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A tu per tu con i teschi dei morti di peste!

È da un pezzo che voglio raccontarvi di quella volta che ho aspettato che passasse il temporale a tu per tu con alcuni teschi  . . . ma qua il tempo è tiranno . . .

Ho chiesto in giro e in base a certe elucubrazioni, siamo giunti alla conclusione che, all’epoca, avevo tra i 4 e i 5 anni . . . per cui i ricordi sono confusi e oltre a me, non se lo ricorda nessuno, ma, mi è stato detto, può essere andata così, perché in quell’epoca, era una cosa che capitava!
Adesso che vi ho incuriosito, passo al racconto:

Si andava a piedi e perciò, presumo che fosse estate . . . era da poco che abitavamo nella casa vicino all’Autostrada, coi nonni. Ma quella volta venivamo da una visita a casa della bisnonna in via Broseta (“Dal centro del Borgo San Leonardo (oggi Piazza Pontida), via Broseta attraversava la Porta Nera per poi dirigersi, attraverso campi, mulini e coltivazioni di gelsi per i bachi da seta, in direzione del borgo di Longuelo e di Lecco”. Da Wikipedia),nella parte “di sotto” della città di Bergamo.

Incrocio tra via Broseta, che prosegue verso Piazza Pontida e la via Palma il Vecchio

A un certo punto,  la via Broseta incrocia un’altra via (via Palma il Vecchio), questa strada è più grande di quella appena lasciata. A quell’epoca, la parte sinistra della strada, per chi la stava percorrendo come me, era fiancheggiata da un grande stabilimento, un muro continuo, con dei grandi finestroni era lo stabilimento “d’ì Szóffi” (*)
Noi quattro (mio padre, mia madre, mio fratello ed io) la stavamo percorrendo in quel tardo pomeriggio di fine estate, non so come, meteorologicamente parlando, ma all’improvviso si era fatto buio e iniziò un bel temporalone, una corsa e ci riparammo sotto un portico. C’erano dei lumini, c’erano delle panchine, c’era una vetrata e dietro questa vetrata, alcuni teschi . . . era una di quelle “tribuline” che si trovavano spesso sulle strade,
era la Cappella della Peste  . . . io ho il ricordo di un paio di gradini, ma non ho trovato riscontri!

Qui ci doveva essere la foto di questa “tribulina”, ma non riesco a copiarla! 

Ricordo bene i tuoni e i fulmini, mio fratello che non stava fermo e mio padre che ci raccontava le storie di morti e di fantasmi e”della Cavrà del Monbèl”  (che avrebbe poi raccontato anche ai nipoti) e la storia di quei teschi che si vedevano dietro al vetro, ci raccontò che erano dei bambini morti di peste. Ricordo mia madre impegnata a tenere al coperto mio fratello, che essendo più piccolo, non stava ad ascoltare per niente quello che raccontava mio padre . . . pioggia, lampi, tuoni, morti di peste e fantasmi li ricordo come se fosse capitato oggi, dopo un po’ il temporale finì e si ripartì verso casa, ma il ricordo è sempre rimasto, quando si passava per quella via veniva rinnovato, ma ormai il tempo di andare a piedi era finito, il progresso, con  il suo avanzare, ci ha portato a correre.
Anni passati, strade nuove, città nuove, ma quel ricordo in sottofondo, finché, per quella serie di circostanze più o meno fortuite (qualcuno dei miei amici vi direbbe che “niente succede per caso” ) ho conosciuto virtualmente una blogger bergamasca che ha un blog dove parla di  esplorazioni creative di famiglia e dintorni e alla mia città : Bergamo.”  E leggendo i suoi post, che con un lavoro certosino, raccontano di cose e di posti conosciuti, ho voluto raccontarmi, prima ancora che raccontarvi questo frammento di ricordo di quando ero piccola io . . .


(*)come sicuramente saprete in bergamasco, la Z è spesso sostituita dalla S dura. 

È tempo di pulizie . . .

Pulizie di Primavera (o di Pasqua, se preferite)  . . . dicasi di quelle pulizie "di fino" che sono un’antica consuetudine che si tramanda di generazione in generazione come un rito di purificazione che allontana lo sporco del freddo e fuliginoso inverno. L’arrivo della Pasqua coincide quasi sempre con l’arrivo della Primavera ed è tempo delle grandi pulizie. Grazie alla maggior luminosità del sole, si vede meglio lo sporco "nascosto" negli angolini, con l'aumento della temperatura si sentono di più gli odori di umido e di chiuso . . .
 


