È da un pezzo che voglio raccontarvi di quella volta che ho aspettato che passasse il temporale a tu per tu con alcuni teschi . . . ma qua il tempo è tiranno . . .
Ho chiesto in giro e in base a certe elucubrazioni, siamo giunti alla conclusione che, all’epoca, avevo tra i 4 e i 5 anni . . . per cui i ricordi sono confusi e oltre a me, non se lo ricorda nessuno, ma, mi è stato detto, può essere andata così, perché in quell’epoca, era una cosa che capitava!
Adesso che vi ho incuriosito, passo al racconto:
Si andava a piedi e perciò, presumo che fosse estate . . . era da poco che abitavamo nella casa vicino all’Autostrada, coi nonni. Ma quella volta venivamo da una visita a casa della bisnonna in via Broseta (“Dal centro del Borgo San Leonardo (oggi Piazza Pontida), via Broseta attraversava la Porta Nera per poi dirigersi, attraverso campi, mulini e coltivazioni di gelsi per i bachi da seta, in direzione del borgo di Longuelo e di Lecco”. Da Wikipedia),nella parte “di sotto” della città di Bergamo.
Incrocio tra via Broseta, che prosegue verso Piazza Pontida e la via Palma il Vecchio
A un certo punto, la via Broseta incrocia un’altra via (via Palma il Vecchio), questa strada è più grande di quella appena lasciata. A quell’epoca, la parte sinistra della strada, per chi la stava percorrendo come me, era fiancheggiata da un grande stabilimento, un muro continuo, con dei grandi finestroni era lo stabilimento “d’ì Szóffi” (*)
Noi quattro (mio padre, mia madre, mio fratello ed io) la stavamo percorrendo in quel tardo pomeriggio di fine estate, non so come, meteorologicamente parlando, ma all’improvviso si era fatto buio e iniziò un bel temporalone, una corsa e ci riparammo sotto un portico. C’erano dei lumini, c’erano delle panchine, c’era una vetrata e dietro questa vetrata, alcuni teschi . . . era una di quelle “tribuline” che si trovavano spesso sulle strade, era la Cappella della Peste . . . io ho il ricordo di un paio di gradini, ma non ho trovato riscontri!
Qui ci doveva essere la foto di questa “tribulina”, ma non riesco a copiarla!
Ricordo bene i tuoni e i fulmini, mio fratello che non stava fermo e mio padre che ci raccontava le storie di morti e di fantasmi e”della Cavrà del Monbèl” (che avrebbe poi raccontato anche ai nipoti) e la storia di quei teschi che si vedevano dietro al vetro, ci raccontò che erano dei bambini morti di peste. Ricordo mia madre impegnata a tenere al coperto mio fratello, che essendo più piccolo, non stava ad ascoltare per niente quello che raccontava mio padre . . . pioggia, lampi, tuoni, morti di peste e fantasmi li ricordo come se fosse capitato oggi, dopo un po’ il temporale finì e si ripartì verso casa, ma il ricordo è sempre rimasto, quando si passava per quella via veniva rinnovato, ma ormai il tempo di andare a piedi era finito, il progresso, con il suo avanzare, ci ha portato a correre.
Anni passati, strade nuove, città nuove, ma quel ricordo in sottofondo, finché, per quella serie di circostanze più o meno fortuite (qualcuno dei miei amici vi direbbe che “niente succede per caso” ) ho conosciuto virtualmente una blogger bergamasca che ha un blog dove parla di “esplorazioni creative di famiglia e dintorni e alla mia città : Bergamo.” E leggendo i suoi post, che con un lavoro certosino, raccontano di cose e di posti conosciuti, ho voluto raccontarmi, prima ancora che raccontarvi questo frammento di ricordo di quando ero piccola io . . .
(*)come sicuramente saprete in bergamasco, la Z è spesso sostituita dalla S dura.