Archivi categoria: ricette provate e approvate

Nipote e croissant

Metti un pomeriggio,
compiti impegnativi per PiccoloLord
mamma impegnata fuori casa
Nonna che non vuole vederlo col videogioco in mano
La promessa di qualcosa di “speciale” da fare dopo i compiti

Metti che nel giornalino del supermercato
ci sia la pagina dei bambini
con una ricetta facile
tutti gli ingredienti presenti in casa . . .

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PiccoloLord abbastanza interessato a
preparare un dolce per la cena
e si comincia . . .

1 – srotolare la pasta sfoglia
2 – coprire di zucchero al velo (noi, semolato)

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3 – tagliare a spicchi
(facile per uno che “gioca” felicemente con le frazioni e gli angoli)

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4 – sistemare alla base degli spicchi
marmellata o crema alla nocciola
(per accontentare i gusti di tutti)

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5 – arrotolare e dare la forma della mezzaluna
6 – spolverare di altro zucchero
(l’animo artistico/romantico del nipote si scatena )

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spolveriamo di cacao . . .
per distinguere i ripieni
(la nonna, non ha spirito artistico)

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7 – infiliamo in forno e facciamo cuocere a 200°
(PiccoloLord ci va cauto . . . non vuole scottarsi)

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8 – toglierli dal forno, dopo circa 30 min

Attenzione che finiscono in fretta,
tra provare la cottura, il sapore, la fragranza

La mamma, il Nonno e il NonnoPapà hanno molto gradito
PiccoloLord e la Nonna hanno messo da parte la ricetta . . . per la prossima volta

Torta verde della nonna-bis di Acqui

Ci sono dei momenti in cui vorresti tornare bambina, ritrovare tutte quelle persone che non ci sono più. Tutti quelli che hanno lasciato un ricordo nella tua vita, in testa le nonne o, nel mio caso, le bisnonne!

Non ricordo più se l’ho mai detto, ma io ho avuto la sfortuna di avere una nonna sola (quella materna) essendo la mamma di mio padre morta durante la guerra (la II Guerra Mondiale, per capirci), però ho avuto la fortuna di avere due bisnonne (sempre dal lato materno): una bergamasca e una piemontese . . . che io, fin da bambina, essendo la prima bis nipote, chiamavo “nonnabis”

 

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Ortica (se ne usano solo i ciuffetti) . . . raccoglietela con i guanti è meglio!

Ci sono dei momenti in cui vorresti gustare ancora certi sapori e certe cucine quasi dimenticate . . . per fortuna in casa mia le ricette di cucina son state tramandate. 

Ieri c’è stato una congiunzione di questi due “momenti” e così, mi sono preparata quella che, in famiglia, è chiamata “la torta verde della nonna bis di Acqui” . . . a memoria.
Solo stamattina mi sono informata, dalla cugina di mia madre che è l’ultima depositaria dei segreti di cucina della parte piemontese della famiglia

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Tarassaco, dente di leone, soffioni

Ora, se cercate una ricetta di “torta verde piemontese”, trovate un sacco di ricette doc. 
Quella che mangiavo io a casa della famiglia d’origine di mio nonno è diversa da quelle che ho visto sul web . . . ma a me, è quella che piace! È quella che cucino!

Dopo aver parlato con la cugina piemontese ho scoperto che ho aggiunto cose che non ci andavano e non ci ho messo cose che ci andavano . . . mi sa che presto la rifaccio per ritrovare un po’ dì infanzia nel piatto o tra le dita . . . avete presente il finger food, non è un’invenzione moderna, mi hanno detto che io mangiavo così già da piccolina (anche se io non ricordo, ma mi fido dei miei “vecchi”), anche gli spaghetti . . . nei vari soggiorni presso la casa dei parenti di mia madre.

Allora, mi segno qua le poche indicazioni che mi ha dato mia cugina (anche se è cugina di mia mamma è più vicina a me come età, la ricordo in ogni mio soggiorno piemontese come la compagna di giochi o di passeggiate! 

Ingredienti

Spinaci, biete, erbe di campo (informatevi da qualche parente su quelle mangerecce che crescono dalle vostre parti), lessi, strizzati e rosolati per asciugarli al massimo (quanto ne volete o ne avete) Consiglio di cucina “furba”: volendo potete usare spinaci surgelati!
Prosciutto cotto tritato grossolanamente (quanto ne avete)
Prezzemolo e cipolla tritati qb
Grana/Parmigiano grattati qb
Uova, dipende da quante verdure e da quanto prosciutto
Pan grattato qb
Burro qb
sale, pepe, noce moscata qb
Rosmarino a rametti, meglio i ciuffetti qb

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Quel che n’è rimasto, stamattina!

Per le dosi, mia cugina dice che devo regolarmi “a occhio”. . . né troppo molle, né troppo dura

Si puliscono bene le verdure (ed eventuali erbe spontanee), si lessano si strizzano, si tritano grossolanamente e si fanno rosolare in padella con burro, prezzemolo e cipolla (oppure le cuocete direttamente in padella, mentre le rosolate, con poca acqua e poi le tritate)
In una ciotola abbastanza grande, si mischiano le verdure con il prosciutto cotto, il grana/parmigiano, le uova, sale, pepe e noce moscata. Si aggiunge una manciata di pane grattato. Ricordate, deve venire un composto né troppo molle, né troppo “tosto”

Si prende una teglia, si imburra bene e si spolvera di pan grattato
Si versa il composto e lo si stende (di solito poco più di due dita) in modo omogeneo e spianandolo bene (specialmente sui bordi) 
Si spolvera la superficie di pangrattato e grana/parmigiano grattato, si distribuiscono dei pezzetti di burro qua è là. poi si prendono i rametti (ciuffetti) di rosmarino e si infilano nel composto, non deve restarne troppo fuori per non farlo bruciare altrimenti diventa amaro! 
Si mette la teglia in forno a 180° per un’oretta . . . controllate ogni tanto che non si stia seccando troppo. Se invece, dopo l’ora di cottura lo trovate un po’ “budinoso”, lasciatelo in forno per un altro po’ di tempo, magari a forno spento (ricordate che i consigli di mia cugina presuppongono che ci si deve regolare “a occhio”)

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Erba “crespigna”

È buona sia appena tolta dal forno (soffiate che scotta) sia tiepida, ma anche fredda il giorno dopo . . . Mi diceva mia cugina che si gustava sia come piatto per i pasti principali, sia come colazione o merenda (fredda, tagliata a quadrotti). Ricordo mia madre che la preparava per i pic nic estivi . . . si può usare come secondo, come piatto unico, come antipasto . . . vedete voi!
Io, ieri sera, non ho messo il pan grattato però ci ho aggiunto la ricotta e una sfoglia di pasta brisée (più che altro perché siamo in fase: svuotiamo il frigor di tutto quello che è in scadenza lo ricordavo che la pasta brisée o la sfoglia non ci andava . . .  ma questa, come diceva Kipling, è un’altra storia)

Se volete provare altre ricette tipiche della cucina piemontese vi posso indirizzare al blog della mia amica Norma, esperta di cucina e di tradizioni piemontesi . . . qua il suo indirizzo web
https://merendasinoira.wordpress.com/

 

Finalmente Maggio . . . I carciofi

Finalmente, nella nostra carciofaia (una ventina di piante) sono arrivati i carciofi

Lo so che a maggio, ormai, nei negozi si trovano pochi carciofi . . . più che altro i piccoletti, quelli da mettere sott’olio. Ma per motivi di micro clima, di esposizione, di tipo di carciofo o di pigrizia colpevole, i carciofi , qui da noi nella carciofaia lungo il torrente, “arrivano” solo a maggio . . . ma sono buoni.  Sono quasi tutti del tipo cosiddetto “Romanesco”, comunemente conosciuto come “Mammola”

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I primi, quelli centrali, sono grossi come un bel pompelmo e svettano su un gambo lungo. Poi ci sono i due laterali, grandi come un arancia e dal gambo che cresce per sbieco (come la lancia e il bastone della spugna intrisa di acqua e aceto che a volte sono ai lati del crocefisso in certi quadri o in certi angoli delle strade, ricordi di tempi andati) e infine, altri 4, piccoli che nascono nelle ascelle delle foglie, con un gambo corto corto . . .

Sappiamo tutti che i carciofi in sé non sono verdura, ma boccioli. Boccioli di una pianta che è imparentata col cardo selvatico. Che se poi li lasciate lì (come faccio io di solito con i più piccini fra gli ultimi nati) sulla pianta e li lasciate crescere vi allieteranno con una fioritura blu/violetta che ogni anno mi affascina. Da piccoli boccioli, parlo di carciofini con i “cuori” non più grandi dell’imboccatura di una bottiglia di plastica di una qualsiasi bibita, nascerà un fiore grande quanto il palmo della mano, pieno di fili colorati . . . davvero “le meraviglie della natura”!

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Come consumare i carciofi? A parte crudi in pinzimonio (o crudi al naturale, come faccio io che ne sono ghiotta). 
Be’, in casa mia nel modo più semplice .  . . aglio prezzemolo e olio, i carciofi puliti e mondati, tutto in pentola (a pressione) con un po’ d’aqua per non fare che bruci il tutto . . . poco il tempo di cottura, perché colti e puliti sono teneri . . . 
Se avanzassero (se) metteteli in una padellina o in una teglietta col loro “brodo” e un filo d’olio, con sopra prosciutto cotto e formaggio filante (io trovo che la mozzarella o la scamorza siano i più indicati, ma se lo volete più “light” potete spolverare solo con grana o altri formaggi semiduri a secondo del vostro gusto) . . . qualche momento sul gas col coperchio o nel forno senza coperchio e, in pochi minuti, un gustoso secondo da mangiare “puciando” con una fetta di pane il fondo di cottura.
Se il nostro ortolano ha lavorato bene, potrebbe capitare che siano pronte le prime zucchine (le prime 2 o 3 per pianta vanno tolte quando sono grandi come un dito medio, la pianta produrrà altre zucchine, altrimenti pensa di aver fatto la sua parte e, dopo queste prime zucchine non ne farà altre, parola della Suocera) nel frattempo che sono arrivati i carciofi . . . prendete le zucchine, pulitele bene e graffiate un po’ la buccia, tagliatele a fettine sottili per la lunghezza. Fate lo stesso con i carciofi, usando solo il cuore e le foglie più interne.  Aggiungete scaglie di parmigiano, qualche fettina di cipolla o cetriolo o sedano o funghi o tutto questo insieme . . . secondo i sapori che vi piacciono di più. Olio, sale e una spruzzata di pepe a vostro gusto. Uno stuzzichevole aperitivo, antipasto o insalatina da unire a un formaggio saporito.