 


 

Quando le famiglie erano numerose pulire la casa per la Pasqua era una festa, un momento di aggregazione familiare e ognuno faceva la sua parte con gioiosa operosità, si svuotavano credenze e armadi, si lavavano tende e tendoni, si spostavano dal muro, per pulire bene anche il retro dalla polvere e dalle ragnatele, i mobili e per sera, era tutto in ordine e profumava di fresco, di pulito e di sole. Raccontava mia madre, come nei giorni di "grandi pulizie" sua nonna usasse mettere sul fuoco un pentolone d'acqua e carne, così che, mentre loro riordinavano e/o pulivano, si cuoceva, da solo, il bollito e per mezzogiorno c'era un bel brodo e la carne cotta per gli uomini che tornavano a casa dal lavoro!
 

 

Ricordo che quando ero piccola io, nelle maggioranza delle case c'era la stufa economica, a legna . . . la si accendeva per "i morti" (ai primi di Novembre) e la si spegneva a Pasqua (se poi faceva freddo o prima o dopo, ci si intabarrava in più maglie e si sopportava), spenta la stufa, tolto il tubo di scarico dei fumi (cannone della stufa) si provvedeva a togliere le ragnatele e a ridipingere i muri della cucina . . . ricordo che i teli delle tende, specialmente se bianchi, si stendevano sui prati, sopra l'erba ad asciugare. 
  


 

Mi piacerebbe proprio fare le pulizie come una volta . . . e aproffittarne per fare un ripulisti anche tra abiti e biancheria della casa, o sugli scaffali delle varie camerette tra libri e soprammobili, cianfrusaglierie e peluche . . . insomma, vorrei una casa più minimale, ordinata e facile da pulire, senza che diventi un museo! Ormai, sono sala soletta a fare le pulizie e ci metterò di sicuro più di un giorno. 


 

Per fortuna ho trovato in rete un pro memoria . . . che mi pare sia anche in linea con la legge sulla sicurezza sul lavoro . . .  
Prima di tutto armarsi degli attrezzi giusti come aspirapolvere, spazzoloni, battitappeto elettrico, carta da giornali, panni morbidi, spazzolino acrilico per la polvere, guanti e occhiali di protezione e poi :
– far arieggiare le stanze nelle ore più calde del giorno per sconfiggere gli acari della polvere
– battere i materassi e aspirare la polvere con l’aspirapolvere
– pulire sui guardaroba, sulle porte e sui battiscopa
– togliere la polvere dalle pareti partendo dall’alto verso il basso
– lavare le tende, pulire i bastoni
– lavare a secco i tappeti con bicarbonato di sodio
– lavare i vetri con i giornali per averli splendenti come specchi
– pulire le mattonelle del bagno e della cucina da cima a fondo con prodotti sgrassanti e lucidarle con panni morbidi
– sgrassare e lucidare i lampadari, spolverare le lampadine dopo aver staccato l’interruttore
– aspirare la polvere dei salotti in tessuto, lavare le parti sfoderabili in acqua  leggermente tiepida e sapone neutro
–  lavare e nutrire i salotti in pelle con gli opportuni accorgimenti
– pulire le cornici con le cure adeguate a seconda del materiale
– pulire i quadri
– pulire l’argenteria
– lavare i servizi di piatti e cristalleria
– spolverare con panni umidi l’interno dei mobili
– lavare l’interno dei mobili della cucina ed eliminare eventuali prodotti scaduti.
– pulire le fughe dei pavimenti , asportare la polvere e lavarli con prodotti specifici.
La stanchezza sarà tanta ma la soddisfazione di avere una casa rimessa a nuovo e che profuma di pulito in ogni angolo sarà altrettanto grande.

 


 

Certo, non tiene conto di 3 cani e un PiccoloLord e del fatto che io sono sovrappeso e fuori allenamento (magari, potrei anche calare di qualche etto). . . e che qui il tempo non è ancora stabile. Oggi, ha alternato cielo azzurro, sole e aria tiepida con nuvole grigie e aria freddina . . . ma ormai, da ieri è Primavera, è ufficiale, perciò, diamo il via alle pulizie! 

