista),  dopo aver parlato di questo e di quello e di questa canzone, essendo impicciata col Corso, gli ho passato l’indirizzo del post che avevo fatto, e gli ho detto di darci un’occhiata, ecco cosa mi ha scritto:

 

“Chi ha fatto quella traduzione che riporti non deve conoscere bene il Nordeste, perché confonde il tropeiro con un contadino e altre cose che ti posso spiegare!

Il personaggio che parla è un tropeiro (mandriano, buttero, cow-boy) e non un contadino; quando dice “sou caipira” in questo caso non vuol dire “sono contadino” ma sono “di campagna”, semplice, rozzo, che non ha studiato. “Caipira” è anche aggettivo che viene impiegato come in italiano si può usare “cafone”. In genere caipira indica qualcosa di rozzo e semplice, a volte anche genuino, come se, per esempio si dice: “essa é pinga caipira!” = questa è pinga (cachaça, distillato di canna da zucchero) genuina. Quindi “sou caipira” significa “sono contadino” soltanto nel senso di aggettivo (e non sostantivo nel nostro caso) come “di campagna”. La traduzione che riporti a mio avviso non “prende” completamente il significato. Del resto, so che ogni traduzione comporta sempre una scelta e una interpretazione. Quella che propongo io non è “letterale”, ma “letteralmente” non si può tradurre mai. Per fare un esempio, se io dovessi tradurre l’inglese “It is raining cats and dogs” non metterò mai “Stanno piovendo gatti e cani”, ma “Sta piovendo a dirotto” oppure “Sta piovendo come Dio la manda”. Così, se dovessi tradurre il portoghese “E’ aqui que a porca torce o rabo”, non tradurrò mai “E’ qui che la scrofa piega la coda”, che è la trasposizione letterale, ma “qui casca l’asino”, oppure “questo è il punto”, etc. Tradurre non significa trasporre le semplici parole equivalenti (come fa google, ad esempio, con risultati che a volte sono esileranti), ma trasporre il significato. Quindi ogni traduzione è sempre una interpretazione. Ma in alcuni punti penso che quella traduzione sia oggettivamente sbagliata. Ti propongo la mia, con le spiegazioni del perchè di certi cambiamenti:

 

ROMARIA

 

É de sonho e de pó

O destino de um só,

Feito eu perdido em pensamentos

Sobre o meu cavalo

É de laço e de nó[1], de gibeira[2] o jiló[3],

Dessa vida cumprida a sol…

 

È fatto di sogno e di polvere

Il destino di un solitario

Io, perso nei miei pensieri

Sul mio cavallo…

È fatto di laccio e di nodo,

di giubba, l’amaro

di questa lunga vita all’aria aperta.

 

Sou caipira, Pirapora Nossa,

Senhora de Aparecida,

Ilumina a mina escura e funda

O trem [5] da minha vida…

 

Sono un cafone [4], Pirapora Nostra,

Signora di Aparecida

Illumina questo buco nero e profondo

Questa “cosa” che è la mia vita…

 

O meu pai foi peão, minha mãe solidão

Meus irmãos perderam-se na vida

Em busca de aventuras

Descasei[6], joguei, investi, desisti,

Se há sorte, eu não sei, nunca vi.

 

Mio padre fu un poveretto, mia madre la solitudine

I miei fratelli si sono persi nella vita

Cercando avventure.

Ho lasciato mia moglie, giocato, ho investito, desistito

Se esiste la fortuna, non lo so, non l’ho mai vista.

 

Me disseram porém que eu viesse aqui,

Prá pedir de romaria e prece,

Paz nos desaventos,

Como eu não sei rezar, só queria mostrar

Meu olhar, meu olhar, meu olhar…

 

Però mi hanno detto di venire qui,

per chiedere, con pellegrinaggio e preghiera,

pace nelle disavventure,

poiché non so pregare, volevo solo mostrare

il mio sguardo, il mio sguardo, il mio sguardo…

 

1 Il “laccio” e fare nodi, è lo strumento di lavoro e l’attività del tropeiro – il protagonista di questo canto – che conduce il bestiame. Prendere il bestiame, legarlo, condurlo, etc. E’ in fondo un modo per descrivere, con poche parole,  il duro lavoro del tropeiro.

2 “Gibeira” è una parola che non viene riportata nemmeno dai dizionari. Alcuni la intendono come la giubba di cuoio di cui è vestito il tropeiro nordestino che deve attraversare spesso nel sertão della vegetazione che taglia e punge. Altri, la interpretano come “algibeira”, ossia una specie di borsa dove il tropeiro tiene il mangiare, il tabacco, etc. In entrambi casi si vuol sottolineare un elemento tipico del vestito del tropeiro del Nordeste.

3 Jiló è una verdura amarissima. Dire “o jiló dessa vida” è dire “l’amaro di questa vita”.

4 Nel senso antico di questo termine: persona di campagna, non istruito, semplice, ma lavoratore, con un suo mondo.

5 “Trem” è un’espressione per dire “una cosa” : esempio: “por favor disligue aquele trem!”: “Per favore, spengi quel coso!”.

6 “Descasar” non è necessariamente “divorziare”. Questo è un passo legale che nessuno della classe povera, alla quale appartiene il nostro tropeiro, fa mai. Invece è, purtroppo, molto comune, che l’uomo se ne vada, si metta con un altra, e così via. Quindi non tradurrei “divorziato”.   

Si potrebbe dire che il destino di un uomo solitario come questo tropeiro (e non contadino), che passa tutto il giorno a cavallo, perso nei suoi pensieri, è fatto di sogno e della polvere della strada (di nulla di concreto, quindi, di cose ben “volatili”); è fatto di una quotidianità di gesti ripetuti e sempre quelli (laccio, nodi e gibeira). Questo destino è così alla fine amaro (è un jiló): andare tutto il giorno vestito di cuoio, al sole, a fare sempre le stesse cose. L’unica speranza è questa preghiera, muta e semplice ma profonda, a Nostra Signora Aparecida, che è la patrona del Brasile, amatissima dalla gente. L’immagina così venerata, fu ritrovata in un fiume da alcuni pescatori, agli inizi del XVIII secolo. Dicono che sia una perfetta immagine del povero, un modo per stare vicino che Maria avrebbe scelto per quella terra: piccola, nera, sciupacchiata, ritrovata da gente povera, piccola, nera e sciupacchiata… Eppure… “

Ecco, io ve l’ho riportata, adesso, certe cose mi sono più chiare, e voi che ne pensate???

 

VI Facciamo il Presepe . . . I Magi

Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov`è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo".
Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s`informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.
E tu, Betlemme, terra di Giuda,
Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele
.
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l`avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch`io venga ad adorarlo". 
Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.

Matteo (2,1-12)

 

La sacra famiglia (trovato da l’asino e il cammello che ringrazio)

 

I Re Magi (con l’aiuto di Google)

Ecco, è finito il Presepio, io, come da tradizione famigliare, lo disfo domenica prossima! Ancora, per questi giorni, mi godo la rappresentazione di quel evento . . . dove gli angeli (ops . . . gli angeli sono rimasti nella scatola?) ci invitano alla pace . . . almeno, agli uomini di buona volontà!

Angelo Gloria

 

Se vi siete persi il Presepe, potete vederlo, partendo da qui, poi qui, a seguire qua, e ancora qua, e in fine questo 

Vi ringrazio per la pazienza e l’assiduità!