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Ma qual’è la storia dei carciofi in cucina??? Io ho sempre pensato che, nell’antichità qualcuno (in montagna) avesse scelto qualche cardo più grosso e avesse iniziato a coltivarli . . . in un estate in colonia, ragazzi e ragazze più grandi ci avevano insegnato a mangiare (crudo) il cuore dei cardi . . . poi, una rapida ricerca con Google mi ha istruita (“Nessuna giornata in cui si è imparato qualcosa è andata persa.” David Edding)

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Cardo mariano in fiore

Originario del Medioriente, il carciofo selvatico ha costituito fin dall’antichità un prodotto importante per gli Egizi e i Greci, ma pare che altrettanto antico sia il suo impiego nella cucina.
Già nel IV sec. a.C. era coltivato dagli Arabi che lo chiamavano “karshuf” (o kharshaf), da cui l’attuale termine. 
L’uso di una qualche varietà di carciofo selvatico nella cucina romana è ricordata da Columella, che chiamandolo col nome latino di Cynara, conferma come a quel tempo si usasse consumare quella pianta sia a scopo medicinale che alimentare.

Nel “De re coquinaria” di Apicio, si parla anche di cuori di cynara che, a quanto pare, i Romani apprezzavano lessati in acqua o vino.

La coltivazione del carciofo da noi conosciuto venne introdotta in Europa dagli Arabi sin dal ‘300 poi, nel ‘400, dopo vari innesti, dalle zone di Napoli si diffuse prima in Toscana, e successivamente in molte altre regioni.
Nella pittura rinascimentale italiana, il carciofo è rappresentato in diversi quadri:  di  “L’ortolana” di Vincenzo Campi, L’estate” e “Vertumnus” di Arcimboldo.

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La signora Cristina, un’amica in visita . . .

L’altro giorno è venuta a trovarci un’amica del NonnoPapà: La signora Cristina.

Sapevamo che sarebbe arrivata alle ore xxx col treno, per cui mi sono preparata in tempo e sono arrivata in stazione, parcheggiato l’auto e pagato il ticket del parcheggio. Svelta sono andata alla ricerca del tabellone degli arrivi e ho scoperto (con grande sorpresa) che il treno che aspettavo non aveva ritardo . . . mi sono lanciata (più col pensiero che con le gambe . . . e qui vorrei che qualcuno delle Ferrovie Statali Italiane leggesse l’appello di dotare anche la stazione della Città sulla Costa di un ascensore per chi, come o peggio di me, ha difficoltà a fare le scale) giù dalle scale e mi sono bloccata!
Lungo la galleria che permette di attraversare i binari e arrivare alle varie pensiline c’erano alcuni uomini e una donna (in divisa, credo da GdF) più un cane di quelli che mi fanno sempre pensare a CappuccettoRosso sono addestrati per trovare la droga e roba simile. Stavano controllando la borsa di una signora che più o meno aveva la mia età . . . io so di non avere questo tipo di sostanze nello zaino, ma è stato il cane, in quanto cane a spaventarmi (sì, ho in casa tre bestie, ma sono le mie e le conosco bene. Invece, un cane lupo, anni fa, mi ha morso la mamo che avevo alzato a riparare il viso). Così, ferma lì finché uno di questi militari mi guarda, chiedo se il cane è ben tenuto dal guinzaglio, spiegando che io ho paura, mi rassicurano, passo . . . il tipo che tiene il cane molla il guinzaglio e il cane mi arriva vicinissimo, mi blocco, ma il cane torna subito ad interessarsi della borsa dell’altra signora . . . e io proseguo veloce! .

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Dopo poche pagine di lettura, qualche treno di passaggio e un sacco di messaggi pre-registrati su come noi “viaggiatori” dobbiamo comportarci in stazione e sui treni, ecco arriva il treno e io e la Cristina ci abbracciamo. l’ho vista solo poche volte, durante gli ultimi 10 anni, ma è una signora simpatica, con un sorriso sincero e contagioso  . . . direi “solare” se non fosse che da un po’ in casa questo aggettivo è stato messo al bando.

Vista la splendida giornata, ne ho approfittato per farle fare un giro su una parte del  lungomare della Città sulla Costa, passando davanti ai pezzi di lungomare rinnovati e a quelli in lavorazione. Intravedendo il mare tra la palme e gli “chalet” (come vengono chiamati gli stabilim

 

enti balneari) chiusi. Arriviamo a casa, su in collina: saluti, baci e abbracci . . . è sempre bello ritrovare un’amica!

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Pranzo, come da sua richiesta, “semplice e normale” . . . ma la FigliaGrande ha una sua idea di “semplice e normale” . . . Pasta pasticciata, con pancetta, funghi e mozzarella, al forno. Siccome è uno dei piatti preferiti da quando l’ha imparato a scuola, qualche anno fa, l’ha preparato in quattro e quattr’otto prima di andare a lavorare. 

Ha portato anche due bei libri, in regalo per il NonnoPapà (qualche giorno fa è stato il suo compleanno) e anche per me! Dirle “grazie” è ancora poco. 

Si parla delle sue e nostre passioni, si parla di figli, grandi e piccoli, si parla del futuro e anche del passato! E presto arriva il momento di salutarsi. E si risale in auto, si ritrova la stazione del treno e di nuovo baci e abbracci . . . ma questa volta, con un po’ di malinconia. Son solo due le visite che ci ha fatto, ma mi pare una zia che conosco da tempo! 

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Speriamo di poterle far visita noi, uno di questi mesi! 

Si cucina per vivere o si vive per cucinare???

Il dubbio amletico del titolo non aleggia tutti i giorni in casa di Fiordicactus, ma durante le feste (a volte prima a volte dopo essersi seduti a tavola) ci si infervora sull’argomento e qui di seguito, vi scrivo alcuni pareri.

10888661_10205604691626845_7538978648653482984_nInsalata russa (nascosta dalle uova sode)  . . .  tradizione del NonnoPapà

Secondo il NonnoPapà, si mangia per campare, per cui si dovrebbe spendere poco tempo per cucinare, piatti semplici e, possibilmente, facili da masticare. La tavola ordinata, ma essenziale. 🙂

Secondo il Nonno, si mangia per lavorare, per cui, per il primo, pastasciutta col sugo rosso e, per il secondo, scegliamo fra una decina di preparazioni a rotazione per i giorni feriali. La domenica tagliatelle col sugo. E alle “feste”, le solite 4 preparazioni che faceva sua mamma. La tavola ordinata, ma essenziale. 🙂

10633625_10205604714827425_6654673823202365439_oPreparazione . . .  Cuoca all’opera! 

Secondo la Nonna, si mangia con tutti i 5 sensi e il suo motto è “meglio poco, ma buono”, ama i piatti tradizionali, qualche “novità”, in dosi minime, viene accettata, ma durante l’anno. La tavola le piace curata e, nelle “feste”, un po’ di più. 🙂
Secondo lo ZioFiglio, si mangia per gustare e per mantenersi in salute, il suo motto è: “Vario! Buono! Abbondante”. La tavola . . . È proprio obbligatorio apparecchiare la tavola per mangiare??? 😉

10887430_10205604694506917_1282308284686709310_oAntipasto tradizionalissimo . . . per accontentare il Nonno

Il peggio che può capitare in una casa (e in questi giorni in questa casa) è una FigliaGrande (cuoca e gourmand, a cui piace sperimentare piatti nuovi come ne sente parlare, a cui è stato insegnato che la “mise en place” è altrettanto importante che il cibo che si porta a tavola) in piena tempesta creativa da “feste” natalizie e di fine anno . . .  

10896448_10205604725547693_2332394465144384273_oCannelloni ripieni di ricotta e spinaci . . . da leccarsi i baffi! 

unita a una FigliaPiccola che  (in questo periodo, fa l’operatrice video in alcune trasmissioni Tv di cucina, pasticceria et similia) ha portato a casa delle ricette (dolci e salate) da provare,

10906218_10205604723107632_7353709388117313223_nPolenta, zampone e lenticchie

sono una catastrofe alimentare . . . un delirio di piatti e piattini, bicchieri e bicchierini, ciotole, ciotoline e ammenicoli vari, in cucina e in tavola.

1399081_10205604703507142_9085081470719407638_oCottege Pie – Adelaide Michelini

E mi è capitato di sentire conversazioni ai limiti dell’assurdo, tipo questa:
FigliaPiccola: “Ho queste ricette, che hanno fatto i cuochi del programma dove lavoro in questo periodo!”
FigliaGrande: “Ma tu, queste ricette le hai viste fare?”
FigliaPiccola: “Certo!”
FigliaGrande: “Ah, bene . . . che “gancio” ha usato?”
FigliaPiccola: ” . . . Boh! Io sono lì a lavorare, non ho fatto caso . . . ”
Ognuno il suo mestiere . . . ecco che questo proverbio trova spiegazione pratica, ognuno, nel suo mestiere SA
 quali sono i particolari di cui tener conto!

10885594_10205604712187359_2200635192672830389_nTorrone Cremoso – Ricetta dello chef Maurizio Santin

In questi giorni, cioè dalla vigilia di Natale a oggi (e, è facile prevederlo, si andrà avanti fino all’Epifania), la loro alleanza ha prodotto “piatti”, che hanno soddisfatto in pieno il Figlio. Che hanno reso perplesso il NonnoPapà. Che hanno fatto scuotere la testa al Nonno . . . e che hanno fatto pensare alla Nonna che ha perso completamente il controllo della SUA cucina (e questo fatto la fa sentire più vecchia che non l’aumentare delle candeline sulla sua torta di compleanno).