San Martino . . . fra ricordi e attualità!

San Martino

La nebbia a gl'irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar
 
Ma per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
 
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Su l'uscio a rimirar
 
Tra le rossastre nubi
Stormi d'uccelli neri,
Com'esuli pensieri,
Nel vespero migrar.
 

(Giosuè Carducci)

Ricordo ancora il quaderno grande (non lo si chiamava ancora: "quadernone") delle poesie, questa era la seconda, e dovevamo illustrare le varie strofe . . . io, come tutti i bambini (quarta o quinta elementare) odiavo già dover studiare la poesia, figuriamoci illustrarla, io che sono negata per il disegno . . . arrivò in mio soccorso mio padre, lui sì che è portato per quest'arte, disegnò, direttamente con i colori.
 

La nebbia e i marosi che si frangevano sugli scogli (li aveva visti in Liguria, nei suoi anni adolescenziali). Un bel tino e persino il contadino che ci versava un secchio di mosto. Il cacciatore, sull'uscio aperto, che faceva intravedere, sullo sfondo, un camino col suo spiedo. E per ultimo, alcune nuvole, striate di rosso arancione, tra cui delle piccole "V" aperte, nere, rappresentavano gli stormi d'uccelli!
Ogni anno, a San Martino mi ricordo di questa poesia e di tutti i ricordi che si trascina dietro.

Oggi a Grottammare, vicino alla Città sulla Costa,  c'è grande festa con un grande mercato, si mangiano le "caciole", castagne a cui viene tolta pazientemente la buccia dura e poi sono bollite, si gusta "lu pitò co' li gobbi" e "lu sonnere alla cazzimberie" (il primo: tacchino con i cardi "gobbi", fatti crescere del tutto sotto terra, piegati, perciò: gobbi; il secondo: sedano condito con molto pepe,  che viene ritenuto afrodisiaco)  si beve il vino nuovo . . .  prima di sera c'è una corsa,  che si chiama "la corsa dei cornuti" . . . la corrono solo gli uomini.
 

Case e Balconi / 1

La casa dove sono nata, la prima casa della mia famiglia, si trova tra due strade, un terreno che, finisce a punta, come un triangolo! Sta in collina, tra la Città Bassa e la Città Alta, appena fuori dalla galleria  che c’è vicino alla funicolare . . . di questa casa non ho memoria, tranne per quello che si vede dalla strada, un triangolo di giardino, con una ringhiera che da’ sulla strada, era un piccolo appartamento, questo lo so, perché me l’hanno sempre detto.

L’altra casa della mia infanzia, quella della città bassa, proprio a due passi dalla chiesa, (la seconda casa che abbiamo abitato, dove è nato mio fratello) la ricordo di più e anche se adesso è stata modificata, ve la potrei indicare tranquillamente È una costruzione a L con un cortile, che si apre verso la strada con un grande cancello, e un cancellino.
Il lato lungo è perpendicolare alla strada, l’angolo che da le spalle alla prima casa della via e il lato corto, in fondo al cortile, parallelo alla strada, che nasconde un pezzetto di verde! Guardando giù da una finestra, forse della camera da letto,  ricordo che una volta, abbiamo osservato il lento camminare di una tartaruga in mezzo all’erba.

La casa aveva due piani, più una grande terrazza sopra a tutto, sulla quale affacciava un piccolo alloggio. Si saliva ai vari piani per mezzo di una scala incassata fra due muri, sulla prima rampa c’era un gradino con una fessura, che faceva prendere aria ad un sottoscala e da dove, mani di bambine poco più grandi di me, mi toccavano i piedini spaventandomi, fino a quando qualcuno, non mi ci ha portato per rifare lo scherzo a colei che lo aveva inventato . . . Si racconta che spingendo mio fratello sul triciclo, lo abbia fatto precipitare da questa scala, al massimo avevo 3 anni, per cui, quanto sia stata casualità e quanto intenzione, io non so!