1889032_10205604692826875_5856346443421175180_oOlive ripiene e fritte, all’ascolana – dalla Morosa del Figlio

Ma come si sa, l’Epifania tutte le feste si porta via! Speriamo che per quella data siano finiti anche tutti i dolci natalizi.
Torneremo al solito tram tram culinario . . . cercando di smaltire quei kiletti in più dovuti alla cucina delle feste. 


10869639_10205604726707722_6193545985545678_oCin Cin al nuovo anno

 da voi, si mangia per vivere o si vive per mangiare??? 

Le didascalie sottolineate, l’avrete capito, nascondono un link

Colori d’autunno nel piatto

Come ho detto, prendo spunti per i miei manicaretti (che spesso cucina la FigliaGrande che è più brava e attenta e, incidentalmente,  anche cuoca diplomata) dai giornali dei supermercati, dai siti web, dai food-blog e poi ci sono le ricette che sono linkate su Facebook da uno dei giornali di cucina di cui, negli anni delle “vacche grasse” non mi facevo scappare un numero “Sale & Peppe”.  Ho ancora molti numeri vecchi buttati in cantina, e molte pagine strappate in un raccoglitore. 

Così, settimana scorsa, quando su Facebook ho trovato una ricetta che ben si addice a questa stagione che, anche se di autunnale dalle mie parti ha poco, è la stagione delle zucche, ho voluto provarla subito. 
La ricetta di una zuppa con zucca e porri, formaggi e pane raffermo (tò, ci mettiamo pure che è una ricetta anti spreco del pane che avanza). ho dovuto comprare solo i porri, e il formaggio (che non era solo Emmental, in questi casi uso prendere una parte di Emmental, una di Asiago e una di FontinaValdostana), le zucche, avendole fornite l’orto dietro casa

DSCN2422© Fiordicactus

L’ho fatta un po’ di corsa e l’ho fatta io, mio fratello che è passato di qua, mi ha aiutato tagliandomi a dadini i formaggi (le occasioni in i fratelli cui hanno voglia di aiutare sono rare e io l’ho preso al volo).
Secondo me doveva essere un “primo” un po’ abbondante, invece si è rivelato un piatto unico e sostanzioso

LA ZUPPA GRATINATA CON PORRI E ZUCCA 

Zucca  400 grammi

brodo vegetale  6 decilitri

burro 20 grammi

Emmental  150 grammi

pane di segale 8 fette

porri  3

sale  q.b.
Preparazione

1) Pulisci i porri, elimina la radice, le foglie più esterne e le parti verdi più dure; lavali, asciugali e dividili a rondelle.

2) Taglia la polpa di zucca a scaglie dello spessore di circa 1/2 cm (per facilitare l’operazione puoi usare una grattugia a lama lunga) e mettile, insieme ai porri, in una larga padella antiaderente in cui avrai fatto sciogliere il burro fino a farlo diventare spumeggiante.

3) Rosola le verdure nel burro a fiamma viva per un paio di minuti, aggiungi una presa di sale, bagna con il brodo bollente, copri il recipiente, abbassa la fiamma e cuoci per 15 minuti. Scola zucca e porri con un mestolo forato e tieni il brodo in caldo.

DSCN2400© Fiordicactus

4) Disponi 4 fette di pane sul fondo di 4 pirofiline, cospargile con metà dell’Emmental  grattugiato, fai uno strato di porri e zucca, poi ripeti gli strati terminando con il formaggio. Versa su tutto il brodo tenuto da parte e metti le pirofiline sotto il grill del forno già caldo fino a quando la superficie della zuppa gratinata sarà dorata (occorreranno circa 5 minuti). Servi subito.

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Quando è stata pronta, bella calda, avevano tutti fame e non è stata ripassata sotto il grill, e, in base a quello che avevo preparato (abbondante) nessuno avrebbe dovuto chiedere il bis . . . ne ho lasciato una porzione per la FigliaGrande e invece, alla sera, se l’è pappata il Figlio  . . . anche questa è una ricetta da rifare! E visto che è vegetariana, potrei tenerla per il venerdì o per quando arriva qualche amica/o vegetariana/o.

Non di solo carne vive Fiordicactus

A volte arrivo al supermercato in tempo per portare a casa, assieme alla spesa, anche il giornalino  “Bene Insieme,  gratis. Lo trovate anche in rete.
Capita che tra una notizia buffa, un consiglio per la casa e le molte ricette si trovi nascosto qualche “perla” .  . . 

Nell’ultimo mese da questa “fonte” ho trovato e provato una ricetta a base di verdura, formaggi e uova . . . e siccome in casa di Fiordicactus si è onnivori (e gourmand) e non si vive di sola carne, é piaciuta mooolto e la rifaremo di sicuro.

Me la segno qua, per averla sempre sottomano e per condividerla con voi. 

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Crepes con Gongorzola, pere, radicchio e noci

Ingredienti per 4 persone
per le crepes : 2 uova, 120 gr di farina, 2 cucchiai di burro fuso, 200 ml di latte circa, un pizzico di sale e il burro per cuocerle (o usate la ricetta di casa, alla quale siete affezionati)
per il ripieno : 1 pera abate, 1/2 radicchio rosso, 50 gr di gherigli di noce, 2 cucchiai di burro, 1 cucchiaio di miele fluido, 1 cucchiaio di succo di limone, 150 gr di Gongorzola. Una macinata di pepe 

Come si procede . . .  Sbatti insieme gli ingredienti delle crepes fino a che si ha un composto liscio e fai riposare almeno 10 minuti.
Nel frattempo, lava la pera, tagliala a metà, togli la parte dei semi, tagliala a fettine sottili. Lava e monda il radicchio e fai a pezzetti le foglie. Trita le noci.
In una padella rosola lentamente tutto insieme nel burro fino a quando il radicchio non diventa di un color bruno dorato. Unisci il miele e il succo di limone.
Togli dal fuoco e fai riposare. Prepara le crepes e mettile sui piatti, metti su ognuna il miscuglio e il gongorzola, spolverale di pepe e servi ben calde.

L’abbiamo fatto diventare il piatto unico, in una domenica in cui eravamo solo noi adulti, non so se il PiccoloLord avrebbe gradito. Cucinato dalla FigliaGrande, cuoca patentata, al suo meglio. 


DSCN2391La nostra versione © Fiordicactus

Per 4 persone (conoscendo i convitati) abbiamo usato doppia dose e, per quello che riguarda il radicchio, ho acquistato sia un radicchio tondo di Chioggia che uno di quelli “lunghi” di Treviso, prendendone metà di uno e metà dell’altro (è un’abitudine che ho, quando devo cucinare col radicchio rosso, perché quello tondo mi da la colorazione ed è più dolce, quello di Treviso, da solo, è troppo amaro). 
Una cosa che mi è stata rimproverata dalla FigliaGrande è stato che ho scelto le pere pensandole come frutta, così ho portato a casa delle pere piuttosto mature, mentre per cucinare sono migliori quelle un po’ acerbe.

Quella volta che avevo fretta e poca roba in frigor

Quella volta, avevo fretta, poca roba in frigor e un “emergenza” del tipo “aggiungi un posto a tavola” .  . . non ricordo né chi né perché.
Ricordo però che quello che sono riuscita a preparare è piaciuto, non ricordo molto di più . . . ma oggi mi è capitato tra le mani l’incarto della pasta brisée  da dove ho copiato la ricetta . . .

La trascrivo e, nel frattempo, cerco di ricordare le mie “variazioni sul tema”!

Quiche di ricotta e pomodorini

Ingredienti: 
1 rotolo di pasta brisée (già pronto)
2 uova
300 gr di ricotta
100 gr di parmigiano reggiano
pomodorini
olio / pangrattato / basilico /sale e pepe qb

Srotola la pasta brisée sopra una teglia rotonda. In una ciotola amalgama i tuorli, con il pangrattato e l’olio, versa sopra la pasta brisée che sta nella teglia.
Mischia ricotta, albumi e parmigiano, poi aggiungi il basilico tritato, sale e pepe.
Versa questa crema sull’altra già nella tortiera, copri il tutto con i pomodorini, aggiungi sale e olio.
Cuoci a 200° per 40 minuti

Come vedete sono tutti ingrediente che si possono trovare in frigor o in dispensa . . . Il basilico, d’estate ne ho sempre un vaso fuori dalla porta della cucina, l’ho messo di sicuro. La pasta brisée, pronta (come quel giorno), ce l’ho quasi sempre sotto mano. Se non c’è il Parmigiano, possiamo usare il Grana, sono cugini. E se non ci sono i pomodorini, qualche pezzo di pomodoro piuttosto maturo, penso andranno bene lo stesso.

L’unica cosa che ricordo bene (in realtà sono due) è che non avendo in casa la ricotta ho usato la mozzarelle . . . e, siccome a me i pomodorini cotti piacciono così così, non ho ricoperto tutto di pomodorini ne ho buttati sopra giusto una decina . . . di quelli piccoli e rotondi, raccolti dalla pianta, lavati e asciugati. Poi messi nella torta un attimo prima di infilare tutto nel forno.

Il risultato è stato ottimo, io avevo promesso di rifarla e, fino a oggi, non ho mantenuto la promessa . . . ecco perché me la sono segnata qua, oggi, è arrivata l’occasione: la preparo per la festa di compleanno del PiccoloLord, questa volta seguendo pedissequamente la ricetta!
Oggi vado di fretta e uso la pasta brisée pronta, ma la prossima volta, la pasta brisée voglio provare a farla in base a questa ricetta

Pasticci da PiccoloLord . . . con la nonna

Cosa può fare in casa, un sabato mattina, un PiccoloLord con la sua nonna??? 
A volte è divertente pasticciare insieme, imparando parole nuove, imparando a rispettare i “tempi” e le “regole” dettate dalla ricetta . . . impegnandosi a preparare una torta per il resto della famiglia.

È una torta che in questa famiglia è stata preparata un sacco di volte, fin da quando, era un’estate calda, è stata preparata per una qualche occasione, al Suocero piaceva, perché non era tanto dolce, ai bambini piaceva perché era piena di crema e al resto della truppa, piaceva perché era leggera e fresca . . . vi lascio la ricetta, se mai la voleste fare.