Al primo piano c’era un balcone, su cui affacciavano almeno 2 appartamenti, il nostro e quello della Signora Effa (seppi solo molti anni dopo che il suo nome era Genoveffa) e sopra ancora, la grande terrazza, che io ricordo con uno sventolio di lenzuola bianche, ricordo me stessa e mio fratello correre tra queste stoffe appese, e una signora vecchia, che ci richiama verso casa sua (il piccolo alloggio di cui parlavo all’inizio), per darci qualche dolcetto.

L’appartamento, vero e proprio, non lo ricordo bene, ma so che in camera, c’era il lettone e il mio lettino dalla parte del papà, che mi teneva la mano quando mi addormentavo, mentre mio fratello, più piccolo, stava nella culla dalla parte della mamma.
Poi, ricordo la cucina  (mi pare, ci fosse un gradino), non  era tanto grande, più lunga che larga, con il tavolo e le sedie addossati a uno dei lati lunghi, quasi di fronte alla cucina economica, a legna, con i suoi anelli, il forno dove si cuocevano le torte e le mele, che profumavano tutta la casa, il bollitore dell’acqua, sempre calda e le stecche, attaccate alla canna fumaria, che d’inverno servivano ad asciugare le cose più piccole . . . e poi dicono la modernità, si recuperava tutta l’energia, per cucinare, per scaldare e per asciugare i panni!


Questa vi da l’idea, sull’angolo in altro a destra,
dove c’è lo straccio, partiva il tubo di scarico dei fumi

Eravamo a due passi dalla Chiesa parrocchiale a qualche centinaio di metri dalla casa dei nonni (e, allora, di molti dei parenti della famiglia materna) e da dove abitavano le famiglie dei fratelli di mio padre!

Una telefonata basta a renderti gioiosa la giornata!


Verso le 11 di stamattina, ho ricevuto una telefonata, era una mia amica dell'infanzia, con la quale abbiamo mantenuto un buon rapporto, anche a distanza, anche se ci sentiamo solo un paio di volte al'anno!

Ha sempre fatto parte della mia vita, partendo dall'asilo, fino alla fine della prima media, si può dire che ci vedevamo ogni giorno!  Compagne di classe, compagne al catechismo, compagne all'oratorio, compagne nelle recite o nel saggio finale, compagne di giochi (in strada o in una delle nostre case). E, nel mese di maggio, prima alla recita del Rosario e poi, finchè non ci venivano a recuperare, a cercare lucciole, a giocare a nascondino con gli altri bambini e ragazzi della via! 

Dunque, oggi mi telefona e mi dice che essendo da queste parti, proveniente da Sud e diretta a Nord, ha voglia di vedermi e di venirmi a trovare . . . le do l'indirizzo (per il navigatore) e mi guardo in torno . . . casa in disordine, pazienza!

Quando sono ormai vicinissimi, mi richiama per le ultime spiegazioni (i navigatori, si sa, hanno il brutto vizio di segnalarti percorsi strani) e io, esco sulla strada per farmi vedere!

Baci, abbracci con lei e suo figlio, la prima cosa che mi dice: "più passa il tempo e più somigli a tua madre!" . . . offro giusto un bicchiere di acqua, si parla dei parenti, perchè, lei conosce i miei e io conosco i suoi! Si parla di figli, di lavoro, dei nostri ricordi! Insomma un' oretta di chiacchiere e proprio mentre vanno via, arriva l'Udmv, con la FigliaGrande e il PiccoloLord!

Mentre l'aspettavo, un mare di ricordi mi sommergeva. Era da quattro anni che non la vedevo (ultima volta, l'improvvisata gliel'ho fatta io!), ma era come se ci fossimo appena lasciate! Insomma, ne avrei da scrivere . . . cose di "quando ero piccola io"

 

1° Maggio, a casa mia è festa di famiglia

Per tanti anni, non mi interessava perchè tutti facessero festa, il 1° maggio, a casa mia si festeggiava l'anniversario della famiglia e quello mi bastava . . . era infatti il 1° maggio la data scelta (per motivi di lavoro e di invitati) dai miei genitori per sposarsi.
Nelle foto, si vede lei, con un abito di pizzo e un acconciatura che girano tutt'ora per casa, che le nipoti guardano con sguardo adorante, che scende la scala di casa sua al braccio di mio nonno.  Mentre lui, con una faccia da ragazzo, molto emozionato, le porge un mazzo di mughetti.