PiccoloLord e io faremo la versione con le pesche sciroppate e senza liquore, ma la riproverò a fare quando le albicocche che stanno sul nostro piccolo albero saranno mature.

Torta di ricotta e pesche sciroppate (o albicocche fresche)

Ingredienti

  • Pan di Spagna
  • 500 gr di Ricotta fresca
  • 200 gr di Zucchero
  • Buccia di limone (non trattato) grattata
  • Succo di limone (finiamo di usare quello di cui sopra)
  • 500 gr di Panna per dolci
  • Pesche sciroppate ( o Albicocche fresce) qb
  • Liquore dolce (solo se la torta è destinata agli adulti)
  • Zucchero a velo

Tagliare il Pan di Spagna e bagnare il pezzo sotto con liquore (o con il succo delle pesche sciroppate o con una bagna fatta con acqua e marmellata di albicocche, se la torta è destinata ai bambini)

Preparare la crema alla ricotta
Passare al setaccio (o schiacciare con lo schiacciapatate) la ricotta e mescolarla col succo di limone, unire la buccia del limone grattata e lo zucchero, facendo amalgamare bene tutto, aggiungere un po’ di sciroppo delle pesche (nel caso di adulti, aggiungere mezzo bicchiere di liquore).
Mentre riposa, montare la panna a neve e incorporarla delicatamente alla crema già pronta. Tenere in frigor, coperta.

Versione con le pesche sciroppate
Tagliare a fettine le pesche sciroppate e disporle sul Pan di Spagna ricoprendolo tutto.

Versione con le albicocche fresche
Lavare le albicocche fresche, dividerle e snocciolarle, metterle a macerare con un po’ di liquore. Adagiarle sul fondo di Pan di Spagna, ben scolate e col dorso verso l’alto.

Rifinire la torta
Versarci sopra la crema alla ricotta e spalmarla bene, dargli la forma di torta e decorare con qualche fettina di pesca sciroppata (o di albicocca fresca) avanzata. 
Lasciare in frigor per almeno 3 ore. 

Poi fateci sapere se vi è piaciuta.

Altre ricette sulla pagina: In Cucina

Cosa c’è in frigor??? Verza ripiena

Una mattina di qualche giorno fa, mi frulla nella testa la domanda che assilla (a volte) la mente di ogni mamma italiana: “Che cucino oggi?”.
Butto uno sguardo interessato al contenuto del frigor . . . e trovo: una confezione di pasta brisée, un bel pezzo di p. cotto, una confezione di ricotta, un pacchetto di carne macinata, una ciotola piena di pasta madre che è stata rinfrescata il giorno prima senza sapere di preciso cosa farne, mezza verza che invecchia da due giorni chiusa nella sua pellicola trasparente, la voglia di non sprecare . . .
Per il prosciutto e ricotta, aggiungendo un caprino, e usando la pasta brisée, ho in mente una torta salata di antica memoria (un piatto che in casa, va sempre).
Con la carne macinata, invece delle polpette, aiutandomi con la pasta madre,  ci farò un pasticcio di carne in crosta . . . di solito viene bene e piace.
Poi, improvviso, un ricordo lontano di una ricetta sentita, più che vista, in Tv . . . e anche la verza trova il suo posto nel menù “di recupero” della giornata.

Ho preso la mezza verza, che era già pulita, visto che l’altra metà era stata usata per altre ricette . . .  sbollentata e messa su un piatto, aperta come una rosa spampanata . . . intanto ho preparato la farcia,  con un po’ di  salsiccia sbriciolata, il pane (quello fatto da me settimana scorsa era ancora bello) tagliato e bagnato nel latte, poi strizzato. Sale pepe, uovo, grana grattato (tutti gli ingredienti “a occhio”, in base a quello che c’era in frigor e alla grandezza della verza.

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Ho poi mischiato bene tutti gli ingredienti con le mani e poi (visto che era solo mezza verza), ho iniziato dalle foglie grosse che stavano appoggiate al piatto, ci ho messo parte della farcia, ho sistemato sopra a questa un po’ di altre foglie e ancora della farcia, foglie e farcia a strati fino a che non è rimasto più niente da impilare . . .La ricetta originale, ricordo, richiede che venga stufata in pentola con condimenti e sapori, io l’ho appoggiata sulla carta da forno, unta con poco olio, chiusa e richiusa con la carta d’alluminio, messa in un vecchio stampo da budino di alluminio e infilata nel forno per mezz’ora. Tolta dal suo “cartoccio”, messa sul piatto e lasciata nel forno fino all’ora di pranzo a fuoco spento. Alla fine abbiamo gustato un buon piatto compreso di verdura, gusto e allegria.

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Mia Suocera e le sue “pallucce” . . .

Prendete una ragazza . . . orfana di madre a 12 anni, a lavorare nei campi con suo padre e suo fratello e aiutare in casa la zia zitella.
Si sposa e oltre agli orti ci sono le mucche da latte e i piccoli animali da cortile che sono da nutrire, erba fresca ogni giorno. La casa e  i vari lavori domestici, lavare i panni a mano e tutto il resto senza aiuto di elettrodomestici, erano altri tempi.
E il pane da fare una volta alla settimana, perché, racconta la leggenda familiare, la sua di suocera che curava la cucina e il cucinare non era una brava panificatrice. Così, la prima volta che la Suocera ha impastato e cotto il pane suo suocero è rimasto così contento che le ha affidato anche questo incarico . . . ogni settimana, iniziando la sera prima col preparare il lievito nuovo con la “madre” (sì, come va di moda adesso), il mattino dopo sveglia presto per preparare le pagnotte e controllare che il forno fosse pronto e infornare, facendo attenzione alla cottura. Quando la famiglia è cresciuta e il forno di casa non era abbastanza, mettersi in testa la tavola con tutte le pagnotte e portarle a cuocere al forno del quartiere . . . tutto questo è andato avanti dagli anni della guerra fino alla fine degli anni ’60.
Mia Suocera era una donna davvero eccezionale, una “carabiniera” dicevamo noi . . . “una con le palle”, direbbero adesso.

Un’altra cosa che sapeva fare bene e faceva in quantità, erano le (famose) olive ripiene e fritte (non dico “all’ascolana” perché lei abitava nella Città sulla Costa . . . e gli ascolani sono gelosi delle loro ” ‘live”). . . mia Suocera le chiamava “pallucce”! I nipoti le chiamavano “le pallucce di nonna“! 

Mò, vi spiego come le faceva (tenendo presente che ogni  casa ha la “sua” ricetta:

Ingredienti in ordine di apparizione  (per 1 Kg di carne)

5 o 6 etti di carne di manzo (o il pezzo che qui si chiama: “gioia” o quello che qui si chiama:  “controgirello” o parte di uno e parte dell’altro. . . non so dove trovare le tabelle con i nomi dei tagli nelle diverse parti d’Italia)
5 o 4 etti tra carne di maiale (prosciutto) e petto di pollo

Cipolla 1, carote un paio piccole o una grossa, sedano un pezzo di gambo (tutto a pezzi)
sale e olio qb

4 tuorli d’uovo
1 etto di grana/parmigiano grattato
noce moscata qb (dice la cognata: “dev’esserci ma non si deve sentire”)

Olive verdi in salamoia (ottima la tenera ascolana“, ma anche quelle un po’ più piccole)

farina bianca
uova sbattute
pan grattato

Olio per friggere (qua si usa olio d’oliva delle proprie piante, ma anche quello d’arachidi)

E come si fanno??? Ecco la spiegazione di come le ho viste fare (ho aiutato a fare):

Si prendono  le olive e le si sciacqua spesso in acqua fresca per fargli perdere il salato della salamoia. Poi si “sbucciano” come si fa con la mela, a spirale, cercando di non rompere la polpa, per liberare il nocciolo (o si comprano già snocciolate e col taglio laterale o si compra l’attrezzo apposito quaggiù)

Si prende la carne e la si fa a pezzi piccoli, la si mette in una padella con le verdure, olio e sale quanto basta, si fa cuocere a fuoco lento, senza far seccare o stracuocere la carne, deve rimanere un po’ di sughino.
La carne cotta va macinata due volte e poi messa in una ciotola a cui si aggiungono i 4 tuorli d’uovo, un etto di grana/parmigiano grattato, un po’ di noce moscata e un po’ di quel sughetto della cottura della carne, si mescola bene l’impasto e se vi sembra troppo asciutto aggiungete ancora un po’ di liquido di cottura (come fare a saper se la consistenza è giusta, lo lascio alla vostra esperienza di cuoche).
Si prende l’impasto a pizzichi e si forma una pallina che dovrà entrare nella polpa dell’oliva (se l’avete pazientemente tagliata a spirale, ricomponetela a spirale intorno alla pallina di impasto. Altrimenti, con le olive snocciolate e tagliate sul fianco, resterà una parte di polpa “scoperta”, ma va bene anche così).
Queste olive ripiene vanno passate nella farina bianca, poi impanate. Per cui, nell’uovo e nel pangrattato, facendo attenzione a non farcene restare troppo (Per questo qua si usa fare come per i pesci da infarinare e friggere, si passano al setaccio in modo che caschi il pane in eccesso).

Si friggono in abbondante olio caldo, cercando di non farle scurire troppo. Dorate, non rosse!

Si gustano, come antipasto, con un bianco (io amo il Falerio dei colli ascolani e poi il Verdicchio di Jesi, ma c’è chi le serve con uno spumante brut).
A casa, le si mangia  come antipasto, come accompagnamento del fritto d’agnello, ma anche con la carne alla brace o, verso l’ora di merenda semplicemente allungando la mano nella grande ciotola di ceramica bianca . . . attenzione, sono come le ciliegie, una tira l’altra.

Un’altra volta, le foto! La FigliaGrande le vuole preparare per Pasqua! 🙂

Avete mai trovato una zucchina dritta???