 


i mughettti sbocciati in un gran vaso, fuori casa

I miei genitori, si erano scambiati le prime parole (se era successo anche prima, non ne avevano conservato memoria), intorno ai 16 anni, nel retro di un palco per le recite all’Orfanotrofio della Città di lassù. Mia madre, con le amiche dell’Oratorio e con l’aiuto delle suore, avevano preparato una recita: “ La figlia del Rajà”, lei, mi piace dirlo, aveva la parte principale . . . mio padre, che recitava anche lui, con il gruppo dell’Orfanotrofio (era orfano di guerra), era lì in veste di addetto alla biglietteria, e alla vendita di bibite e dolciumi . . . alla fine della rappresentazione, corse dietro il palco, la avvicinò e le disse “ Signorina, lo sa che è molto brava! Recita benissimo!” 
 
L’unica che aveva ricevuto un complimento, ma lei tirò dritto, la sua amica le sussurrò: “Hai sentito, ti ha fatto un complimento!” e lei :”Sì, ma chi è quello lì, che cosa vuole!” .
Si incontrarono altre volte, in altre recite, ma non si registrano altri discorsi importanti, è carino ricordare quel proverbio: “Chi disprezza, compra!” .
 
Passarono gli anni, ma, benchè mio padre, dopo i 21 anni,  fosse uscito dall’orfanotrofio e fosse andato a vivere con sua nonna, non si frequentarono, quartieri diversi, giri diversi, amicizie diverse! 

Si rincontrarono presso una fontanella, di quelle che una volta era frequente incontrare ai crocicchi delle vie e da lì, percorsero una lunga strada insieme! 
 


I due, fidanzati, a spasso sul "Sentierone"

 
Quando mia madre, presentò in casa mio padre, (che non voleva andarci, forse non si sentiva ancora pronto?) la zia C***a, lo apostrofò brusca: “Giovanotto, spero che lei abbia intenzioni serie, altrimenti, quella è la porta! Questa è una brava ragazza!”  Non so come la prese mia nonna, la madre di mia madre . . . ma, per quello che ricordo tra mio padre e mia nonna i rapporti era buoni, lui la prendeva bonariamente in giro, lei, bonariamente lo tiranneggiava! (come faceva con tutti, d’altra parte . . . era una donna volitiva e qualche volta, la spuntava!)
 
Quando decisero di frequentarsi, mio padre, era militare . . . un bel aviere, di stanza all’aeroporto di Ghedi (Bs). Tornava a casa, come usava allora, in divisa . . . e quando riaccompagnava a casa mia madre, le lingue maligne del quartiere, si mettevano in moto! Sono sicura che nella famiglia di mia madre, a nessuno interessasse, ma è un dato di fatto che a lei, ragazza tutta casa, chiesa e lavoro, gli amici, i conoscenti, qualche allusione, qualche parolina malevola, è stata detta! So anche, che a tutti ha saputo rispondere a tono!
 
Se dal lato materno, le cose erano andate bene . . . quando mio padre decise di far conoscere la sua “morosa” a sua nonna, questa era già avanti con l’età e la cosa più logica era portare la ragazza a trovare la vecchia signora . . . mio padre, disse a sua nonna: “Domani ti porto la ragazza che mi piace, così la conosci!” e la nonna: “Come, la porti qui? . . . una ragazza che va in casa del “moroso” . . . cosa tocca vedere!”
 
E quando un’altra volta, lui una sera, ha preso la giacca per uscire, la nonna R**a gli ha chiesto: “Dove vai?” e alla risposta: “Vado a trovare la morosa!”, lei ha risposto, quasi scandalizzata: “A trovare la morosa? Oggi non è  giovedì e neanche sabato! Voi giovani, che usanze . . . alla mia epoca, queste cose non si facevano!”
Chissà cosa avrà scritto poi, a sua figlia, la suora, a  Roma.

NB: i due  interventi in viola, sono di mio padre!