Su Facebook, sotto la foto di una bella zucchina, qualcuno ha scritto (tra le altre cose) queste parole: le zucchine ripiene…che ideona!!! ho l’arnese magico per punzarle e via che faccio un bel buco lungo dritto,semplice no?! …seeeeeeeeee avete mai trovato una zucchina dritta??!! no,tutte curve e col diametro che diminuisce…insomma ci vuol un ingegnere nè!!! aahhh siiii sennò entri giusta ed esci col buco a metà zucchina sul fianco… oppure la scardini completamente e ne puoi far solo sugo..”
Il mio commento è stato: “Io le taglio a metà (per il lungo) e le faccio a “barchetta” . . . più semplici e più buone!” . . .  da qui a decidere di parlare delle “mie” zucchine ripiene il passo è stato breve . . . anche se, ci sarebbero altre e ben più importanti storie da raccontare al mio diario . . . per oggi  un paio di ricette, per il resto, c’è tempo.

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Sono ricette che ho trovato anni fa, quando ti capitava di leggere su Grazia un’articolo, dove una donna impegnata in carriera raccontava a una giornalista di Grazia che comprava quel giornale per le “pentole” . . . le pentole che segnalavano in ogni ricetta il grado di difficoltà, il giornale era pieno di notizie, di articoli interessanti: poche foto, molte parole. Al centro, un’inserto di cucina (o, in stagione, consigli di bellezza, per la casa o il giardino) io per anni li ho raccolti, ne ho fatti due libroni, le mie enciclopedie domestiche . . . c’è stato un periodo che ogni inserto era pieno di ricette di un solo ortaggio, così ho: “saper mangiare le verdure” – le melanzane, i finocchi, le patate, gli asparagi, le insalata, i pomodori . . . le zucchine.
In ogni fascicolo almeno 12 ricette, e i consigli su come conservarle, come pulirle, quanti tipi ce ne sono . . . una vera miniera di informazioni.
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Le zucchine ripiene, a casa di mia mamma, venivano preparate trifolate o fritte, non ricordo di averle mai provate ripiene da piccola . . . da mia suocera, oltre che fritte, a pezzi con la cipolla e pomodoro, venivano preparate ripiene. Erano scavate nel centro con l’apposito attrezzo e riempite di un impasto a base di carne, uova e parmigiano. Ho amato molto mia suocera, ma mai le sue zucchine ripiene . . . all’esterno la zucchina era straunta e bruciacchiata, all’interno lessa e insapore e il ripieno ricordava (a vista) un sigaro o qualcosa che non nominerò! Se poi, come capitava, le cucinava prima, era peggio perché lei non riscaldava niente.

Mi sono sempre rifiutata di cucinare anch’io le zucchine ripiene finchè in quei fascicoli ho trovato la ricetta giusta, due ripieni a cui io ho aggiunto il terzo. È una ricetta segnalata con 2 pentole, perciò di media difficoltà, l’unico problema è che piacciono e la gente di casa mia non è da porzioni da “nouvelle cousine”, per cui devo prepararne molte. Ultimamente ho usato, oltre le zucchine “normali” anche quelle tonde. Tutta verdura che abbiamo coltivato nell’orto, per cui con quel qualcosa in più che è dato dal sapore della verdura colta, cotta e mangiata! Il lavoro è laborioso, a volte mi porto avanti preparando parte del ripieno il giorno prima.

Gli ingredienti, a parte le zucchine, (per 8 persone) sono
1° Ripieno: gr 50 di funghi secchi, 2 uova, mollica di pane, latte, sale, pepe, aglio, olio d’oliva extravergine = qb
2° Ripieno: 1 etto di prosciutto cotto, 2 uova, mollica di pane, latte, sale, pepe, aglio, olio d’oliva extravergine = qb
3° Ripieno: 4 patate medie, 2 uova, uno spicchio d’aglio, parmigiano e pecorino grattuggiati, basilico, origano,  sale,  pepe,  olio d’oliva extravergine = qb

La mollica di pane va intrisa nel latte e strizzata.
I funghi vanno “ammollati” per farli rinvenire e poi sciacquati bene (a volte si trovano sassolini o terra), strizzati e tritati grossolanamente.
Il prosciutto cotto dev’essere tritato piccolo, ma non a crema.
Le patatate, lessate (se con la buccia restano più saporite e meno acquose) e schiacciate (se le lessate con la buccia, logicamente le dovrete sbucciare prima, c’era bisogno di dirvelo?) .
Tritate aglio e prezzemolo per i primi due ripieni. Tritate aglio da solo, spezzettate con le mani il basilico per il terzo ripieno.
Inutile che vi dica che ogni ripieno va in una ciotola diversa . . . no??? 
Le zucchine, dopo averle pulite e lavate, vanno tagliate a metà per la lunghezza, e poi sbollentate (in acqua salata) finché la parte centrale è molle alla forchetta,  le tolgo dall’acqua e man mano le metto ordinatamente su una tovaglia vecchia, le svuoto con un cucchiaio, cercando di non romperle agli apici, così sembrano delle barchette.
La polpa cotta, che ho tolto dalle zucchine,  la trito  o la schiaccio con la forchetta e la metto  nel caccia-maccheroni o nel colapasta, così che si liberi dall’ultima acqua.
Quando ho finito, ne metto una parte in ogni ciotola (una ciotola, un ripieno, lo ricordo per chi ha saltato qualche riga) dove c’è già il resto del ripieno. Mi regolo per non mettere troppa o troppo poca polpa, mischio bene ogni ripieno e controllo il sapore. Se è il caso aggiusto di sale e di consistenza, che dev’essere morbida ma non sbrodolata.

Sistemate le zucchine nelle teglie unte di olio (io uso quelle basse da pizza o la leccardiera del forno) . . . io non ungo le teglie prima,  sotto le zucchine ci metto la carta da forno, così mi risparmio un po’ di condimento e qualche “accidenti” nel lavaggio . . . a questo punto, metto poco sale all’interno di ogni zucchina e poi ci distribuisco il ripieno, non a pari della zucchina, ma un po’ di più (per capirci, quasi a ricostruire la forma della zucchina).
Faccio cascare un filo d’olio su ogni zucchina (se non avete unto prima le teglie, passando da una zucchina e l’altra casca quel tot di olio per ungere il fondo della teglia. Una spruzzata di parmigiano su ogni ripieno  e infilate in forno caldo (200°circa, poi, ognuno conosce il suo forno) per mezz’ora o finché non si forma la bella crosticina sopra al ripieno.
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Ultimamente oltre alle zucchine “lunghe”  uso anche quelle tonde, ma senza la calotta superiore.

Sembra complicato, ma a farlo ci vuole meno che a scriverlo! Provate e fatemi sapere come è andata! 

La cena della Vigilia . . . con 14 €uro

Quest’anno, anno di crisi . . . siamo state, la FigliaGrande (cuoca patentata) ed io (casalinga quasi sull’orlo di una crisi di nervi) a s-cervellarci per far quadrare bilancio, voglie e cena, della Vigilia, di pesce . . . giochiamo a Tetris con le ricette, cercando di far incastrare tutto . . . e poi,  sabato arriva a casa l’Uomodellamiavita, con una busta della spesa.
Una borsa che puzza . . . di pesce. E allora, la spesa viene più facile. Per la cena della Vigilia abbiamo speso solo 14 €uro e ci siamo pure tolti uno sfizio.

C’è la Provvidenza, questa volta è stato un amico dell’Uomodellamiavita che, invece di un panettone e spumante,  ci ha mandato un bel merluccette (*), un paio di manciate di panocchie (**) e una decina tra mazzoline e risciole(***).
A essere sinceri a me il pesce non piace . . . cioè non mi piace “il pesce a forma di pesce”, ma quelle due o tre volte all’anno e, soprattutto se me lo regalano, faccio questo sforzo.

Armata di santa pazienza (e di un buon paio di forbici) ho pulito quello che andava pulito.
Ho affettato patate, tritato, con la fida mezzaluna, prezzemolo e aglio, versato parcamente olio e sparso sale sulle pietanze e il risultato è stato un menù gustoso

8 Ostriche . . . (10€)
Salmone affumicato  . . . (3,80€)
Misto di finocchi (dell’orto) e mele  . . .

Merlucc su letto di patate . . .  tutto al forno
Panocchie quasi al vapore . . . 
mazzoline e risciole in brodetto . . .

Fristingo ( per dolce tradizionale della Vigilia)
regalo della Cognata 

Per le Ostriche, la parte più difficile, l’apertura della conchiglia, è stato delegato l’Uomodellamiavita, poi le ha sistemata su un piatto e ce le siamo mangiate con un po’ di succo di limone.

DSCN1975“Figlia, Udmv, ma siete matti???” – “Non ti preoccupare, solo 10 €uro!” Una volta all’anno si può! 

Il salmone affumicato, (già pre-tagliato a fettine), sistemato su un piatto e accompagnato dal Misto di finocchio e mela . . . ascoltata in Tv e rifatta al volo, facile da fare, gusto inusuale, ma buono: si prendono un finocchio o due e una mela, quattro o cinque capperi. Olio, sale e pepe (qb). Puliti i finocchi e la mela, sciacquati i capperi (i nostri erano col sale), tritati alla julienne sia i finocchi che la mela, tritati a coltello grossolanamente i capperi, si condisce con olio, sale e pepe e si “gira”, come un’insalata).
Il Merluzzo su letto di patate, è una delle poche ricette che so fare e che vengono sempre bene . . . prendo il merluzzo (o nasello) pulito, prendo le patate sbucciate, lavate e tagliate a fettine (se c’è tempo, poco o tanto, si lasciano in acqua fresca), prendo il limone tagliato e spremuto, e del  prezzemolo e aglio, puliti e tritati fini fini. Olio, sale, pepe (qb, ma anche un po’ di più, volendo). Metto le patate sulla teglia da forno, le condisco e le muovo con un mestolo per fare che siano tutte ben unte e condite. ci appoggio il pesce, a cui ho riempito il vuoto delle interiora di prezzemolo e aglio e un po’ di limone sia in succo sia a pezzi. sopra al pesce metto ancora prezzemolo e aglio e qualche pezzo (o fetta) di limone . . . se si “sporcano” le patate di prezzemolo e aglio, poco male.

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Messo in forno a 180°/200° per circa 15 o 20 minuti, dipende dalla grossezza del pesce. Sicuramente tenete d’occhio che non si brucino tutte le patate.DSCN1973 Invece, per fare le Panocchie quasi al vapore, si prendono le “panocchie”, prezzemolo e aglio, vino bianco, olio, sale e pepe (qb). Si mette l’olio, in una padella larga abbastanza per contenerle tutte in un solo strato, col prezzemolo e aglio, poi mentre si scalda, velocemente, si mettono le panocchie, dopo un attimo, un po’ di vino e si fa sfumare. . . si copre col coperchio e nel giro di 5 minuti si spegne, lasciando coperto fino al momento di mangiare.

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Per le Mazzoline e le Risciole, ho pensato al Brodetto alla Sambenedettesecosì, ho sistemato i pesci in una padella dove c’era già il solito olio col trito di aglio e prezzemolo a soffriggere lentamente, li ho fatti insaporire e poi ci ho adagiato sopra dei pezzi di pomodoro mezzo acerbo (ci sarebbe andato anche del peperone, ma in casa mia, non a tutti piace), li ho fatti insaporire (di corsa, perché altrimenti i pesci si rompono) e poi li ho bagnati con poco aceto, a seguire un bicchiere di acqua e vino bianco (e qui, ho esagerato, visto che l’abbiamo ricevuto tra i cesti di Natale, ho usato il verdicchio di Jesi) . . . si lascia cuocere per il tempo necessario, a secondo della grossezza dei pesci, ma mai più di un quarto d’ora.

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Il “fristingo”, è il regalo di Natale (dolce) della Cognata, quest’anno diceva che era un po’ troppo unto (essendo l’olio, non solo per ungere la teglia, ma parte degli ingredienti), io l’ho trovato buonissimo!

Una Vigilia tranquilla, in famiglia, in attesa, per qualcuno, dell’arrivo di Babbo Natale e per qualcun’altro dell’arrivo della FigliaPiccola col diLeiAmatoBene.

(*) Merluzzo o forse era un Nasello 😉
(**) Cicale di mare
😉
(
***) Gallinelle  e  Triglie
  🙂

Il ceppo di Natale

Un’antichissima tradizione nordica voleva che nel giorno del Solstizio d’Inverno si bruciasse un grosso tronco di legno di quercia, per illuminare la notte più lunga dell’anno. Una parte del legno veniva riposta con cura, per essere usata l’anno seguente nell’accendere il nuovo ciocco.

Largamente diffusa in tutta l’Europa, questa usanza fu particolarmente seguita in Inghilterra, in Francia, in Germania e tra gli Slavi meridionali. In alcuni villaggi tedeschi si usava togliere il ceppo dal fuoco appena un poco carbonizzato, e si conservava per rimetterlo sul fuoco quando sopravveniva un temporale con molti tuoni, perché si credeva che il fulmine non potesse colpire una casa in cui bruciava il ceppo.

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In Provenza il nuovo ceppo veniva messo sul fuoco alla vigilia di Natale, e bruciato per poco tempo ogni giorno, per durare fino all’Epifania, perché potesse proteggere la casa dagli incendi e dai fulmini per tutto l’anno. 

Anche in Italia, in Val di Chiana, in provincia di Arezzo, la sera della vigilia ogni famiglia si riuniva mettendo nel camino il ciocco e recitava, nel frattempo, una magica filastrocca:

Si rallegri il ceppo, domani è il giorno del pane:
ogni grazia di Dio entri in questa casa.
Le donne facciano figlioli, le caprette, i capretti,
le pecore, gli agnelli; abbondi il grano e la farina,
e si riempia la conca di vino
.

Poi si bendavano i bambini, che dovevano avvicinarsi al camino e battere con le molle sul ceppo, recitando una canzoncina detta “Ave Maria del Ceppo”, che aveva la virtù di far piovere su di loro regalini e dolci.

Forse ci possiamo accontentare di un “ceppo” dolce . . . qui la ricetta di quello della foto.


                                                                                                                                                       

Calendario dell’Avvento 2012 ><

900feuGruppo di pastori al fuoco

Pensiamo ai dolci . . .

E se quest’anno seguissimo la tradizione nordica e ci preparassimo dei biscotti da appendere all’albero invece dei soliti addobbi o insieme . . . prevedo che se appendiamo solo dolci, arriviamo a Natale con l’albero spoglio!
Comunque, se qualcuno volesse provarci . . . qualcuno come la FigliaGrande, che è in vena di “pazzie” dolciarie (e il mio giro vita, ma non solo il mio, ne sta risentendo) o qualcuno come la sua amica M.

Avvento biscotti-natale

Ingredienti: 350 gr di farina | 100 gr di zucchero | 100 gr di burro | 100 gr di miele | 1 uovo | 1 cucchino di bicarbonato | 1 cucchiaino di cannella | 1/2 cucchiaino di zenzero | 1 pizzico di sale

Per la glassa: 150 gr di zucchero a velo | 1/2 albume | 1 cucchiaino di succo di limone | colorante alimentare q.b.

Preparazione
Mescolate tutti gli ingredienti e impastate bene. Formate una palla con l’impasto, avvolgetela nella pellicola e lasciatela riposare in frigo per almeno mezz’ora.

Stendete l’impasto e formate biscotti utilizzando stampini diversi. Formate anche un piccolo foro che servirà per far passare il nastrino.

Infornate in forno già caldo e fare cuocere a 180° per 10/15 minuti (a seconda del forno).

Preparate quindi la glassa mescolando l’albume, lo zucchero a velo, il limone ed il colorante. La glassa dovrà essere abbastanza densa (altrimenti potete aggiungere altro zucchero a velo). Decorate i biscotti una volta raffreddati utilizzando una sacca da pasticcere dal beccuccio stretto.

Quando la glassa si sarà solidificata, fate passare un nastrino nel foro di ciascun biscotto e appendete al vostro albero.

                                                                                                                
Calendario dell’Avvento 2012 ><

Christmas wreath

“Fino a quando non renderemo il Natale un’occasione per condividere i nostri buoni sentimenti, tutta la neve dell’Alaska non basterà ad imbiancarlo” (Bing Crosby)

I trucchi . . . in cucina

Capita che girellando tra i blog amici mi appassioni all’argomento trattato in un post, tanto che il mio commento diventa quasi un altro post . . . capita che mi viene voglia di usarlo per il blog quel commento/post . . . è capitato qualche giorno fa,  sul blog di Camu dove si parlava di frutta (e verdura) di stagione e delle modalità per conservarla in freezer.

Penso che a tutti sia capitato di avere quell’amico/a che avendo un’orto arriva con la borsa/cesta/cassetta piena di verdura da regalarti, spesso sono zucchine . . . le zucchine sono una specie dispettosa, se ne pianti poche piante, qualcosa andrà storto e toccherà ripiantarle, ma se ne metti tante, tutte prospereranno e produrranno un grande raccolto, in oltre, mentre aspetti che “arrivino” le prime zucchine, queste ti fanno sospirare, poi, in certi periodi, sei costretta a correre nell’orto anche due volte al giorno, e siccome nessuno vuole mangiare zucchine colazione, pranzo e cena, bisogna decidere cosa farne o regalarle, appunto, o metterle nel freezer. E così capita con altri prodotti dell’orto. Ora, sul blog di Camu ci sono le indicazioni per come trattare le varie verdure o frutta. Io non voglio fare un doppione, vi ho messo il link andate e vedete!

Non congelo proprio tutto tutto, cerco di usare preferibilmente frutta e verdura di stagioni, ma quella volta che ce n’è di più, perché sprecarlo . . . comunque nel freezer tengo anche altre scorte, pronte per l’occorrenza. Sono i “trucchi” per risparmiare tempo in cucina, dei segreti per le emergenze, che ho imparato negli anni.

La prima che scrivo, non è farina del mio sacco, l’ho imparata dalla Tv, quando preparo il ragù di carne e  mi accorgo che la carne macinata è troppa rispetto al passato di pomodoro che ho, preparo il fondo di soffritto come al solito, faccio scottare la carne macinata e aggiungo il vino, faccio evaporare e  . . . mi fermo. Decido quanta carne mi serve e quella in più la sistemo in un piatto a freddare, vado avanti a preparare il ragù e quando sento che la carne che ho messo da parte si è raffreddata, la metto nei sacchetti (o nei vasetti di vetro, facendo attenzione a non riempie troppo) calcolando a occhio quanta me ne può bastare  per un sugo “dei giorni feriali” . Da parte in cantina ho già dei vasetti con dentro la passata di pomodoro preparata quando i pomodori erano così abbondanti che rischiavano di marcire sulle piante, così, se qualche mattina dovessi uscire e trovare qualche intoppo, anche tornando a casa tardi posso preparare in quattro e quattr’otto un buon ragù. Domenica mi hanno spiegato che, volendo si può stendere la carne sulla carta d’argento, alta mezzo dito e poi col coltello farne dei quadrotti, quando sono gelati e si vogliono usare, si sciolgono più in fretta di una “pallina” o di quello nel vasetto . . . si impara qualcosa ogni giorno.


Quella volta che compro una bella scorta di carote, le preparo, con cipolla a fettine, sedano, pulite e a pezzetti, aggiungo gli altri “odori” che preferisco o che trovo sotto mano e infilo questo miscuglio di sapori negli appositi sacchettini . . . pronti per un soffritto o un brodo vegetale , leggero, ma super veloce. 

Nei periodi che nei vasi la produzione di prezzemolo è abbondante (o che per cause di forza maggiore ne ho dovuto comprare una vaschetta al supermercato), pulisco il prezzemolo e le altre erbe profumate, poi mi metto con la mia fida mezzaluna e tagliuzzo ben bene prezzemolo e aglio o prezzemolo, salvia, cipolla e rosmarino . . . li sistemo sulla carta argentata, appiattiti, alti come la cialda di un wafer (una cialda, non tutto il wafer) e poi chiudo questa carta d’argento . . . quando mi serviranno, potrò spezzarne facilmente una parte  . . . adesso, non mi dite come mia cognata o mio figlio che dalle nostre parti puoi avere i profumi freschi tutto l’anno e ci vuole 5 minuti a preparare il tutto  . . . lo so anch’io, ma lo faccio per non sprecare il prezzemolo e per avere sempre sottomano pronto quello che serve, a volte, 5 minuti sono tanti.