Oggi, Santa Geltrude Comensoli . . . ricordo la zia Gianna

Santa Geltrude Comensoli

Bienno, Brescia, 18 gennaio 1847 – Bergamo, 18 febbraio 1903

 Nata a Bienno, in provincia di Brescia, il 18 gennaio 1847 Caterina Comensoli vive un’infanzia serena, salta, gioca e frequenta la scuola elementare del paese nativo. In famiglia sono nati dieci figli dei quali sopravvivono solo tre femmine: Bartolomea !840, Cristina 1845 e Caterina 1847. Nasce da papà Carlo “fucinaro” e da mamma Anna Maria Milesi sarta. Rivela fin da bambina la sua sensibilità eucaristica, ricevendo la prima Comunione a solo sei anni. Nel 1867 entra nella Compagnia di Sant’Angela Merici. Nasce in lei l’idea di dar vita ad un Istituto di Adoratrici attente ai bisogni educativi della società del suo tempo. A Bergamo con il sacerdote, don Francesco Spinelli, il 15 dicembre 1882, fonda l’Istituto delle Suore Adoratrici del SS.mo Sacramento prendendo il nome di Suor Geltrude, ma nel 1889 un dissesto finanziario causa la separazione dei due Fondatori. Madre Geltrude con le 73 suore rimaste con lei continua la vita dell’Istituto Suore Sacramentine di Bergamo. Dal primo nucleo di Bergamo l’Istituto si espande in tutta Italia e in terre di missione. Madre Geltrude muore il 18 febbraio 1903. Viene proclamata beata da Giovanni Paolo II l’1 ottobre 1989.
E’ stata proclamata Santa da Papa Benedetto XVI il 26 aprile 2009.

“Gesù amarti e farti amare” è stato il Leit Motiv di tutta la vita della Beata Geltrude e l’Eredità Spirituale lasciata a tutte le Suore Sacramentine nel mondo.   

(Santi e Beati)

 

Quando ero piccola io, si andava in Casa Madre, in via Sant’Antonino, per incontrare la Zia Gianna, Suora Sacramentina, che era Superiora in un convento di Roma, e arrivava a Bergamo, una o due volte l’anno, per gli “Esercizi spirituali”. 

La Casa Madre, nei miei ricordi, è un posto di sogno, porte grandi, alte, di legno lucido, bei giardini, all’italiana,  la “Cappella dell’Adorazione” con le suore, bianco vestite intorno all’altare per la’ “Adorazione Perpetua”, con la celebrazione piena di canti in latino e di incenso a profusione . . . e, la cosa più importante, la stanza delle medagliette, dove, ogni volta la zia Gianna, ci portava, solo noi pronipoti, per scegliere una immaginetta, una medaglietta . . .

Poi, per comodità, la casa degli esercizi spirituali, fu trasferita a Colognola, fuori Bergamo, una struttura grande, nuova . . ., ma non aveva l’atmosfera della Casa Madre! La zia Gianna, fu trasferita a Brescia, e le visite si fecero più ravvicinate, più comode! Anche la casa di Brescia aveva un’atmosfera di altri tempi (come in tutte le “case” di  suore, di una certa epoca), ma mai come la Casa Madre!

La zia Gianna, era la sorella della mia nonna paterna, la più giovane, la più birichina (parola della zia Giuseppina di Crema, con la quale, da bambine, andavano a “spigolare il grano”) . . . so che è stata cacciata, o meglio, le è stato impedito di entrare all’Oratorio per un certo periodo, perché, negli anni ’20 con una sua amica, si era fatta tagliare i capelli “alla maschietta” . . . un mezzo scandalo! Lavorava, era uno spirito allegro, vivace, altruista. Poi, a 20 anni, lascia tutto e va in convento.
Sui 30 anni era a Roma, durante la guerra, e quella mattina doveva andare per un impegno, fuori dal convento . . . si parla di possibili bombardamenti, e lei vorrebbe rimanere, ma le sua Superiora insiste, le dice di andare, gli impegni vanno rispettati . . . quando torna, il Convento non c’è più, è stato bombardato. Poi, la lunga permanenza in un convento di periferia, una periferia ostile, con lei che affronta i “capopopolo” e fa presente il bene di ragazzi e bambini e certi dissapori si stemperano.
Anche quando torna a Brescia, negli anni ’70, benché ormai avanti con gli anni, si “inventa” delle nuove attività, per incrementare le poche rendite del convento, per aiutare mamme bisognose e giovani lavoratrici che vengono dalla provincia a trovare un luogo dove passare le poche ore della “Pausa pranzo”.

La zia Gianna, è stata la madrina di battesimo di mio padre . . . e per noi bis nipoti, quasi una nonna!