Anche i peperoni (dell’orto, quando sono più del necessario) si infilano in busta e via, nel freezer, io però li taglio a striscioline, perché così sono abituata, poi, d’inverno batto il sacchetto sul tavolo, lo apro e tolgo quello che mi basta, lo metto così com’è nella pentola e proseguo la cottura come se fossero freschi . . . faccio così con tante verdure, le preparo già tagliate come mi servono … l’unica cosa che non congelo, come verdura, sono i carciofi.

Congelo il brodo,  sia di carne che di verdura, ma anche le verdure, del brodo vegetale, passate (per quella volta che non c’è pronto il brodo, una minestra e un bel po’ di verdure, e siamo a posto).


Bauletti di carne e funghi

Congelo i cannelloni, i bauletti e le crepes ripiene, una  volta che sono pronti, basta avere pronto il sugo, la besciamella e in un attimo sono assemblati . . . ma qualche volta congelo le teglie usa e getta (già pronte) con timballi di lasagne o cannelloni o bauletti o crepes . . . ma cerco di prepararli monouso e già cotti, se non voglio accendere il forno, ma mi servono, li scaldo a bagno maria . . . (in questo periodo non abbiamo il forno a microonde, altrimenti si può usare quello) 

Se compro confezioni “famiglia” di petti di pollo, li preparo impanati e tra una fetta e l’altra sistemo un pezzo adeguato di carta da forno, poi infilo tutto in un sacchetto da freezer e quando mi capita all’improvviso di aver bisogno, posso prenderne solo il numero desiderato.

(E voi, avete dei “trucchi” in cucina per risparmiare tempo e denaro???)

Quando le ciambelle escono sempre col buco

Ci sono quelle cose che le vedi, le osservi da lontano e poi, un giorno, ci provi e le fai anche tu . . . Avete presente le classiche “ciambelle” che piacciono tanto al marito pigro, stupido, obeso, inetto, irresponsabile ed incompetente di quella simpatica donna . . . Marjorie (Marge) Simpson, aspettate, si chiama . . . ce l’ho sulla punta della lingua . . . è coso, lui, quello che sta stravaccato sul divano . . . ecco, sì . . . Homer Simpson

quando si parla di ciambelle, si pensa subito al “buco” . . . non tutte le ciambelle escono col buco, lo dice anche il proverbio. Invece, qui da noi, sempre perfette, ricordo che una volta la figlia aveva preparato delle belle ciambelle, ma con un impasto dove erano presenti le patate, ricordo una montagna di impasto, un sacco di tempo a friggerle, una montagna di grosse ciambelle gustose coperte di zucchero al velo e poi, sono sparite in poco tempo . . . 

Comunque, oggi abbiamo provato un apparecchio che elimina l’odore di fritto (e anche gli aspetti negativi del fritto), elimina il rischio di vedere le ciambelle venire male, bruciacchiate, troppo grasse o, appunto, senza buco . . . l’unico suo inconveniente è che va a corrente. È più o meno così:

E c’era anche la ricetta di queste benedette “ciambelle di Homer” o, come le chiamano la negli USA: donut, con le dosi che ci ha dato il libretto d’istruzioni ne abbiamo qualcosina più di 50 di preciso non si sa, le prime sono state “testate” dal Figlio, dalla FigliaGrande e da me! 

Ingredienti

260 gr di farina bianca 00
130 gr di zucchero
1 pacchetto di zucchero vanigliato
150 ml di latte
100 ml di panna
3 uova
3 cucchiai di olio di semi di mais
lievito
(30 gr di zucchero al velo)
E, noi ci abbiamo aggiunto  . . .  codette di zucchero colorato

Lavorare insieme farina, zucchero, zucchero canigliato, latte, panna, uova, olio e il lievito fino a ottenere unimpasto uniforme.
Preparare la macchinetta (che ci ha prestato una parente) e con pazienza, cuocere i donut seguendo le istruzioni . . . quando si gonfiano, la macchinetta si apre da sola . . . si tolgono e si appoggiano su un piatto cospargendoli di zucchero al velo . . . oppure, come abbiamo fatto qui, ghiaccia reale e poi cospargere con le codette di zucchero colorato.

Se invece, non avete una parente gentile che vi presta la macchinetta che non ha quasi mai usato o volete seguire la ricetta originale, metto qua il link a un sito di ricette americane, originali . . . e se volete coprirle con la ghiaccia reale” ecco l’altro link

Ecco, presa dal ricordo dei dolci di Homer, ho fatto un po’ di confusione . . . ma le ricette, provate e approvate, le metto più che altro per me! E il fatto che nel pomeriggio di giovedì, senza il PiccoloLord, io e la FigliaGrande ci siamo fatte compagnia piegando panni e preparando ciambelle, mi sembra una bella cosa nel solco di quel “New Deal” di cui parlavo l’altro giorno! 

Incontri gioiosi, amicizia web e dolci condivisi

Dice che il web è un mondo “virtuale”
Dice che le amicizie che si fanno nel “mondo web” sono effimere, un argomento di cui ho già parlato altre volte (anche qui)
Dice che . . . oggi vi parlo di amicizie web (tra virtuale e reale), di incontri e di dolci sorprese.

Una settimana di quest’estate, abbiamo avuto ospite una cara Amica con il suo bambino, pari età del PiccoloLord, un piccolo folletto vispo, vivace e chiacchierone . . . Una domenica di quest’estate l’abbiamo riaccompagnata a casa sua, visto che eravamo in giro, l’Uomodellamiavita ed io, siamo passati a casa della FigliaPiccola e ci siamo fermati per una notte di riposo, senza pensieri, senza cani e senza gli impegni giornalieri . . . il giorno dopo con la nostra allegra brigata, siamo arrivati in  campagna dove ci aspettavano i componenti di una numerosa, simpatica e affettuosa famiglia (la nostra amicizia, nata sul web grazie ai blog, alle e mail, continuata per telefono e infine di persona resiste da quasi 5 anni, mica tanto effimera)
Tra le tante cose che accomunano le due famiglie c’è la passione per la buona tavola . . . questa volta, gli adulti della famiglia ci hanno piacevolmente stupito . . .

Zuppa fredda di zucchine, con alici e mozzarella (tutti hanno chiesto il bis)
Arrosto di maiale con purée di mele e verze murate (dice che è un piatto invernale, ma non ce ne siamo accorti, buonissimo tutto)
E per dolce . . . Cheesecake ai frutti di bosco (spazzolata in quattro e quattr’otto, malgrado quella che avevamo già mangiato prima.

Da allora, grazie alla ricetta che ci è stata gentilmente offerta, abbiamo già gustato questo “dolce”, non proprio dolce, più volte . . . mi segno qui la ricetta per non dimenticarla e perché, visto che è stata condivisa con noi, la condivido volentieri con voi!

Gli ingredienti, non so per quanta gente, dipende dal vostro grado di resistenza alle “tentazioni” della gola.

Per il fondo
180 gr di biscotti (o 240 gr di biscotti Atene per i super golosi)
100 gr di burro (o 133 gr, se avete usato i biscotti di cui sopra)

Per il ripieno base:
250 gr di “Philadelphia ®” (chiamarlo formaggio, per me è troppo) si può sostituire con la ricotta.
250 gr di mascarpone
120 gr di zucchero al velo (un po’ meno se nel composto della crema aggiungerete la marmellata)
250 ml di Panna per dolci (di cui, 2 dita per sciogliere la colla di pese e 3 cucchiai, montata, da aggiungere alla crema)
10 gr  di colla di pesce (quella a “foglietti”)

Per la copertura, variabile per gusto e quantità:
Marmellata di frutti di bosco e marmellata di fragole; caramello e semi di vaniglia; cacao e nocciole tritate (qb alla vostra voglia di dolce).

Frutta fresca o surgelata: lamponi a cui aggiungere 1 cucchiaio di zucchero al velo e una strizzata di limoni. Far cuocere lentamente in un pentolino, senza bollire, fino a che diventa  morbido, passare al setaccio.

E adesso, via, a sporcare le ciotole, mani, mestoli e forchette . . .

Frullate i biscotti col frullatore (devono venire fini fini) e fate fondere il burro a bagno maria. Poi, mescolare insieme finché  sono ben amalgamati (si possono usare le mani).
Prendere una tortiera con la cerniera e foderare il fondo con carta da forno.
Spalmare l’impasto di biscotti e burro sul fondo, in uno strato omogeneo  e mettere in freezer.

Ammorbidite la colla di pesce per un 10 minuti nell’acqua fredda
Nel frattempo, mescolate il filadelphia, il mascarpone e lo zucchero a velo (se vi piace anche un pizzico di vanilina). A piacere qualcosa che stia bene con la “copertura”.
Strizzare la colla di pesce e aggiungerla alla panna che avrete scaldato appena appena in un pentolino, mescolando fino al bollore.
Appena la colla di pesce nella panna è tiepida,  unirla alla crema, poca alla volta, mischiando bene perché non si formino grumi. Unire la panna montata delicatamente.
Togliere lo stampo dal freezer e ricoprire col composto della crema ai formaggi.
Sistemare in frigor per 4 o 6 ore (meglio se tutta la notte)
Poco prima di servire, spalmare la copertura, aprire lo stampo a cerniera e . . . gustatevela

Più facile a farsi che a dirsi, se avete dubbi o domande da fare, usate i commenti, please! 

Cannella . . . non solo Vin brulè

C come Cannella.
Quando sento la parola “cannella”, subito penso al cono di “latte e miele” che mia mamma ci comprava in via XX Settembre d’inverno (che poi era un cono diverso da quelli del gelato, e una bella dose di panna montata, con una spruzzata di cannella in polvere), da piccoli, se stavamo tranquilli mentre lei e la nonna guardavano le vetrine, ci provavamo senza capricci i vestiti da comprare e, in generale, se eravamo stati dei “bravi bambini”.


Come sento il profumo di cannella, spandersi all’apertura del vasetto dove stanno i “bastoncini”, penso al Vin brulé. Alle sere in montagna, rifugio o campeggio, estate e inverno. Ma anche a quelle sere di quel periodo che si ruppe la caldaia all’inizio dell’inverno, una quindicina di giorni senza riscaldamento, in un fine ottobre piovoso e nebbioso ai piedi delle Orobie.


Quando uso la cannella per impastare qualche torta, per preparare il vin brulè o per rifinire “l’uovo al tegamino” (finto e dolce) . . . sapete come si fa???
No??? Semplice, io ho imparato da ragazzina, ad un “campo invernale” della Guide (le ragazze scout) e adesso ve la spiego:
Montate a neve la panna (quanta, dipende da quanti siete e da quanto siete golosi) e aggiungete lo zucchero secondo il vostro gusto, mettetela su un piatto o nel tegamino, come nella foto . . . appoggiate (artisticamente) una mezza pesca sciroppata (sgocciolata) e una spruzzata di cannella sulla panna . . .  se poi volete la ricetta della foto cliccateci sopra, è un po’ più elaborata.

Poi, mi capita di sfogliare un giornale di qualche tempo fa e scopro che con la cannella si può fare anche molto altro . . . ma cominciamo a parlare di Storia . . .  La cannella vanta una storia millenaria, era già usata dagli antichi Egizi nel 3000 a.C. per le imbalsamazioni. Viene pure citata nella Bibbia, nel libro dell’Esodo, quando Dio ordina a Mosè di consacrare il Tempio con un misto di sostanze aromatiche. Pur provenendo dall’Oriente, Greci e Romani credeva che arrivasse dall’Arabia o dall’Etiopia. Nell’antichità era una pianta consacrata al Sole. Era considerata preziosa e divina al pari della mirra e dell’incenso.

Se dopo un pasto troppo pesante non riuscite a digerire . . . fate bollire 10 minut l’acqua di una tazza con un pezzetto di corteccia, berlo caldo e senza zucchero. In un attimo vi sentirete meglio!

Volete fare un scrub utile per il corpo? Sfruttiamo l’azione brucia-grassi della cannella . . . si mescola 1 cucchiaio di cacao amaro, 1 cucchiaino di zucchero di canna, 1 pizzico di cannella in polvere e 3 gocce di oloi essenziale di cannella fino a creare un impasto omogeneo e compatto.
Si spalma il composto sulla pelle bagnata e si sfrega delicatamente su tutto il corpo. Si sciacqua con acqua tiepida e si asciuga tamponando con un asciugamano pulito.

Per una serata speciale, volete labbra carnose e morbide? Eccovi un cosmetico fai da te . . . Bisogna esfoliare le labbra con uno spazzolino, mescolare poi 1 cucchiaino di cannella in polvere a un cucchianio di un gloss a tua scelta. Applica la miscela sulle labbra e attendi dai 5 ai 7 minuti. Sciacqua via la miscela e truccati a piacere. Attenzione, però,nonè da utilizzare con le labbra “ferite” o screpolate!

E per gli adolescenti (e non solo gli adolescenti) in lotta contro i brufoli, ecco un alleato sicuro . . . Si mescola 1/2cucchiaino di miele e 1/4 di cucchiaino di cannella in polvere. Si applica con un batuffolo dicotone il composto e si lascia agire la maschera per più tempo possibili (fino a quando si riesce a sopportare). Si risciacqua con acqua tiepida.

Rimedi “naturali”, ma ricordatevi di non avere allergie o intolleranze ai prodotti usati! 🙂

Pasqua e Pasquetta . . . a tavola (con ricette provate e approvate)

Poche righe bastano per parlare dei festeggiamenti di questa Pasqua: la FigliaGrande e il PiccoloLord a casa loro con il papà del bimbo. Il Figlio ha raggiunto la Morosa e la sua famiglia in Umbria, dove è stato ospite di una nonna. La FigliaPiccola è arrivata con un piccolo anticipo e con una febbre a 37,5° e un mal di pancia, per fortuna tutto è rientrato prima di ieri a pranzo.

A pranzo, perciò, eravamo in 3+2 : Padre, Madre e FigliaPiccola + il nonno e la “facente funzione di nonna” Angela. Non abbiamo fatto tanti convenevoli, quando sono arrivati gli ospiti, ci siamo accomodati e abbiamo attaccato con gli antipasti, mentre nel forno la pietanza si finiva di cuocere, uno degli antipasti si intiepidiva e sul fuoco del fornello, la polenta veniva girata dalla polentiera, automatica modernità che ha sostituito “l’olio di gomito” e il “bastone della polenta”

Per questa festa mi sono attenuta alle ricette della mamma e, per le novità a quelle del Corriere della Sera . . . devo dire con buona soddisfazione di tutti.

Gli antipasti: Pecorino abruzzese – Salamino del cognato – Uova sode – Alici marinate e Bignè farciti con formaggio di capra ed erbe

INGREDIENTI PER 4 PERSONE

  • 12 bignè
  • 80 g di formaggio di capra fresco
  • 30 g di maggiorana
  • 30 g di basilico
  • 20 g di prezzemolo
  • 4 fili di erba cipollina
  • 2 rametti di timo
  • 2 cucchiai di yogurt
  • 1 cucchiaino di aghi di rosmarino
  • 1 spicchio di aglio (facoltativo)

Tagliate molto finemente gli aghi di rosmarino con un coltello; tagliate sottilmente l’erba cipollina con un coltello o con le forbici: non tritate nessuna delle 2 erbe in quanto la consistenza del rosmarino si avvertirebbe durante la masticazione e l’erba cipollina si sfibrerebbe perdendo parte del suo aroma.

Lavate le erbe aromatiche, eliminate i gambi, asciugate le foglie e tritatele finemente, meglio se con un coltello; se lo desiderate potete unire alle erbe anche 1 spicchio di aglio sbucciato. Raccogliete il formaggio di capra in una terrina, unitevi il rosmarino, l’erba cipollina, metà trito di erbe aromatiche e mescolate. Amalgamate in una tazza le erbe rimaste con lo yogurt. Praticate un’incisione nei bignè e farciteli con il composto al formaggio utilizzando un cucchiaino oppure una tasca da pasticcere; servite i bignè macchiandoli con la salsa di erbe e yogurt.

Il resto: Polenta farcita di gongorzola e taleggio – Agnello: cosciotto al forno – anatra all’arancia – verdure di stagione
Dolci : Colomba e ovetti
Accompagnato da: Falerio, Rosso Piceno Superiore e Spumante italiano dolce

Al pomeriggio siamo stati a casa del PiccoloLord, con lui abbiamo giocato e mangiato l’Uovo di Pasqua (il suo, con un Winnie Pooh fuori e una sorpresa, deludente, all’interno).  La cena a casa, con una rapida pizza margherita (la pasta fatta in casa, da due giorni, ha tenuto bene).


Visto il tempo e la voglia, escluso il pic nic sui prati. C’erano gli avanzi e ho pensato che un semplice primo li avrebbe ben accompagnati. Non so, forse abbiamo sbagliato le proporzioni o forse non siamo più mangioni come prima, fatto stà, che dopo aver mangiato 2  Crespelle con pancetta, brie e porri abbiamo gettato la spugna e siamo passati direttamente al dolce, una fetta della classica Colomba. E poi . . . relax completo!

Le ricette prese dal Corriere on line sono state leggermente modificate (qualcuno direbbe che sono ricette “furbe” . . . ma il gusto è stato soddisfatto . . .le scrivo qui di seguito, anche se diventa un post lungo, pazienza!

I “Bignè farciti con formaggio di capra e erbe”,  sono facili da preparare . . . sabato ho comprato un sacchetto di quelli già pronti (quelli avanzati sono stati riempiti di una crema di nocciole e cioccolato che qui si compra a barattoli grossi). Ho preso anche una confezione di circa 100 gr di quel formaggio di capra con intorno la paglia e un vasetto piccolo di yogurt greco.  Nel pomeriggio ho raccolto nel mio orto un po’ di erbe (odori o “semplici”  che dir si voglia): prezzemolo, salvia e rosmarino. Ho tagliato molto finemente gli aghi di rosmarino, la salvia, il prezzemolo e l’aglio fresco (lavati) con la mia fida mezzaluna. In una ciotola ho messo il formaggio di capra (pulito dalla pellicina bianca) in una terrina e ho aggiunto il trito, ho schiacciato con la forchetta, ho aggiunto una parte di yogurt e ho messo la ciotola a bagno maria, continuando ad amalgamare in fretta, senza farlo scaldare troppo. Ho praticato un’incisione nei bignè e li ho farciti con il composto al formaggio utilizzando un cucchiaino, li ho sistemati in una vaschetta di vetro pyrex li ho coperti e infilati in frigoro . . . il girono dopo li ho messi qualche minuto in forno, per farli scaldare . . . Buonissimi!

Le “Crespelle con pancetta, brie e porri”, li ha preparati la FigliaPiccola  . . . ha fatto così: comprato 3 porri, 200 gr di pancetta affumicata, 100 gr di bri. Uova, burro, farina e latte sono sempre in casa, come quel poco di sale e olio che servono qb. 

Mondati i porri, tagliati grossolanamente sottili, li ha fatti appassire in una padella con una noce di burro, salandoli leggermente e lasciandoli cuocere per 15-20 minuti; dopo un po’ ha aggiunto un po’ di acqua. Pulita la pancetta dalla cotenna, ha tagliato la pancetta a pezzetti e l’ha fatta rosolare in mezzo cucchiaio di olio a fiamma media sino a farla diventare croccante. Poi,  ha lasciato tutto lì e ha iniziato a preparare le crespelle, una cosa che in questa casa i figli hanno inziato a fare alle elementari, ma se voi non sapete come fare, vi consiglio di leggere la ricetta del giornale di via Solferino, sostituendo un uovo con dell’acqua (quanta ne contiene i guscio dell’uovo che avrete già messo nella ciotola) Preparate le crespelle,  imburrando ogni volta il recipiente, ha finito l’impasto. Ha farcito le crespelle distribuendo sulla superficie di ognuna una parte dei porri, della pancetta e qualche dadino di brie, poi le ha chiudese,  prima a metà e poi ancora a metà, formando un “ventaglio”,  le ha disposte in una pirofila e irrorate di burro fuso, cosparse di grana grattato e passate in forno a 180 °C per 10 minuti, infine servite. Che bontà . . . da rifare (magari meno piene)